Brexit: Johnson incassa il “no” della Camera dei Comuni sul voto sul nuovo accordo

Secondo Bercow, l’istanza del premier sul nuovo accordo con Bruxelles non può essere riproposta nella stessa forma

Lo speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, ha respinto la mozione del governo di Boris Johnson per rimettere ai voti oggi l’accordo sulla Brexit raggiunto dal premier Tory con Bruxelles. Secondo Bercow l’istanza non può essere riproposta nella stessa forma di sabato. A questo punto per il governo è corsa contro il tempo per far approvare entro questa settimana le leggi attuative dell’uscita dall’Ue e ripresentare “il deal” subito dopo in un contesto nuovo. Pena un rinvio o il no deal. Bercow ha affermato che la mozione del governo non può essere ripresentata identica dopo che sabato la Camera aveva votato a maggioranza a favore dell’emendamento promosso dal dissidente Tory Oliver Letwin che rinvia il voto sull’accordo Johnson se non dopo l’approvazione del pacchetto di leggi attuative sulla Brexit. Pacchetto che l’esecutivo ha messo in calendario a partire da oggi in prima lettura, ma che deve essere ancora votato.


La replica di Johnson

Il primo ministro britannico si è dichiarato “deluso” dalla decisione dello speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, di non consentire oggi un secondo dibattito per votare sull’accordo sulla Brexit raggiunto con Bruxelles nei giorni scorsi. Così facendo, ha tagliato corto un portavoce di Downing Street, «ha negato la chance di attuare oggi la volontà del popolo britannico» espressa nel referendum del 2016.


Parlamento europeo: «Pronti a un accordo»

Il Consiglio dei 27 Stati membri dell’Unione europea ha mosso «il primo passo formale per portare a termine l’accordo di divorzio sulla Brexit».
È quanto si legge in una nota. «Stamani – sottolinea il documento – è stata adottata la decisione sulla firma dell’accordo di recesso e la bozza delle conclusioni del Consiglio, che ora sarà inoltrata al Parlamento europeo», per ottenerne il consenso. David Sassoli, presidente dell’Eurocamera, dopo i colloqui con Donald Tusk e il premier britannico Boris Johnson, ha ribadito a entrambi che l’Europarlamento è pronto a votare l’accordo sulla Brexit dopo la ratifica da parte di Westminster.

L’estensione

Nelle scorse ore si era invece parlato di un’estensione. Un’ipotesi sulla quale era stati persino fissati una data e un orario preciso, dettagli contenuti nella lettera non firmata ma inviata da Boris Johnson all’Unione europea. Uno dei tre testi inviati ieri sera, 19 ottobre, al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, chiedeva a Bruxelles di concedere al Regno Unito un’estensione delle trattative che precedono la Brexit fino alle 23 del 31 gennaio 2020.

L’accordo in parlamento

A Westminster è prevista una settimana di lavoro intensa, con sedute notturne e anche durante il weekend, per approvare, o quantomeno discutere, l’accordo negoziato da Johnson con l’Ue. Sempre secondo il Times, l’Ue starebbe aspettando di vedere se l’accordo ce la farà a sopravvivere la seconda lettura prima di decidere se offrire un’estensione. Nel caso non fosse così, scrive il quotidiano britannico, Bruxelles sarebbe pronta a proporre una proroga più lunga, fino a giugno dell’anno prossimo. Si tratta dunque di un’altra settimana decisiva per la Brexit. La discussione in parlamento potrebbe ricominciare già oggi, con il premier Johnson intenzionato a chiedere un nuovo voto voto sull’accordo. Il Governo è fiducioso di poter contare sui voti di circa venti “ribelli conservatori”, un numero potenzialmente sufficiente per approvare l’accordo. Ma il labour sarebbe intenzionato a proporre diversi emendamenti – incluso uno su un secondo referendum – che potrebbero affossare il negoziato.

La lettera di Johnson

Il testo specifica che si riuscirà ad arrivare alla ratifica di un accordo prima di questa data «questo periodo potrebbe terminare in anticipo». Sebbene dopo il dibattito a Westminster di sabato 19 ottobre il premier britannico sia stato costretto ad inviare la richiesta di proroga per non trovarsi in palese violazione di legge, il suo governo continua a sostenere che i tempi di uscita dall’Unione europea saranno brevi e che sarà rispettata la scadenza del 31 ottobre. Lo ha confermato a Sky News Michael Gove, il ministro britannico incaricato dal premier Boris Johnson di coordinare i preparativi in caso di No deal. Rispondendo a chi gli chiedeva se può garantire la Brexit a fine mese, Gove ha risposto: «Sì, questa è la politica che abbiamo stabilito». E poi: «Abbiamo i mezzi e le capacità per farlo». La lettera alla Ue è stata inviata in applicazione del cosiddetto Benn Act, la legge votata a inizio settembre che imponeva al premier di chiedere una proroga se non si fosse trovato un accordo con l’Unione europea entro la sera del 19 ottobre.

In copertina le manifestazioni contro la Brexit del 19 ottobre a Londra, foto Ansa

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