Le ong Sos Mediterranée e Medici senza Frontiere tornano in mare: la Ocean Viking verso il Mediterraneo centrale

Sette mesi dopo la chiusura delle operazioni dell’Aquarius, le due ong tornano in mare. «Per salvare vite. Non possiamo restare in silenzio», dice Claudia Lodesani, presidente di MSF in Italia

Che volessero tornare in mare era nell’aria da tempo, e le operazioni di raccolta fondi e di sensibilizzazione erano già cominciate da un po’. Ora è ufficiale: con un comunicato stampa, la ong Sos Mediterranèe comunica la partenza della missione di una nuova nave in zona Sar, Search and rescue (ricerca e soccorso), in collaborazione con Medici senza frontiere. È la Ocean Viking – salpata il 18 luglio per recarsi (dopo una tappa a Marsiglia) nel Mediterraneo Centrale – a raccogliere l’eredità dell’Aquarius, le cui operazioni si sono fermate a dicembre 2018.


«Dal momento che le persone continuano a scappare dalla Libia attraverso una delle rotte più pericolose al mondo, e a causa dell’assenza di navi per il soccorso disponibili nel Mediterraneo, è stato un imperativo per Sos Med e MSF tornare in mare dopo la conclusione delle operazioni con l’Aquarius nel dicembre 2018», dice la nota della ong. «426 persone sono morte dall’inizio dell’anno nel Mediterraneo nel tentativo di scappare dalla situazione di crescente conflitto in Libia e dalle condizioni deplorevoli dei centri di detenzione nel paese».


La situazione nel Mediterraneo Centrale

«I governi europei vogliono far credere che la morte di centinaia di persone in mare e la sofferenza di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in Libia siano un prezzo accettabile per le politiche di controllo della migrazione», aggiunge in un comunicato Sam Turner, capo missione di MSF per le attività di ricerca e soccorso e la Libia. «La cruda realtà è che mentre sbandierano la fine della cosiddetta crisi migratoria in Europa, fanno consapevolmente finta di non vedere la crisi umanitaria che queste politiche perpetuano in mare e in Libia. Non possiamo restare a guardare».

L’Operazione Sophia dell’Unione europea «ha ritirato i suoi asset navali, gli Stati membri dell’UE hanno continuato le dure campagne di criminalizzazione delle navi di soccorso della società civile e soprattutto, non è stato ancora creato un meccanismo di sbarchi coordinato, sostenibile e condiviso in accordo con la legge marittima», dice Frédéric Penard, capo delle operazioni di Sos Mediterranée.

Matteo Salvini non si è fatto sfuggire l’annuncio di una nuova nave ong nel Mediterraneo Centrale. «Adesso partono pure dal Mare del Nord per venire ad aiutare gli scafisti nel Mediterraneo, roba da matti…», scrive su Instagram, postando la foto della nave delle due ong. «Ong avvisata, mezza salvata: in Italia non sbarcate», dice il ministro dell’Interno.

La Ocean Viking

La Ocean Viking è registrata come nave cargo presso il Norwegian International Ship Registry (NIS): batte quindi bandiera norvegese – e al momento siti di tracciamento come Vessel Finder e Marine Traffic la danno in navigazione tra la Danimarca e la Germania. È stata noleggiata dalle due ong.

Nelle forme e nei colori ricorda l’Aquarius, solo un po’ più piccola. Costruita nel 1989, è lunga 69.3 e larga 15.5 metri (l’Aquarius aveva una lunghezza di 75). Originariamente, spiegano le organizzazioni, è stata concepita proprio come vascello di soccorso: «in passato era utilizzato come nave da supporto e soccorso per piattaforme offshore di petrolio e gas nel Mare del Nord».

Anche i compiti tra le 31 persone a bordo sono suddivisi come accadeva ai tempi dell’Aquarius. Sulla nave, spiegano le due ong, ci sono 13 persone del Rescue team di Sos Mediterranèe guidate da un Coordinatore della Ricerca e Soccorso (Search and Rescue Coordinator, Sarco). Msf, che gestisce la logistica e l’aspetto medico e psicologico di eventuali persone soccorse, è a bordo con 9 persone: 4 personale medico – un dottore, due infermiere e una ostetrica, un logista, un mediatore culturale, un humanitarian affairs officer, un Field Communications Manager e un Coordinatore di Progetto. Altre 9 persone fanno parte dell’equipaggio marittimo e sono dipendenti dell’armatore.

E, ancora, come sull’Aquarius, sul ponte Sos Med e Msf hanno installato un modulo-container. Quattro sono quelli che in gergo si chiamano rhibs, i gommoni usati nelle operazioni di ricerca e soccorso. A bordo c’è anche «con una clinica per le consultazioni mediche, il triage e delle stanze per il recupero».

Ong ed Europa

In questo momento, la situazione delle ong in mare è frastagliata. Mediterranea Saving Humans vede due imbarcazioni battenti bandiera italiana sequestrate dalle autorità del nostro paese: la Mare Jonio e, più recentemente, il veliero Alex. In sequestro probatorio e ferma a Licata anche la Sea Watch 3. Proactiva Open Arms è in zona Sar davanti alla Libia e sotto Lampedusa: sugli spagnoli pende la minaccia di multe milionarie del governo di Madrid in caso di soccorso migranti. E poi c’è la Alan Kurdi della ong tedesca Sea Eye, che dopo aver portato a Malta 65 persone recuperate in mare durante l’ultimo salvataggio, risulta ora attraccata in Spagna.

«Torniamo in mare per salvare vite. E non possiamo restare in silenzio mentre persone vulnerabili subiscono sofferenze evitabili», dice Claudia Lodesani, presidente di MSF in Italia. «Se i leader europei condannano l’uccisione di migranti e rifugiati vulnerabili in Libia, devono anche garantire la ripresa di operazioni di ricerca e soccorso ufficiali, sbarchi in luoghi sicuri e l’immediata evacuazione e chiusura di tutti i centri di detenzione arbitraria. L’ipocrisia del crescente supporto fornito alle intercettazioni in mare e al ritorno forzato delle persone negli stessi luoghi dove vengono perpetrate le violenze, lascia intendere che quelle condanne sono solo parole vuote di finta compassione».

«L’inerzia degli Stati Membri dell’Unione Europea nella creazione di un meccanismo di ricerca e soccorso nel Mediterraneo che fosse condiviso, sostenibile e prevedibile, lascia alla società civile il compito di tornare in mare e salvare vite», aggiunge Sophie Beau, co-fondatrice di Sos Mediterranèe. «Tre anni fa, quando abbiamo iniziato le nostre operazioni con l’Aquarius, non avremmo mai pensato di salvare quasi 30,000 vite in mare».

Credit foto: Anthony Jean / Kevin McElvaney / Suzanne Friedel / Sos Mediterranèe

Leggi anche