Sulla nomina di Donnarumma all’Enel, c’è una carta che circola negli uffici del Tesoro: è l’arma della Lega contro Meloni “pigliatutto”

Guerra nella maggioranza per accaparrarsi i vertici delle partecipate di Stato. Ma fonti legali vicine a Terna specificano che l’ipotesi di «incompatibilità» di Donnarumma è destituita di ogni fondamento

Qualcuno ha ipotizzato che la presenza, in ritardo e centellinata, dei ministri della Lega durante le comunicazioni di Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo, fosse un segnale lanciato da Matteo Salvini per alzare la tensione sulla partita delle nomine. Il segretario del Carroccio non si è presentato ieri, 22 marzo, a Montecitorio. Come lui, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. «Non è stata una tattica per far valere il nostro peso in altre partite», giura una persona molto vicina a Salvini. Piuttosto, sbadataggine: «Erano concentrati sui propri impegni ministeriali». Anche il discorso del capogruppo leghista al Senato, Massimiliano Romeo, non affine alla linea di Fratelli d’Italia sulla guerra in Ucraina, non sembra figlio di una regia più alta. Chi conosce bene Romeo sa che non si fa dettare i discorsi da nessuno, piuttosto li lascia fare ad altri. E riguardo al conflitto in corso, la sua percezione personale è esattamente quella espressa pubblicamente a Palazzo Madama. Comunque, tutto ciò non smentisce il clima di tensione che c’è tra Lega e Fratelli d’Italia per accaparrarsi i vertici delle partecipate di Stato: soltanto che, in questa partita, le strategie sono decisamente più raffinate.


Open ha letto una carta che sta circolando negli uffici del Tesoro. Sarebbe stata preparata per alcuni uomini leghisti da consulenti esperti in materia di nomine. Riguarda l’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 30 marzo 2001, quello relativo a «Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi». Il documento approfondisce la norma applicandola al caso specifico dei rapporti tra Terna ed Enel, ovvero due delle grandi società partecipate per le quali il centrodestra si contende i posti di amministratore delegato. Non è un caso: oggi, l’ad di Terna – proprietaria della rete di trasmissione nazionale dell’elettricità in alta e altissima tensione – è Stefano Donnarumma. Con una sorta di “promozione”, Meloni vorrebbe affidargli la più prestigiosa guida di Enel, lasciando ai leghisti la nomina del suo successore a Terna. Salvini e compagni non ci stanno: se Donnarumma ha fatto così bene a Terna, perché non gli lasciano continuare il suo lavoro? Un ragionamento che, però, nasconde una certezza condivisa dal Carroccio e da Forza Italia: Meloni vuole prendersi tutto e, agli alleati, non smetterebbe di far pesare che alle scorse elezioni politiche non hanno superato l’8%.


Forza Italia, per le nomine, ha schierato l’eminenza grigia per eccellenza, l’uomo che ha contribuito alle fortune romane del Cavaliere di Arcore: Gianni Letta. Mentre nel suo ufficio in Largo del Nazareno si susseguono gli incontri, il documento che sta circolando in ambienti leghisti ha il sapore della vendetta: non è stato digerito lo stop di Fratelli d’Italia alla nomina di Paolo Scaroni. Lui, storico braccio destro di Silvio Berlusconi, era l’uomo che aveva messo d’accordo forzisti e leghisti per la designazione del vertice di Enel. Meloni, tuttavia, si sarebbe opposta al suo ritorno in Enel. E allora, se non può esserlo Scaroni, ecco la carta che punta a squalificare dalla corsa Donnarumma, voluto invece da Fratelli d’Italia.

Il documento fa leva su una presunta incompatibilità perché, tra Terna ed Enel, esiste uno stretto «rapporto di dipendenza». Che, stando a quanto scritto e «confermato da interpretazioni dell’Anac», impedirebbe il passaggio diretto di Donnarumma da una società all’altra. Nel testo, inoltre, si fa notare che Terna esercita un «potere autoritativo o negoziale» nei confronti dell’Enel, poiché è proprietaria «in regime di monopolio» della rete di trasmissione di cui si avvale l’operatore di energia elettrica. La terza condizione di incompatibilità risiederebbe nel fatto che Terna svolge la sua attività per conto della pubblica amministrazione, «sulla base di criteri e direttive determinati dall’Arera e dal Mimit».

La smentita di Terna

Fonti legali vicine a Terna spiegano, tuttavia, che l’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 30 marzo 2001 non si può applicare all’attuale amministratore delegato della società, appunto Stefano Donnarumma. L’incompatibilità, affermano, non riguarda «soggetti che hanno avuto rapporti di lavoro subordinato con società quotate, quale Terna». Ciò, sostengono, in ragione del fatto che l’applicazione delle norme del suddetto decreto ricomprendano, nell’ambito di applicazione, «solo le amministrazioni pubbliche propriamente dette anche qualificate come enti pubblici non economici. Anche il riferimento al ruolo di concessionario di Terna – aggiungono – non rileva ai fini della applicabilità del pantouflage non essendo espressamente richiamato nella normativa vigente».

Leggi anche: