No! Questo non è grafene al microscopio e non riguarda i vaccini

Così i complottisti usano la paura per distogliere l’attenzione dalle meraviglie della vera ricerca

Tornano le condivisioni Facebook dove verrebbe mostrato il fantomatico grafene dei vaccini al microscopio. Ecco perché questo genere di filmati sono di fatto una truffa ai danni degli utenti suggestionabili, inclusi gli sprovveduti che li condividono. Come vedremo in questo caso si tratta di un esperimento autentico, ma che racconta un storia totalmente diversa, tanto affascinante che avrebbe potuto comunque fruttare click e visualizzazioni nei Social. Ricordiamo che il grafene non è presente nei vaccini.

Per chi ha fretta:

  • Secondo chi ha confezionato la clip in oggetto questa mostrerebbe particelle di grafene in grado di finire nel nostro corpo danneggiandolo.
  • Il filmato chiaramente non può mostrare immagini al microscopio di grafene, infatti tutto è visibile a occhio nudo.
  • Si tratta della rappresentazione di un esperimento del fisico Alfred Hubler su delle strutture auto-assemblanti.

Analisi

Il filmato – preso da TikTok -, non parla direttamente di un collegamento coi vaccini, lasciando che siano gli utenti a unire i puntini. Come si evince dalla lettura di buona parte dei commenti infatti, il target di questo genere di contenuti è il pubblico No vax. Inoltre la narrazione complottista sul grafene è emersa proprio sostenendo che tale sostanza fosse presente nelle fiale dei vaccini Covid.

Questo è grafene al microscopio – riporta la didascalia – Se, per caso, dovesse finire nel nostro organismo, magari come ossido di grafene, porterebbe probabilmente a trombi, embolie, ischemie, infarti e aneurismi.

Ma chiaramente quel che vediamo non sono immagini al microscopio, bensì a occhio nudo. Sono delle sfere apparentemente metalliche, le quali interagiscono tra loro dentro una piastrina. A parte tutti gli episodi in cui è stata usata realmente la microscopia (in maniera impropria, con strumenti inadeguati e interpretazioni campate in aria) che abbiamo analizzato qui, qui e qui, mostrando la loro infondatezza; nel caso in oggetto si stanno palesemente sottostimando le capacità critiche degli utenti. Insomma, il filmato è suggestivo, quindi ci dobbiamo credere.

Il filmato originale

Con una ricerca per immagini abbiamo recuperato in pochi secondi il filmato originale intitolato Self-Assembling Wires. Ovviamente non c’entra niente col messaggio della clip diffusa fuori contesto dai complottisti.

L’esperimento è opera del professor Alfred Wilhelm Hubler, un docente di fisica presso l’Università dell’Illinois scomparso nel 2018. Il filmato è stato caricato otto anni fa su YouTube dal canale dello Stanford Complexity Group. Il principio di funzionamento venne illustrato da Hubler in uno studio apparso su Nature nel 2015.

Cosa stiamo vedendo realmente

Chi diffonde questa clip spacciandola come prova di un complotto del grafene, non sa che offende la memoria del professor Hubler, il quale aveva realizzato dei fili auto-assemblanti, realizzati con sfere metalliche che formano autonomamente delle «strutture emergenti». Tali strutture sono immerse in olio di ricino all’interno di una piastrina in cui viene fatta passare una corrente. Le applicazioni che potrebbero avere in futuro delle strutture auto-assemblanti sono infinite, anche se forse siamo ancora molto lontani dall’avere l’armatura auto-assemblante di Iron Man. Non è scopo di questo articolo approfondire questo filone di ricerca. Suggeriamo per i più curiosi la lettura di una analisi di Jacopo Ranieri nel suo blog. Esistono realmente sudi che implicano l’utilizzo del grafene anche nella ricerca biomedica.

Conclusioni

Ecco come degli utenti complottisti hanno privato dal suo contesto originale il filmato di un esperimento sulle strutture auto-assemblanti; un argomento tanto interessante che avrebbe potuto comunque generare interesse nei Social. Invece si è preferito strizzare l’occhio allo spauracchio della cospirazione basata sul grafene. Ricordiamo che il grafene non è presente nei vaccini.

Questo articolo contribuisce a un progetto di Facebook per combattere le notizie false e la disinformazione nelle sue piattaforme social. Leggi qui per maggiori informazioni sulla nostra partnership con Facebook.

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