Il «re dell’eolico» collabora coi pm: si aggrava la posizione di Siri nell’inchiesta per corruzione

Vito Nicastri, imprenditore ritenuto vicino a Matteo Messina Denaro, avrebbe fornito elementi utili a sostenere l’accusa al sottosegretario, scrive il Corriere della Sera

Il re dell’eolico Vito Nicastri, per il quale sono da poco stati richiesti 12 anni di carcere per concorso in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, avrebbe cominciato a collaborare con i pm di Roma e Palermo, confermando i sospetti sulla presunta corruzione dell’ex sottosegretario leghista Armando Siri. Lo scrive il Corriere della Sera.


Da Nicastri, ora in carcere e ritenuto vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro, sarebbero arrivati elementi utili a sostenere l’accusa: disponibilità, quest’ultima, che avrebbe convinto i pm Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi a chiedere un incidente probatorio, ripetendo gli interrogatori davanti al giudice per le indagini preliminari. Un’anticipazione dell’eventuale processo che servirebbe a mettere nero su bianco le accuse a Siri senza repliche in tribunale.


Le accuse a Siri, Arata e Nicastri

L’ex sottosegretario Armando Siri, che sostiene di aver avuto una condotta lecita e politicamente doverosa, è accusato di aver ricevuto la promessa o dazione di una tangente da 30mila euro da parte di Paolo Arata, ex politico di Forza Italia e consigliere per il settore «Energia» della Lega, in affari con Vito Nicastri.

Siri sarebbe stato «usato» dai due per proporre alcuni emendamenti, mai approvati, che avrebbero facilitato l’erogazione dei finanziamenti per le aziende che lavorano nell’eolico, settore nel quale Arata e Nicastri condividono interessi economici. Gli emendamenti furono bloccati da una deputata siciliana del M5s.

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