Il viaggio del produttore dei Simpson sul sommergibile Titan: «Il pericolo era reale, la morte fa parte del pacchetto»

Mike Reiss ha raccontato alla Cnn la sua immersione a bordo del mezzo della OceanGate nel luglio 2022

È passato un anno esatto dal suo viaggio a bordo del Titan. Un regalo con la moglie, che poi non era potuta salire a bordo perché risultata positiva al Covid. Ma prima di imbarcarsi nell’avventura, le aveva dato un bacio e oggi, alla Cnn, ammette: «Mentre la salutavo ho davvero pensato che avrei potuto non rivederla mai più». Mike Reiss, produttore della celebre serie animata The Simpsons – che secondo alcuni utenti aveva predetto la tragedia -, ha raccontato la sua esperienza con il Titan, nelle ore in cui i resti del piccolo sommergibile della OceanGate venivano ritrovati sul fondale oceanico. Come lui, nei giorni precedenti aveva parlato anche un altro testimone diretto, il tedesco Arthur Loibl che aveva preso parte a una spedizione nell’agosto 2021. «Immergersi nell’oceano per vedere da vicino il relitto del Titanic è stata un’esperienza emozionante, maestosa, irripetibile», ha scritto Reiss, «ma la possibilità che potesse finire in catastrofe non ha mai abbandonato la mia mente».


La liberatoria e le persone a bordo

L’autore televisivo ha anche parlato del contenuto del documento che ogni partecipante deve firmare prima di salire sul Titan. «Ho firmato una lunga liberatoria che descriveva in dettaglio tutti i modi in cui questo viaggio avrebbe potuto uccidermi: asfissia, folgorazione, annegamento, schiacciamento», ha ricordato, «la morte è stata menzionata tre volte nella prima pagina. In breve, il disastro faceva parte del pacchetto». E poi si è soffermato anche sul tipo di persone che decidono di intraprendere questo tipo di viaggio estremo. «Non era un giro sulle montagne russe, che aveva solo l’aspetto di essere spaventoso ma in realtà era abbastanza sicuro. Il pericolo era reale», dice ancora, «i passeggeri del Titan non erano amanti del brivido: non erano paracadutisti o ricchi turisti che hanno scalato l’Everest per potersene vantare. Erano esploratori e scienziati, persone infinitamente curiose del mondo, che dovevano vederlo con i propri occhi».


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