Nicola Pietrangeli e Sinner, le polemiche su Jannik «austriaco». Le accuse di invidia, le critiche più feroci e la svolta: «Cosa serve per batterlo»

Nicola Pietrangeli nutriva un’enorme ammirazione per Jannik Sinner e il suo modo di giocare a tennis. Una stima in fondo ricambiata dall’attuale numero due al mondo, che riconosceva la grandezza del suo predecessore. Eppure il confronto tra due talenti di generazioni così lontane restava complesso, a tratti controverso. Pietrangeli, scomparso oggi a 92 anni, non concedeva con leggerezza a Jannik il titolo di tennista azzurro più forte di sempre, e non si è mai risparmiato battute e critiche che hanno scatenato aspre polemiche.
Lo “schiaffo” della Coppa Davis
L’ultimo affondo risale alla rinuncia di Sinner alla Coppa Davis 2025, decisione che ha fatto esplodere Pietrangeli: «È un grande schiaffo al mondo sportivo italiano. Deve giocare a tennis, mica fare una guerra», aveva dichiarato. Per lui, che di Davis ne ha vinte due da protagonista assoluto, quella maglia azzurra rappresentava tutto: «Quando mi toccano la Coppa Davis smanio, perché lo scopo di uno sportivo è mettere la maglia azzurra. Ma purtroppo parlo di un’altra epoca». Pochi mesi prima, però, lo stesso Pietrangeli aveva incoronato Sinner come «il più grande tennista italiano di sempre».
I record e le Olimpiadi mancate
A settembre 2024, in un’intervista all’AdnKronos, Pietrangeli si era detto certo che Jannik avrebbe battuto tutti i suoi record: «Non sono invidioso, come qualcuno ha scritto. Gli auguro di batterli tutti e sono sicuro che ce la farà». L’unica preoccupazione riguardava gli infortuni: «Se riuscirà a restare sano si toglierà ancora enormi soddisfazioni». Un primato, però, sarebbe rimasto intoccabile: «Quello delle presenze e delle vittorie in Coppa Davis, perché ora si giocano molte meno partite». E poi l’unica critica vera: «Io avrei fatto di tutto per giocare le Olimpiadi. Di Slam ne può giocare quattro all’anno, per i Giochi dovrà aspettare il 2028».
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La battuta su Sinner «austriaco»
Nel novembre 2024 una battuta di Pietrangeli fece molto discutere: «Il miglior tennista italiano di tutti i tempi, e forse pure austriaco». Un’uscita provocatoria che scatenò polemiche, ma che il campione giustificò ribadendo: «Non sono invidioso come qualcuno ha scritto». Dietro l’ironia pungente si celava il tentativo di rimanere al centro della scena, di non essere dimenticato. Un modo, il suo, per continuare a esistere nel dibattito pubblico anche a distanza di decenni dai suoi trionfi.
«Ci vogliono due Djokovic per batterlo»
Eppure quando si trattava di riconoscere il valore puro di Sinner, Pietrangeli non si tirava indietro. A gennaio scorso, prima della finale degli Australian Open (poi vinta da Jannik contro Zverev), aveva dichiarato a LaPresse: «Questo ragazzo non lo battono. Può giocar male lui, ma per battere Sinner oggi ci vogliono due Djokovic». Un elogio senza riserve: «Ormai non ha più un punto debole, è sempre perfetto. Ha la bravura e la fortuna del campione che nel momento buono tira fuori dal cilindro il colpo fantastico».
L’eredità di un rapporto complicato
Il legame tra i due è stato fatto di ammirazione e qualche incomprensione generazionale. Pietrangeli apparteneva a un’epoca in cui la maglia azzurra valeva più di tutto il resto. Un’epoca sportiva in parte distante da quella che rappresenta lo stesso Sinner, dove le scelte di calendario seguono logiche diverse. «È un piacere vederlo giocare, è quasi noioso da quanto è bravo», aveva detto Pietrangeli.
