Il Financial Times celebra la «brusca virata al centro» di Meloni: l’estrema destra è più debole in Europa

Secondo il quotidiano economico di Londra le preoccupazioni per le prossime elezioni europee sono fuori luogo

La vittoria “zoppa” di Feijòo in Spagna e la possibilità che possa formare un esecutivo con il partito di estrema destra Vox, dopo la mossa a sorpresa di Re Felipe di affidargli l’incarico di governo. L’aumento di consensi, segnalato da tutti i principali sondaggi, al partito Alternative für Deutschland (AfD), anch’egli di estrema in destra, in Germania. E il timore (futuro) che queste “tendenze” possano essere replicate alle elezioni europee del prossimo anno, hanno spinto molti analisti occidentali a pensare che la politica europea possa scivolare verso posizioni di ultradestra. Ma non in Italia, o almeno questo è quello che crede il Financial Times secondo cui dovrebbe essere apprezzata la resilienza del centro Europa alle sirene alt-right. Nonostante le radici neofasciste del partito di Giorgia Meloni e l’alleanza con Matteo Salvini, definito dal Ft «il nazionalista infuocato a capo di un partito di estrema desta», la premier avrebbe operato una «brusca virata al centro» dello spettro politico. Il suo obiettivo sarebbe infatti quello di ricoprire il vuoto lasciato da Forza Italia, anche (ma non solo) in seguito alla morte del suo leader Silvio Berlusconi, all’interno del centrodestra.


Anche nel resto d’Europa il futuro potrebbe essere più roseo di quanto sulla carta possa sembrare. Alle elezioni polacche del 15 ottobre – sottolinea il quotidiano economico britannico – vi è una significativa possibilità che la coazione liberale e centrista di Donald Tusk torni al potere. Mentre lo spettro di un ritorno ai seggi in Spagna o la possibilità che possa nascere un governo di minoranza di sinistra, sembrano al momento due opzioni percorribili. Ma non solo. Per il Financial Times nei Paesi del centro-Europa, l’euroscetticismo sembra dunque essere al momento messo da parte: in Francia, il Rassemblement National di Marine Le Pen ha liquidato ogni discorso sull’uscita dall’Ue e pure dall’euro. Mentre Meloni è passata dall’invocare l’uscita dell’Italia dall’euro ad accettare la necessità di una disciplina fiscale e regole fiscali dell’Unione.


E persino la politica estera sotto Meloni è rimasta fermamente filo-Nato e filo-ucraina. Secondo il quotidiano economico di Londra, la premier ha infatti proseguito la strada tracciata da Mario Draghi relativa a una più stretta cooperazione con Washington, a scapito (per ora) delle relazioni con Pechino. La tenuta del centro in Europa sarà, dunque, la tendenza anche per le elezioni del prossimo giugno. Qualunque siano i numeri, infatti, Ppe e Ecr sono ben lontani dalla maggioranza a Bruxelles. Per raggiungerli dovrebbero allargare la loro alleanza a Identità e Democrazia, che, però, include il Rassemblement National di Le Pen e l’Afd tedesco. E su questo anche il leader di Forza Italia sembra voler mettere paletti chiari, anzi chiarissimi, su cosa dovrà succedere: «Provo disgusto per l’Afd, mai alleati con loro e Le Pen»», ha detto Antonio Tajani nei giorni scorsi. Insomma, per ora queste combinazioni non sono plausibili: il centro alle elezioni 2024 – se questi sono i presupposti – potrebbe reggere senza problemi. 

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