Perché Prodi è «sbalordito» dalle primarie del Pd: i consigli del professore a Elly Schlein

Secondo l’ex premier la vittoria ci poteva stare, la partecipazione è stata eccezionale

Il professor Romano Prodi è rimasto «sbalordito» dalle primarie del Partito Democratico. Ma non per la vittoria di Elly Schlein. Per la partecipazione al voto: «Oltre un milione di persone, che se paragonate a quanti sono stati i votanti del Pd alle ultime Politiche, sono un dato eccezionale. A riconferma del fatto che il Pd è rimasto l’unico vero partito in Italia. Nessuno degli altri sarebbe mai in grado di mobilitare così tante persone. Neppure online». Secondo l’ex premier poi il risultato «ci poteva stare, si è capito, a ridosso del voto, che qualcosa si stava muovendo. Forse il desiderio di cambiamento era più profondo di quel che sembrava, ma ci sarà tempo per fare analisi, ora bisogna guardare alla realtà e al mandato che Schlein ha ricevuto». Ma nell’intervista rilasciata a Giovanni Egidio per Repubblica Prodi dice che l’obiettivo più importante ora allargare al partito invece che pensare alle alleanze.


La partecipazione al voto

Il Pd targato Schlein «avrà lo stesso problema che avrebbe avuto se avesse vinto Bonaccini: aprirsi ai riformismi. Direi meglio, riformare i riformismi. Lo so che ora tutti guardano alle alleanze, ma è una lettura poco interessante, al momento. Ora per il Pd si tratta invece di coinvolgere tutte le intelligenze che corrono per il Paese, dall’associazionismo alle Ong, dai diversi sindacati alle imprese, per coinvolgerli in un progetto di rilancio». Mentre di alleanze si potrà discutere «solo quando avrai capito bene chi sei potrai decidere a chi chiedere di condividere un progetto. Anche l’Ulivo, esperienza da tempo conclusa, nacque così. Non andando a chiedere ai partiti, ma andando a risvegliare il riformismo che c’era, anche allora inascoltato, nel Paese». La mancata alleanza tra Calenda e Letta però ha portato a un vittoria più rotonda del centrodestra. Ma per il prof «i mass media si divisero in due metà: la prima a lodare Giorgia Meloni e la seconda a maledire Letta. La genuflessione al potente e la ricerca del capro espiatorio sono caratteristiche della nostra tradizione».


Schlein e Meloni, vite parallele

Per Prodi le condizioni che hanno portato alla vittoria di Schlein alle primarie sono «le stesse che hanno portato al grande successo di Meloni. Voglia di cambiamento, di volti nuovi, di nuove avventure. Qualcuno alla vigilia aveva descritto Bonaccini come usato sicuro, e io penso fosse un complimento. So chi è, mi fido di lui, so cosa potrà fare. Schlein invece era il nuovo rischioso, perché il nuovo, insieme alle speranze, porta sempre qualche rischio». Secondo l’ex premier poi non è stato un errore aver riconosciuto, come ha fatto Bonaccini, le capacità di Meloni: «Ma chi potrebbe definire Meloni un’incapace? Il problema della premier è un altro, cioè riuscire a governare. E questo problema è già evidente. Ho sentito il ministro Piantedosi dire che l’unica soluzione sui migranti è che restino a casa loro. Mi ha ricordato chi, durante il Covid, diceva che ne morivano tanti in ospedale e quindi era meglio lasciarli a casa… Fare opposizione a questo governo non sarà poi così difficile».

Il consiglio

Infine, arriva il consiglio: «Con un linguaggio un po’ cattolico le direi che nei suoi confronti c’è stato un grande atto di fede, ora sta a lei scrivere e predicare il credo» Mentre se si vuole vincere bisogna «parlare con tutti gli interlocutori possibili. Questo è necessario, ma sapendo bene cosa si vuole e cosa si è. Cioè avendo definito bene il perimetro del Pd che verrà e la società mobile che saprà portarsi dietro. Senza alleanze non si va da nessuna parte, ma sono l’ultimo tassello. Prima vengono i contenuti. È di questi che c’è bisogno».

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