Matteo Renzi contro Meloni: «In Albania buttati 850 milioni che poteva usare per la sanità. Se mi eleggono lascio l’Italia» – La videointervista
La campagna elettorale di Stati uniti d’Europa si chiude con Riccardo Magi spintonato dai servizi di sicurezza in Albania perché è andato a protestare contro l’apertura del centro di trattenimento dei migranti. E anche Matteo Renzi, che ha aderito alla lista proposta da Emma Bonino da un percorso politico ben diverso da quello dei radicali, non si mostra a disagio, anzi attacca con durezza l’accordo con l’Albania.
Si parla molto dei programmi, diciamo intanto il primo punto, la priorità anche rispetto al Parlamento europeo per Stati uniti d’Europa
«Il primo elemento di serietà è che chi viene eletto al Parlamento europeo va al Parlamento europeo. Funziona in 26 paesi su 27 così, solo in Italia per responsabilità di Schlein, Tajani, Calenda e Meloni non è così, loro si candidano per finta. È il primo impegno perché non puoi chiedere ai cittadini di andare a votare se poi tu per primo non vai a Bruxelles se sei eletto. Quanto agli obiettivi del Parlamento europeo, la maggioranza che dovrebbe formarsi, secondo me, ricalcherà la maggioranza Jean-Claude (Junker) del 2014 e la maggioranza Ursula del 2019, più o meno. Io sogno, però, per il 2024 una maggioranza Mario e non Ursula».
Lei è l’unico leader nazionale che si candida e ci va, cosa che a questo punto risulta quasi una stranezza. Un sacrificio?
«Sono gli altri che vanno contro mano, perché se tu pensi che l’Europa decida sul futuro della tua vita, sulle case green, sulle infrastrutture, sugli spazi di flessibilità che permettono di aumentare gli stipendi o di aumentare le pensioni, sulla riapertura della linea di credito del Mes sanitario, dando più soldi alla salute, se credi in queste cose, poi la battaglia la devi fare a Bruxelles o a Strasburgo. Se non ci credi non ti candidare. Quindi sì, io sono pronto a traslocare se sarò eletto. Mi costa fatica, non dico il contrario, ma è un fatto di serietà rispetto alla cittadinanza».
Parlava di maggioranza “Mario” e maggioranza “Ursula”. Che accordi si aspetta? Qual è il suo giudizio su von der Leyen a questo punto?
«Von der Leyen ha fallito sulla riforma dei trattati: troppo timida. Sul diritto di veto: subalterna ad Orban. E sul Green Deal: eccessivamente ideologica. Su questi tre punti von der Leyen porta a casa un’insufficienza in pagella. Come si faccia dopo un’insufficienza a proporla per un secondo mandato per me è un mistero della fede. Lo fanno però quelli della destra e soprattutto Forza Italia e sapete perché lo fanno? Perché pensano con Ursula von der Leyen di stare al sicuro, di essere in una botte di ferro, ma in realtà chi vota Tajani non fa il bene delle nostre imprese perché il voto regalato a Forza Italia è un voto al bis di Ursula. Mi piacerebbe l’alternativa Draghi, ma se dobbiamo stare dentro il Ppe, il Partito Popolare Europeo, direi Kyriakos Mitsotakis, primo ministro greco, e se dovessi indicare un’alternativa dentro i socialisti europei direi Antonio Costa, ex primo ministro portoghese».
Parliamo del gruppo a cui probabilmente aderirà, cioè Renew. Un gruppo che appare in difficoltà. Cosa poteva fare Renew finora che non ha fatto?
«Oggi Renew è praticamente tutto concentrato sui francesi, è poco più che la lista di Macron. Se Stati Uniti d’Europa, la lista nata dall’intuizione di Emma Bonino, farà un buon risultato allora sarà interessante perché accanto alla gamba francese ci sarà anche una gamba italiana e con due gambe sicuramente si cammina meglio».
In alcuni paesi, in particolare l’Olanda, Renew apre agli accordi con Ecr, il futuro è un accordo con i conservatori?
«Non entro nel merito di ciò che hanno fatto in Olanda perché sono fenomeni di politica interna. Non è possibile in Italia, non è possibile nelle istituzioni europee, se questa è la domanda. Io non mi alleo con la Meloni e noi non faremo una maggioranza che tenga fuori una parte dell’attuale squadra di governo per andare ad allearci con i Polacchi e con Marine Le Pen».
Una delle priorità dopo il voto, e lo è già in questi giorni, sono i temi che riguardano i conflitti internazionali. Volevo chiederle, sull’Ucraina, se secondo lei sia necessario mettere dei limiti agli interventi, anche ad esempio europei, in materia di armi. E su Gaza se l’Europa è stata efficace in tema di difesa dei diritti umani.
«Su Gaza l’Europa non ha giocato alcuna partita, perché l’Europa di fatto ha una diplomazia che non esiste. Lei pensi soltanto che l’inviato speciale dell’Unione Europea per i Paesi del Golfo è Luigi Di Maio, quale autorevolezza può avere un inviato speciale di questo genere? Quello che serve per portare finalmente la parola pace, pace giusta, nel Medio Oriente e in Terra Santa è il principio dei due popoli e due stati. La Palestina deve diventare uno stato a tutti gli effetti, riconosciuto da tutti e finanziato innanzitutto dalle forze arabe e dai paesi arabi riformisti vicini di casa o quasi. Questi soldi però devono andare ai bambini di Gaza, non ai terroristi di Hamas. Allo stesso modo, però, gli stessi paesi e i palestinesi devono riconoscere il diritto di Israele a esistere ed è un argomento che ancora è tabù in tanta parte del mondo estremista arabo. Senza il reciproco riconoscimento non ci sarà mai pace per i bambini di Tel Aviv e per quelli di Gaza. Quanto alla vicenda ucraina io credo che anche qui la parola sia pace giusta. Pace che deve essere ovviamente anche frutto di una negoziazione. Io sono per l’esercito europeo, per la difesa comune, ma contemporaneamente per una politica estera che è mancata. Dal febbraio 2022 dico mandiamo un inviato speciale e propongo Tony Blair o Angela Merkel. Per il momento sono solo parole proposte da noi, da Italia Viva, dagli Stati Uniti d’Europa, ma senza alcuna ricaduta concreta e senza alcuna risposta efficace da parte della Diplomazia Europea».
Europa vuol dire Strasburgo, Bruxelles, ma anche accordi tra i singoli stati. Come giudica la scelta che sta facendo Meloni di un’intesa in particolare con l’Albania sul tema del trattenimento dei migranti in via di ricollocazione o respingimento?
«Fuffa, tutta fuffa elettorale, 850 milioni di euro ad essere prudenti per poco più di mille migranti, è una cifra spropositata, è uno scandalo nazionale, tutto finalizzato a dare alla Presidente del Consiglio un racconto. Metti 850 milioni di euro per le liste d’attesa nella sanità in Campania e in Puglia anziché darli per un investimento inutile in Albania e se vuoi davvero garantire un corretto svolgimento del problema migratorio, bene, apri i centri di formazione, apri i centri per il lavoro, manda queste persone a imparare un lavoro e chi viola le regole va a casa. Questo accordo non servirà agli italiani e segnerà purtroppo il futuro di larga parte dei nostri investimenti con i paesi dei Balcani».
Ha un giudizio più complessivo sull’atteggiamento di Meloni verso l’Europa in questi mesi?
«Io credo che Meloni di risultati non ne abbia portati a casa su niente. Ha detto che ha una regola d’oro che è fare sempre il contrario di quello che faccio io e bisogna darle ragione, è vero, lei fa il contrario di quello che ho fatto io, io ho fatto gli 80 euro, lei dà lo stipendio a Brunetta, 240.000 euro per fare il presidente del CNEL. Io investo sulle riforme, le unioni civili, il terzo settore, il dopo di noi, la legge sull’autismo, lei fa il decreto Ferragni. Noi facciamo il Jobs Act, l’industria 4.0, l’iperammortamento, la decontribuzione. Lei fa il decreto Rave party. La verità è che Giorgia Meloni fa esattamente il contrario di quello che facciamo noi. Noi facciamo politica. Lei fa puro populismo. Su questo devo darle ragione. Per una volta la Meloni ha detto la verità».