Adinolfi e Pillon contro lo spot per Sanremo 2024: «Vuole normalizzare l’omosessualità, è propaganda Lgbt» – Il video

A difendere la pubblicità del marchio di cosmetici Pupa, che andrà in onda nei giorni del Festival, le associazioni arcobaleno: «Polemiche sterili, vivono nel Medioevo»

Non c’è Festival di Sanremo che non sia anticipato, accompagnato e seguito da polemiche. Di ogni genere. Dal cachet degli ospiti alla scelta degli artisti, dalle battute dei monologhi comici alle tematiche politiche e sociali sfiorate, dai baci rubati alle composizioni floreali distrutte. E certo questa edizione, la 74esima, non fa eccezione. Se finora il sito per la vendita dei biglietti in tilt e l’invito poi rifiutato al campione di tennis di Jannik Sinner hanno causato qualche malumore e sopracciglio alzato, la prima vera polemica potrebbe arrivare da uno spot preparato da uno degli sponsor e che andrà in onda durante la settimana del Festival. Si tratta di una pubblicità di 30 secondi realizzata dal marchio di cosmetici Pupa, che prima ancora di essere trasmessa ha fatto infuriare Simone Pillon e Mario Adinolfi, che l’hanno bollata come «propaganda Lgbt». Nel video – con citazione cinematografica de Il laureato – una donna vestita da sposa scappa dall’altare lasciando il suo futuro marito a un passo dal sì per scappare con un’altra donna. «La bellezza più profonda è quella delle emozioni vere», scrive l’azienda sui social pubblicando lo spot.


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Pillon: «Questo spot nuoce all’orientamento sessuale»

Tanto è bastato per far inorridire l’ex senatore della Lega e il leader del Popolo della famiglia. «La sposa che lascia lo sposo sull’altare e scappa con l’amichetta. È la solita propaganda», scrive Pillon, «scriviamo come sulle sigarette: “Questo spot nuoce gravemente all’identità sessuale dei giovani”. E poi vadano a farsi benedire». Ribadisce poi ad Adnkronos: «Rientra nello schema della normalizzazione a tutti i costi delle relazioni omosessuali. Se a noi adulti lascia indifferenti, è invece un potente strumento di indottrinamento per i ragazzini che ha la finalità di portare avanti quello che è un vero e proprio contagio sociale». Secondo l’ex senatore, questa «propaganda» avrebbe conseguenze sociali, «con l’aumento della disforia di genere, la confusione di orientamento sessuale nei ragazzini e a farne le spese sono loro». E aggiunge: «Sanremo è seguito dai giovani, sono anni che fanno un indottrinamento, è diventato un Festival lgbtq. Che si continui così lo trovo veramente stucchevole».

Adinolfi: «Massacrano l’idea della famiglia»

Della stessa idea Mario Adinolfi. «Voglio sottolineare agli uffici marketing che stanno ormai ripetutamente seguendo i diktat Lgbtq, che sono meccanismi commercialmente dannosi», dice l’ex deputato, «si continua a voler massacrare l’idea più cara che c’è alla radice dell’essere italiani, cioè l’idea di famiglia. Se guardano la struttura della società italiana, si accorgeranno che nonostante l’evidente crisi del matrimonio, e del matrimonio in Chiesa, continuano a sposarsi ogni anno circa 350mila persone, uomini e donne. Nello stesso anno l’unione gay, voluta per legge, unisce circa 2mila coppie». Sarebbe la dimostrazione, secondo Adinolfi, che sarebbe «tramontato tutto, era solo una moda».

Arcigay e Famiglie Arcobaleno: «Non siamo nel Medioevo»

«Se Pillon grida allo scandalo di fronte ad uno spot che racconta la fuga di due donne che scelgono di amarsi sfidando le convenzioni sociali e il destino di un matrimonio eterosessuale imposto o non desiderato, è perché crede di vivere ancora nel Medioevo, in un mondo che non c’è più». Secca, diretta, la risposta di Natascia Maesi, presidente nazionale Arcigay, sentita da Adnkronos, che aggiunge: «Che gli piaccia o no, le lesbiche esistono e mettono su famiglia. Ciò che nuoce gravemente alla salute dei giovani non è la normalizzazione dell’omosessualità che da loro è già stata sdoganata, ma la mancanza di programmi di educazione all’affettività e al consenso nelle scuole».

Dello stesso pensiero anche la presidente di Famiglie Arcobaleno, Alessia Crocini: «La polemica che definisce scioccante lo spot di Pupa per Sanremo è infondata, sterile e inutile. Lo spot non ha nulla di scioccante, è un richiamo fedele al film Il laureato, viene solamente sostituita la figura maschile con una femminile. È ridicolo che in Italia e in Europa nel 2024 si possa ancora pensare che uno spot possa cambiare o condizionare l’orientamento sessuale o l’identità di genere di un bambino o di una bambina». Chissà se Pillon e Adinolfi hanno apprezzato, almeno, la scelta di Pupa di far celebrare ai due protagonisti dello spot quasi sposi il matrimonio in Chiesa e non con rito civile.

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