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Il Climate Action Summit 2019 si è concluso tra buoni propositi e scarso impegno

24 Settembre 2019 - 06:40 Juanne Pili
Malgrado l'adesione di 77 nuovi Paesi all'accordo di Parigi c'è ancora tanto da fare

Il Climate Action Summit si è concluso durante la 74esima Assemblea generale dell’Onu al Qg di New York, senza che l’Italia abbia potuto giocare un ruolo particolarmente significativo. Basti pensare che l’intervento del premier Giuseppe Conte è stato fissato per le 17:30 (ora locale), assieme ai colleghi della Bolivia, del Congo e del Regno Unito. 

Resteranno impressi due momenti in particolare: l’intervento fortemente emotivo di Greta Thunberg («Non dovrei essere qui. Dovrei essere a scuola, dall’altra parte dell’Oceano») e l’arrivo a sorpresa di Donald Trump. Il Presidente americano si è limitato a seguire gli interventi del premier indiano Narenda Modi e della cancelliera Angela Merkel, per poi scomparire nuovamente. 

Tra buoni propositi e scarso impegno

Cosa si può trarre dal vertice mondiale che doveva fare il punto sulle cose da fare con urgenza per far fronte al cambiamento climatico? Purtroppo non molto. Del resto le aspettative non erano delle più rosee: l’intervento di Greta è stato emblematico da questo punto di vista.

Per quasi un’intera giornata diverse personalità tra le più potenti al mondo si sono espresse, ma in sostanza non sembra che sia stato fatto ancora molto. Ci sono India, Cina e Turchia coi loro piani per espandere l’uso del carbone. Tra i paesi più all’avanguardia nell’affrontare il problema nessuno riesce a farlo abbastanza velocemente. I buoni propositi del capo delle Nazioni Unite António Guterres non sembrano aver incontrato risposte soddisfacenti.

Di positivo c’è che 77 Paesi hanno aderito all’obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2050, tra questi anche la Russia che ha ratificato l’accordo di Parigi, con l’obiettivo di tenere il Riscaldamento globale sotto i 2°C.

Il contributo di Bill e Melinda Gates

Il cambiamento climatico si riflette anche sulla salute e sulla disuguaglianza dell’accesso alle risorse, non ultime quelle alimentari. Di particolare interesse in questo frangente è stato il contributo del magnate e filantropo Bill Gates che con la fondazione creata assieme alla moglie Melinda è riuscito a coinvolgere in uno stanziamento di 790 milioni di dollari, diverse istituzioni internazionali: Commissione europea, Banca mondiale, Paesi Bassi, Svizzera e Regno Unito. 

Lo scopo è quello di finanziare la ricerca sulle tecnologie alimentari nell’ambito del Cgiar (Consultative Group for International Agricultural Research). Si tratta di un consorzio globale che unisce le principali organizzazioni internazionali che svolgono attività di ricerca sulla riduzione della povertà rurale e la gestione sostenibile delle risorse naturali.

«La maggior parte delle persone non ne ha mai sentito parlare – spiega Gates – ma la Cgiar ha fatto di più per nutrire le persone più povere del Mondo rispetto a qualsiasi altra organizzazione sulla terra. In definitiva, dobbiamo raddoppiare i finanziamenti per la ricerca Cgiar per equipaggiare pienamente questa istituzione unica e preziosa nell’affrontare una vasta gamma di sfide climatiche. Questi impegni rappresentano una premessa fondamentale per raggiungere tale obiettivo».

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, intervistato da due giornalisti americani aveva applaudito l’attivismo climatico dei giovani come Greta Thunberg.

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