Non danno il link alla madre per assistere alla prova della figlia, ricercatrice fa ricorso al Tar e vince: l’Università di Roma deve rifare il concorso

Questa volta tocca a un ateneo dover rifare per la seconda volta un esame a causa di alcune irregolarità denunciate da una partecipante

Non solo esami di maturità bis come successo a Messina. Questa volta tocca a un ateneo dover rifare per la seconda volta un concorso dopo che il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di una partecipante, rimasta insoddisfatta da svolgimento e valutazione della prova. Succede a Roma e vede coinvolta Elena Francesconi, una studiosa che a giugno dello scorso anno ha partecipato a un test pubblico per un posto da ricercatrice universitaria – a tempo determinato – in Storia dell’Arte contemporanea. Ha impugnato il caso per la prima volta davanti ai giudici romani il 26 settembre 2022 accusando l’Università su più fronti: dall’aver violato il bando di concorso, la carta europea dei ricercatori e i criteri di valutazione al non aver garantito i principi di imparzialità e trasparenza che ogni concorso dovrebbe assicurare.


Il concorso

L’esame che la ricercatrice ha svolto, e contro cui ha protestato, prevedeva diverse fasi: una valutazione preliminare dei candidati e la discussione pubblica dei titoli con verifica della conoscenza della lingua straniera, l’attribuzione dei punteggi ai titoli e a ciascuna delle pubblicazioni presentate, e la valutazione comparativa dei candidati. Il 24 giugno 2022 la Commissione si è riunita e ha scelto come candidata vincitrice la dottoressa C. Belmonte. Una decisione che ha lasciato l’amaro in bocca a Francesconi che, insoddisfatta dell’andamento del test, ha deciso di passare per vie legali.


La prova del concorso si è svolta online sulla piattaforma Teams, nonché oggetto della discordia. In quell’occasione, infatti, la madre della ricercatrice aveva chiesto la possibilità di avere il link per accedere e assistere alla prova, e forse per vedere anche le “rivali” della figlia. Nessuno, però, le ha risposto. Non solo un dispiacere per la donna, ma una vera e propria violazione delle regole. Il Tar del Lazio ha, infatti, ricordato che, affinché un’aula di concorso possa essere aperta al pubblico, è necessario che venga assicurato il libero ingresso a chiunque voglia assistere. Una condizione di trasparenza che deve essere garantita anche se la prova si svolge da remoto. E che il concorso di Roma Tre non ha rispettato. Ma non finisce qui.

Il (mancato) giudizio sui candidati e la condanna all’università

Tra le diverse motivazioni per cui la ricercatrice ha deciso di impugnare il caso c’è anche il fatto che la Commissione che ha giudicato i candidati non ha spiegato correttamente il giudizio dato ai partecipanti. I docenti, infatti, nelle loro valutazioni non hanno esplicitato il rapporto tra il punteggio numerico e il giudizio correlato alla singola voce cui è riferito. Una mancanza che di fatto – ha rilevato il Tar del Lazio – «non consente di ricostruire l’iter logico seguito dalla commissione giudicatrice». Per questo motivo, le valutazioni dei docenti sono state considerate illegittime. Tutte le motivazioni di Francesconi sono state, invece, ritenute valide dai giudici del tribunale amministrativo che in queste settimane hanno accolto il suo ricorso e hanno obbligato l’Università di Roma Tre ad annullare i verbali e la relazione finale della commissione, oltre a far rifare il concorso. Infine, l’ateneo è stato condannato anche a pagare 2mila euro di spese processuali della ricercatrice.

Leggi anche: