In Evidenza ENISiriaUSA
POLITICAGoverno Conte ILegaLuigi Di MaioM5SMatteo Salvini

Dieci attacchi in un solo giorno: «La guerra dei Roses» tra Di Maio e Salvini

18 Maggio 2019 - 11:44 Felice Florio
Cinque stoccate a testa, dalla politica estera ad accuse personali: le forze di governo sono ai ferri corti nonostante abbiano promesso più volte di mantenere in piedi l'esecutivo per altri 4 anni. È solo una strategia per mantenere alta la tensione in vista delle elezioni europee?

Dall'inizio di maggio l'hanno ripetuto più di una volta. Luigi Di Maio, durante il comizio a Caltanissetta: «Questo governo deve durare quattro anni perché abbiamo ancora tante cose da fare». Idem Matteo Salvini, qualche giorno prima del suo alleato, a San Giuliano Terme:«Io penso a lavorare e la mia parola vale più dei sondaggi: il Governo durerà altri quattro anni e agli italiani non frega niente di quello che titolano i giornali o i telegiornali».

I due vicepremier promettono di restare insieme alla guida del Paese finché "legislatura non li separi". Ma dal caso Tav in poi, passando per l'inchiesta per corruzione che ha coinvolto l'exsottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, il Movimento 5 Stelle ha cominciato ad alzare i toni prendendo sempre più le distanze dall'alleato (che nel frattempo era uscito vincitore dalle elezioni regionali in Sardegna, Abruzzo e Basilicata). Il 17 maggio, forse, si è toccato il punto più alto di questo climax:ecco cosa sono stati capaci di dirsi i due vicepremier in un solo giorno.

Le cinque stoccate di Di Maio

La deriva verso l'ultradestra. Di Maio fa una conferenza stampa fiume trasmessa sulla sua pagina Facebook. Il primo attacco riguarda la deriva verso l'ultradestra che la Lega – secondo il capo dei Cinque Stelle – avrebbe imboccato negli ultimi mesi: «Negli ultimi quattro mesi abbiamo visto comportamenti inaccettabili della Lega. Dal Congresso di Verona alla legge per far proliferare le armi. passando per un'autonomia che spacca l'Italia in due – ha detto il vicepremier -. Se ci si sposta su posizioni di ultradestra o posizioniestremiste, è nostro dovere impedire che il governo segua questa direzione. Mi auguro che dopo il 26 maggio la Lega dismetta certe posizioni inaccettabili».

Le indagini.«Addirittura ci si tiene nei partiti non solo gli indagati, ma anche gli arrestati per il reato di corruzione?», si chiede, in modo retorico, Di Maio. Il riferimento è al sindaco leghista di Legnano, arrestato nei giorni scorsi con l'accusa di corruzione elettorale. Un caso che segue quello del sottosegretario Siri.

L'immigrazione. «Una cosa è certa: questa prepotenza (di Salvini, ndr) aumenta, soprattutto sull'immigrazione, quando la Lega è in difficoltà con gli scandali di corruzione. Non ci sto a rappresentare questo grande stratagemma per distrarre dall'emergenza del Paese che non è in questo momento l'immigrazione, ma la corruzione».

Il paragone con Renzi. Al discorso sullacorruzione è legata anche un'altra critica che Di Maio rivolgea Salvini dal Centro Congressi di Torino: la prepotenza e l'arroganza del ministro dell'Interno – dice Di Maio -«ricorda Renzi quando gli chiedevano di far dimettere la Boschi», sostiene il leader del M5s, commentando le parole del ministro dell'Interno sul premier Conte in merito al caso Sea Watch («comando io», ha detto Salvini).

La produttività.«Il 90% dei provvedimenti di questo governo sono a firma del Movimento, mentre tutti sanno che Salvini passa più tempo nelle piazze ed è un desaparecido nel suo ministero.Il Movimento governa, mentre Salvini comunica», dice il vicepremier, che già nei giorni scorsi aveva attaccato il suo omologo dopo un'inchiesta sui voli di Stato.

Le risposte di Salvini

Anche il ministro dell'Interno non le manda a dire al Movimento 5 Stelle, a Di Maio e al premier Giuseppe Conte, dal caso Siri in poi sempre più allineato con le posizioni del M5S.

L'immigrazione. «Immaginavo che combattere il business dell'immigrazione clandestina avrebbe creato dei problemi a me e alla Lega– dice Salvini – mavado avanti, nessuno pensi di riaprire i ponti. Nessuno ministro, neanche il presidente del Consiglio di ordinare a me di far entrare la nave che illegalmente vorrebbe entrare in Italia. Faccio finta di non sentire», afferma Salvini.

La risposta a Grillo. La sua diretta Facebook è l'occasione per rispondere anche a Beppe Grillo, fondatore ancora influente del M5s:«Rispondo a Grillo che ieri mi ha detto "lo manderei a lavorare a calci in culo". Amico mio, posso starti simpatico o antipatico. Faccio il ministro dell'Interno di questo Paese e i risultati dicono che lo sto facendo bene – dice Salvini, elencando una serie di azioni messe in atto dal Viminale – da Beppe Grillo non accetto lezioni e insulti. Ma chi sei? Chi sei? Ma vieni a fare il ministro dell'Interno per una settimana e vediamo cosa fai».

L'aumento dell'Iva. «Se c'è qualche ministro di questo governo che pensa di aumentare l'Iva nel prossimo autunno, dovrà passare sul mio corpo», dice Salvini rispondendo al premier Conte che nei giorni scorsi aveva ammesso che non sarebbe stato facile evitare l'aumento.

Il Venezuela.Nella serie di colpi e contraccolpi c'è spazio anche per la politica estera: «È la legge che assegna a Guaidò la carica di presidente – dichiara Salvini alla stampa estera parlando della situazione in Venezuela. – Maduro èun dittatore, sanguinario, affamatore. I 5 Stellehanno una posizione più prudente, da me non compresa. Evidentemente qualcuno ha nostalgia dei regimi socialisti e comunisti».

La produttività.L'ultimo degli attacchi del ministro dell'Interno riguarda le divergenze sui provvedimenti da adottare. Rivolgendosi ai parlamentari del Movimento, dice:«Almeno lasciateci lavorare. Smettetela con tutta questa serie di "no", "no", "no". Il no all'autonomia, al decreto sicurezza bis, alla flat tax, ad alcuni grandi cantieri già pronti. Senza parlare della Tav sulla quale abbiamo posizioni diverse. C'è anche l'alta velocità tra Brescia-Verona-Vicenza-Padova che è ostaggio del ministero dei Trasporti – afferma Salvini. – Sono "no" che non fanno bene all'Italia, speriamo siano condizionati dalla campagna elettorale e che dal 27 tornino ad essere dei "sì"altrimenti non si va lontano».

Articoli di POLITICA più letti