Perché Putin si trova in Cina (dove ha incontrato Orbán): energia, droni e conflitto tra Hamas e Israele

Il presidente russo sarà l’ospite d’onore dei festeggiamenti di Pechino per il decennale della Belt and Road Initiative

Dopo 20 mesi, con un mandato di cattura internazionale e con una guerra ancora in corso e pronta a fermarsi nuovamente per il fango invernale, Vladimir Putin è uscito dal suo Paese per andare a trovare Xi Jinping. L’occasione è il terzo forum della Belt and Road Initiative che cade nel suo decennale, la Via della Seta da cui l’Italia della premier Giorgia Meloni uscirà senza troppo rumore. I motivi di questa visita ufficiale sono tanti: dalla firma di progetti energetici al rifornimento di droni e alla necessità di trovare nuovo slancio al proprio status internazionale. Nonostante le premesse, l’incontro potrebbe essere solo una formalità. «Penso che la Cina non abbia interesse a firmare nuovi contratti, almeno in pubblico, perché qualsiasi cosa possa essere dipinta come un flusso di denaro aggiuntivo per le casse di Putin e per la sua macchina da guerra non va bene in questo momento», ha detto a Reuters Alexander Gabuev, direttore del think tank Carnegie Russia Eurasia Center. Tutto fumo quindi, anche se l’apparenza in ambito internazionale conta eccome. Basti vedere che tra gli ospiti c’è Viktor Orbán, l’unico tra i 27 dell’Unione a essere a Pechino.


Putin alla ricerca di nuovi contratti energetici

Per un’economia fortemente dipendente dagli idrocarburi – le entrate a livello federale raggiungono il 40-50% sul totale (dati: Sciencedirect), trovare nuovi contratti che soddisfino lo sforzo dell’industria bellica è essenziale. Per questo, secondo molti osservatori, Putin è andato a Pechino: per chiedere a Xi Jinping la firma di accordi in campo energetico. Due sono i progetti ancora in stallo tra le due superpotenze: la costruzione della Sila Sibiri 2 (Potenza della Siberia 2), un gasdotto che attraverserebbe la Madre Patria e la Mongolia per trasportare in Cina 50 milioni di tonnellate di gas l’anno. Al contempo Mosca spera di ricevere da Pechino le tecnologie necessarie per portare avanti il Sakhalin 3, la produzione di petrolio e gas nell’isola a sud est del Paese, al nord del Giappone. Il progetto in questo momento è bloccato per le sanzioni imposte dall’Unione europea e dagli Stati Uniti. Di ieri è invece la dichiarazione del ministro delle finanze russo Anton Siluanov in merito ai droni usati in Ucraina: «Fondamentalmente tutti i nostri droni provengono dalla Repubblica Popolare Cinese. Siamo molto grati ai nostri partner anche per questo». Il Cremlino intende investire 60 miliardi di rubli (circa 580 milioni di euro) per aumentare del 41% la produzione di droni civili nel Paese.


La linea su Gaza

I rapporti dei due leader sono anche molto stretti sul fronte della politica estera. Ieri, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha incontrato l’omologo cinese Wang Yi. Entrambi hanno sostenuto l’urgenza del cessate il fuoco tra Hamas e Israele e per risolvere il conflitto hanno concordato la soluzione dei due stati, uno israeliano e uno palestinese. L’incontro di tra Putin e Xi Jinping sarà quindi un modo per riannodare le relazioni sulle «questioni internazionali e regionali», come chiarito in una nota. Gli alleati si proporranno sulla scena mediorientali come potenziali mediatori del conflitto. Un’impresa già riuscita a Pechino che ha favorito l’intesa tra Iran e Arabia Saudita. E proprio la Cina spedirà come proprio inviato speciale Zhai Jun per avanzare una proposta di cessate il fuoco e colloqui di pace. Lato Russia, invece, Putin farà valere i propri rapporti con il mondo arabo.

Orbán, il ventre molle dell’Europa

Due post su X con un unico messaggio: l’Ungheria si allontana dall’Europa. «Incontro con il Presidente Putin a Pechino. Tutti in Europa si chiedono la stessa cosa: può esserci un cessate il fuoco in Ucraina? È fondamentale per l’Europa, compresa l’Ungheria, che il flusso di rifugiati, le sanzioni e gli scontri finiscano!», ha condiviso l’ungherese sul social.

A corredo una foto dei due leader che hanno parlato anche di cooperazione energetica. Rosatom, azienda russa, sta costruendo in Ungheria una centrale nucleare mentre Gazprom sta rispettando i contratti esistenti. «Cerchiamo di salvare tutto ciò che si può. L’Ungheria non ha mai voluto lo scontro con la Russia. Al contrario, il nostro obiettivo è sempre stato quello di stabilire ed espandere i contatti reciproci, e ci siamo riusciti. Tuttavia, a causa dell’operazione militare e delle sanzioni, le nostre relazioni hanno sofferto molto. Siamo interessati a mantenere la cooperazione non solo a livello di comunicazione, ma anche a livello economico, finché ciò sarà possibile», ha dichiarato Orbán.

Il primo ministro ungherese sempre oggi ha incontrato proprio Xi Jinping, bilaterale incoronato da un altro post: «Incontro con il Presidente Xi a Pechino. Connettività invece di disaccoppiamento: questo è il modello ungherese. Il nostro obiettivo è rafforzare le relazioni tra Ungheria e Cina. Questo è un bene per l’Ungheria e per l’economia europea». La memoria non può che andare alla raccomandazione europea pubblicata il 3 ottobre e firmata anche dell’ungherese che elenca quattro macrocategorie a rischio furto tecnologico dalla Cina. Una strategia per il de-risking dall’industria di Pechino. Ma a Orbán conviene giocare con due casacche sul campo internazionale.

Credits photo: EPA/SERGEI SAVOSTYANOV/SPUTNIK | Vladimir Putin incontra il presidente cinese Xi Jinping durante la cerimonia di benvenuto dei leader internazionali per il terzo forum della Belt and Road iniziative, 17 Ottobre 2023

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