Chi è Marcello De Angelis e perché Giorgia Meloni si aspetta le sue dimissioni

I retroscena parlano di un regolamento di conti tra estrema destra e governativi. I ricordi di Roberto Fiore

La premier Giorgia Meloni “si aspetta” le dimissioni di Marcello De Angelis da capo della comunicazione del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Ma non le chiede. Le scuse non le bastano. Ma la presidente del Consiglio non vuole che l’addio appaia una conseguenza della polemica politica. Perché così darebbe ragione a Elly Schlein, Pier Luigi Bersani e alla sinistra che le ha chieste. Il presidente Rocca concorda. Ma vuole prima parlare con lui. Proverà a superare le sue resistenze «guardandolo negli occhi», fa sapere oggi il Corriere della Sera. Intanto i meloniani contano le ore. E pensano che le dimissioni siano «l’unica via d’uscita». Mentre a destra c’è il sospetto che la polemica sia stata scatenata proprio per “spaccare” la linea. E c’è chi punta il dito su Gianni Alemanno. Che è pronto a fondare un movimento alternativo a Fratelli d’Italia. E ha lodato il «coraggio» di De Angelis.


Un regolamento di conti?

L’idea che si vede dai retroscena sulla vicenda è proprio quella di un regolamento di conti interno alla destra. Dove c’è chi vuole tenere il punto sulla cosiddetta pista palestinese per la strage di Bologna. Perché questa comporterebbe l’innocenza di Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti. E quella di Luigi Ciavardini, che è il marito di Germana De Angelis. Ovvero la sorella di Marcello. Il fratello Renato De Angelis, autore tv, è invece proprio l’ex fidanzato di Meloni. Anche Repubblica racconta che la premier ieri ha chiamato Rocca. Per dirgli brutalmente che si aspettava le dimissioni di De Angelis. E per spiegargli che adesso avrebbe dovuto risolvere la grana da solo. Senza coinvolgere partito e governo. La premier ha impartito a Fratelli d’Italia l’ordine del silenzio. Nel colloquio con Rocca De Angelis ha fatto capire chiaramente di non essere disposto a ritrattare.


Marcello De Angelis, 63 anni, sposato con Francesca, giornalista Rai, è stato sei mesi in carcere a Brighton. Nel 1989 è tornato in Italia per rispondere del reato di banda armata. Condannato a 5 anni e mezzo, ne ha scontati 3 per uscire nel 1992. L’anno dopo ha fondato il gruppo musicale 270bis, ovvero l’articolo del codice penale sulle associazioni eversive. Da extraparlamentare poi è entrato nel Movimento Sociale Italiano e in Alleanza Nazionale. Nel 2006 è stato eletto senatore di An, nel 2008 deputato con il Pdl. Dal 2011 al 2014 ha diretto Il Secolo d’Italia. L’allora leader di Terza Posizione Roberto Fiore lo ricorda: «Lui era dei Parioli, veniva dal liceo “Azzarita”, io dal “Lucrezio Caro”. Avevamo vent’anni, eravamo peronisti, vestivamo come i montoneros argentini, portavamo i jeans, la maglietta bianca, i capelli lunghi e andavamo tutti i giorni in piazza a fare a botte con quelli di Autonomia operaia».

Le canzoni

Fiore ricorda anche le canzoni di De Angelis: «Fui io a dargli la notizia della morte in carcere di suo fratello Nanni, era il 6 ottobre 1980, il giorno dopo la tragedia che l’ha segnato per sempre. Stavamo a Roma nascosti nello stesso appartamento e non potrò mai dimenticare la sua reazione. Marcello chiuse gli occhi e cominciò a cantare piano una canzone di destra, bellissima e struggente, “Biondo eroe che in ciel t’en vai…”. La musica ce l’aveva nel sangue, è sempre stato un artista, era il nostro grafico e anche l’inno di Tp lo compose lui insieme con un altro camerata: “Più non risplende il denaro americano…”».

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