Dalle bombolette ai tribunali: la storia di Domenico Melillo, l’avvocato-writer di Milano

I blitz di Ultima Generazione? «Se attaccano opere d’arte non li capisco»

Avvocato di giorno, writer di notte: Domenico Melillo ha 43 anni, ed è l’identità che si nasconde dietro lo pseudonimo di «Frode», la firma che appare al di sotto dei graffiti sparsi per tutta Milano. Sua la vittoria
al primo processo sui graffiti in Cassazione, dove ha fatto assolvere un “collega”. Al Corriere della Sera racconta oggi che la sua doppia vita ha inizio nel 2007: «A Milano si avviavano le task force anti-graffiti, la tolleranza zero era agli esordi ma il reato d’imbrattamento per i writer era raro». Lui viene fermato mentre stava dipingendo il muro di un capannone, il cui proprietario era fuori di casa. E gli assegnano un avvocato d’ufficio, Giuseppe Quaglia: «Al primo incontro ha iniziato a scartabellare tra i codici. Ho buttato lì un paio di osservazioni. Quaglia alza gli occhi dai libri: lei che è artista si interessa di pratiche legali? E io: mi sto laureando in Giurisprudenza. Mi ha preso a fare il praticante. Uscivo dallo studio e andavo a fare graffiti con l’abito sotto la tuta». Così come quella per l’arte, la passione per la legge ce l’ha nel sangue: «Lo devo a mio zio Enzo Sciscio: era vicequestore, avvocato prima di entrare in polizia. Ha arrestato Vallanzasca da capo del 113. Una volta ha detto: se ti beccano io non ti conosco. Per me era un mito». In ogni caso anche lui è dell’idea che bisogna rispettare dei limiti, primo tra tutti quelli di non imbrattare i monumenti. Come avvenuto di recente nei blitz di Ultima Generazione: «Se attaccano opere d’arte non li capisco. Manca il nesso tra l’azione e la sensibilizzazione: se devasti la statua di Vittorio Emanuele perché devo pensare al clima?». Lui, da writer, non ha mai avuto condanne. Ma un suo cliente è stato il primo writer condannato alla reclusione per avere «imbrattato in modo reiterato muri e vetrine». «Mettere un confine netto tra legalità e illegalità in nome di una presunta “artisticità” è impossibile – commenta Melillo -. Sono avvocato anche per questo: ho capito che con le tag in giro non avrei inciso, lavorando all’interno delle aule qualcosa per la libertà d’espressione avrei invece potuto farlo. Eccomi qui».


Foto copertina: profilo Facebook di Frode


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