Tutti i ritardi dell’Italia sul Pnrr: i 19 miliardi di investimenti a rischio e le accuse a Draghi

L’Ue accende il faro su tre misure. Oggi la relazione della Corte dei Conti. Su 50 obiettivi del 2022 solo dieci pienamente conseguiti

Un mese per fornire chiarimenti. Poi il tempo sarà finito. Così come i rimpalli di responsabilità. Intanto il dato di fatto è che l’Unione Europea ha acceso un faro su tre diverse misure che l’Italia doveva conseguire per ottenere i 19 miliardi della terza tranche del Pnrr. Il governo chiede a Bruxelles di spostare alcune spese dal 2026 al 2029. Ma fra l’Italia e la Commissione Europea c’è uno scontro su investimenti già deliberati e riforme da completare. Tanto che, riporta La Stampa, un esponente dell’esecutivo riporta una previsione piuttosto fosca: «I ritardi del Piano nazionale delle riforme sono incolmabili. E non dipendono nemmeno dall’incapacità dei governi. È il sistema a non essere in grado di assorbire quel volume di investimenti».


«L’Italia non ce la fa»

L’anonimo prosegue così: «Se fossi in Giorgia Meloni convocherei una conferenza stampa, annuncerei che l’Italia non ce la fa, e chiederei all’Europa o una dilazione dei tempi, o un dimezzamento dei fondi. Dei 209 miliardi previsti ne possiamo utilizzare forse cento». Naturalmente l’idea di farsi dimezzare i fondi suona come una provocazione. Soprattutto in un paese dove i soldi per gli investimenti sono sempre mancati. E gli economisti hanno ogni volta puntato il dito sull’arretratezza del Belpaese proprio a causa di questo. Ma rimane il punto. La strada per ottenere le risorse del Pnrr è chiaramente impegnativa: l’Italia ha già ottenuto 66 miliardi nelle prime due tranche e dopo la terza dovrà raggiungere 20 milestones e 7 target entro la fine di giugno per ottenere i 16 miliardi della quarta tranche. Secondo l’Europa siamo in ritardo sulle norme che riguardano concessioni aeroportuali, le reti di teleriscaldamento e due progetti all’interno dei Piani Urbani Integrati. Ovvero la riqualificazione dello stadio di Firenze e della creazione del Bosco dello Sport a Venezia.


Le accuse di Draghi

Proprio su questo punto ieri la nota del governo ha accusato il predecessore di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Gli interventi «sono stati selezionati attraverso la procedura di gara del 30 giugno 2022», ovvero quando al governo c’era ancora Mario Draghi. Sempre il comunicato di ieri dice che con l’Ue è arrivato l’ok a prolungare di un mese la fase di assessment «per consentire ai servizi della Commissione di completare le attività tecniche di campionamento e verifica, proseguendo la proficua discussione in corso». E la riunione del Consiglio dei ministri di oggi approverà due provvedimenti attesi a Bruxelles aspettano da tempo. Ovvero la legge annuale sulla Concorrenza (saltata nel 2022 per via delle elezioni) e la riforma del codice degli appalti. Basterà? Probabilmente no. Anche perché oggi la Corte dei Conti presenterà la sua relazione sul Pnrr alla Camera. Che si preannuncia come un bagno di sangue.

I richiami della Corte dei Conti

Perché, nota sempre La Stampa, nella relazione da 394 pagine dei magistrati contabili il termine “ritardo” compare per 65 volte; 41 sono le volte in cui si parla di “ritardi”. Il Piano Nazionale Complementare che affianca il Pnrr ha una dotazione di circa 30,6 miliardi di euro. Che si aggiungono ai 190 di Bruxelles. 19,4 miliardi servono a finanziare 24 iniziative aggiuntive rispetto al Pnrr. Mentre i restanti 11,2 sono destinati al cofinanziamento del Piano europeo, dalla Transizione 4.0 a Ecobonus e Sismabonus. Quasi 10 miliardi (9,6 per la precisazione) sono assegnati a 13 programmi gestiti dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, 6,9 a Imprese e made in Italy, 4,5 ad Ambiente e sicurezza energetica, 2,3 alla Salute, la restante quota è poi ripartita su altre amministrazioni.

10 su 50

E ancora. Su 50 obiettivi messi in programma per fine 2022 solo 10 risultavano conseguiti. Altri 23 lo erano «solo parzialmente». In due casi i ritardi risultano «recuperati». Altri 13 obiettivi non sono stati invece conseguiti. Mentre per gli ultimi 2 il ritardo risulta «non recuperato». Il ministero delle Infrastrutture retto da Matteo Salvini guida i ritardatari. Ha conseguito (in molti casi parzialmente) 18 obiettivi su 29. È in ritardo sulle emissioni dei traghetti dello Stretto di Messina (anche se per un progetto che non fa parte del Pnrr accelera: il ponte). Ed è in ritardo sulle opere infrastrutturali per i porti. Anche il ministero delle Imprese fatica a raggiungere gli obiettivi. E la Giustizia è in ritardo sull’edilizia carceraria. Il 2023 vede invece 37 adempimenti da realizzare. 14 nel primo semestre, 23 nel secondo.

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