Il timing di Salvini, tra le scissioni di Forza Italia e (forse) Pd e il testacoda M5s

Dal punto di vista della Lega, le condizioni per innescare una crisi di governo erano perfette. Ora bisogna vedere se riusciranno a incassare il risultato

Non c’è stato nulla di casuale nella scelta dei tempi di Matteo Salvini per annunciare la crisi e chiedere nuove elezioni. Il timing sembra perfetto: il giro estivo nelle località di vacanza (dove di raggiungono contemporaneamente turisti e residenti), la presa d’infilata di (ex) alleati e avversari, già con un piede in vacanza dopo una lunghissima stagione politica, e soprattutto la convergenza dei guai tra le altre principali forze politiche.


Su una di esse il leader leghista ha una visuale diretta, e forse qualcosa di più: è la scissione di Toti e di chissà quanti altri da Forza Italia, che rischia di trasformarsi in valanga nelle prossime settimane, per il ben noto effetto band wagon, ovvero “salire sul carro del vincitore”. Insomma, quando sarà chiaro a tutti che la Lega, se vincerà, farà maggioranza con Fratelli d’Italia e con la formazione di Toti, ma non con chi sarà restato nel partito di Berlusconi.

Ma c’è un’altra scissione possibile e già evocata proprio nei giorni scorsi, che spianerebbe ancor di più la strada a Salvini: è quella nel Pd, dove renziani e “resto del mondo” sono ormai apertamente divisi su tutto. Matteo Renzi aveva già avviato una corsa contro il tempo per dar vita a un nuovo soggetto capace di parlare ai moderati spaventati dai populisti e ormai senza casa politica, che non voterebbero mai per il Pd “spostato a sinistra” di Nicola Zingaretti.

E poi c’è il M5s sedotto e tradito da Salvini, che già da settimane vive una crisi strisciante, testimoniata dalle dimissioni polemiche di un fedelissimo di Grillo e Casaleggio, Max Bugani, e ancor di più dalle critiche sempre più aperte dell’ala Di Battista-Paragone-Morra nei confronti del capo politico Di Maio. Un malumore che già nei prossimi giorni potrebbe farsi più rumoroso dopo la “fregatura” subita dall’ex amico leghista.

Insomma, non c’è bisogno di uno scienziato della politica per dire che le condizioni, per Salvini, erano quelle ideali. Come un calcio di rigore all’ultimo minuto. Poi però – certo – bisogna metterla dentro.

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