Euro digitale, cos’è la nuova valuta che potrebbe affiancarsi ai contanti e perché fa paura alle banche

Nelle scorse settimane la Bce ha dichiarato conclusa la fase esplorativa. L’obiettivo è far partire il progetto il 1° gennaio 2028

Comincia a prendere una forma sempre più definita l’«euro Digitale», la nuova valuta a cui sta lavorando la Banca centrale europea e che tra qualche anno potrebbe trasformarsi in un equivalente elettronico del contante. L’obiettivo è rispondere alla diffusione delle criptovalute e fornire un’alternativa gratuita ai grandi circuiti di pagamento – quasi sempre americani – come Visa e Mastercard. Ma c’è chi dalla creazione dell’Euro digitale ha molto più da perderci che da guadagnarci. Si tratta delle banche, che durante la fase di consultazione indetta dall’Unione Europea hanno inviato circa 100 osservazioni in cui si sottolineano i rischi del progetto. Secondo un report di Mediobanca, per gli istituti di credito europei si profila una perdita tra il 5 e il 20% dei profitti, tra minori interessi per i depositi e minori commissioni sui pagamenti.


Cos’è l’euro digitale

L’euro digitale a cui stanno lavorando le istituzioni europee rappresenterebbe una valuta alternativa alle banconote fisiche e permetterebbe a chiunque di pagare digitalmente nei Paesi dell’eurozona. Il progetto attuale prevede l’utilizzo di un’app gratuita – utilizzabile sia online che offline – e che funzionerebbe come una sorta di portafoglio elettronico. Se introdotto, dunque, l’euro digitale diventerebbe a tutti gli effetti una nuova moneta, che dovrà essere obbligatoriamente accettata ovunque all’interno dell’eurozona. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha precisato più volte che «un euro resta un euro», a prescindere dal fatto che sia una moneta fisica oppure un importo digitale. A chiunque sarà concesso inoltre di convertire un euro fisico in un euro digitale e viceversa.


La lunga strada da qui al 2028

Il primo atto che ha dato il via alla lunga gestazione dell’euro digitale risale al 14 luglio 2021, quando il consiglio direttivo della Banca centrale europea ha approvato per la prima volta il progetto. Negli ultimi due anni sono stati valutati tutti i rischi e gli aspetti tecnici durante la «fase esplorativa», che la Bce ha dichiarato ufficialmente conclusa nelle scorse settimane. Ora si è passati al secondo step del progetto, la cosiddetta «fase di preparazione», che dovrebbe durare almeno altri due anni. L’obiettivo è arrivare alla nascita vera e propria dell’euro digitale il primo gennaio 2028. Prima che questo avvenga, il progetto dovrà passare al vaglio delle altre istituzioni dell’Unione europea. Lo scorso giugno, la Commissione ha presentato una proposta di legge che stabilisce una serie di paletti legali entro cui si dovrà muovere il progetto. La proposta deve però essere formalmente approvata anche dal Parlamento e dal Consiglio. Tra i più ferventi sostenitori dell’iniziativa c’è l’attuale governatore di Banca d’Italia ed ex membro del direttivo della Bce Fabio Panetta, secondo cui «le valute digitali delle banche centrali apporteranno notevoli vantaggi ai pagamenti digitali».

EPA/Olivier Hoslet | Fabio Panetta, ex membro del consiglio direttivo della Bce, durante un’audizione al Parlamento europeo sull’euro digitale (4 settembre 2023)

La risposta europea a criptovalute e Big Tech

Nel gergo tecnico, l’euro digitale sarebbe una Central Bank Digital Currency (Cbdc), ossia una valuta digitale di Stato. Iniziative simili sono già in corso in India e in Cina, con tanti altri Paesi che si sono mostrati interessati a seguire sulla stessa strada. Il crescente interesse delle banche centrali per le Cbdc si deve sia alla percentuale sempre più in crescita dei pagamenti digitali – a discapito dei contanti – sia al dilagare delle criptovalute private. Ed è anche per questo che tra i propositi del progetto messo a punto dalla Bce figura la difesa della sovranità monetaria, messa a rischio proprio dal successo dei vari Bitcoin, Ethereum e simili. Ma le criptovalute non sono l’unico attore a cui l’euro digitale farebbe concorrenza. L’obiettivo dell’Eurotower è infatti di contrastare anche lo strapotere delle Big Tech, che ambiscono ad assumere una posizione sempre più rilevante nel settore dei pagamenti. Un esempio? L’accordo raggiunto da Apple con Goldman Sachs per lanciare un conto risparmio negli Stati Uniti con interessi al 4,5%, che ha fatto tremare gli istituti di credito di tutto il mondo. Attraverso l’euro digitale la Bce vuole cercare di prevenire il problema, evitando – come successo in altri comparti digitali – che le Big Tech acquisiscano una posizione di (quasi) monopolio.

I timori delle banche

A temere la concorrenza dell’euro digitale sono però soprattutto le banche e i motivi sono presto detti. Il nuovo sistema su cui è al lavoro l’Unione europea prevede infatti un’alternativa ai pagamenti elettronici in cui, a differenza delle carte di debito e credito, le transazioni non prevedono alcuna commissione. A questo si aggiunge poi un’altra fonte di preoccupazione. Per come è strutturato adesso, il wallet elettronico previsto nel progetto di euro digitale funzionerebbe a tutti gli effetti come un conto deposito, andando di fatto a intaccare un altra voce di ricavo per le banche. Ed è proprio per non stravolgere il sistema finanziario che la proposta di legge presentata a giugno dalla Commissione europea prevede alcuni correttivi. Innanzitutto, l’ipotesi di fissare un tetto massimo sui depositi, con Panetta che in un discorso al Parlamento europeo aveva parlato di una soglia di 3 o 4mila euro. L’altro paletto chiesto dall’esecutivo di Ursula von der Leyen prevede poi che l’euro digitale non produca interessi. Una richiesta su cui la Bce ha avanzato già qualche obiezione. C’è poi la questione della privacy. La commissaria ai Servizi finanziari Mairead McGuinness ha precisato che l’euro digitale «non è un progetto da Grande Fratello» e, proprio al pari del contante, i pagamenti non saranno tracciati. La strada che porterà all’implementazione vera e propria della nuova valuta europea è ancora lunga. Ciò che sembra chiaro fin da ora è che saranno soprattutto le banche a battersi per cercare di ottenere qualche concessione nella versione definitiva del progetto della Bce. Il loro timore è che, pur di andare incontro al trend in crescita dei pagamenti digitali, si generi un processo di disintermediazione, in cui a perderci sarebbero inevitabilmente proprio gli istituti di credito.

Credits foto: EPA/Ronald Wittek | La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde durante una conferenza stampa a Francoforte (14 settembre 2023)

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