Lei lo sa chi è Cicciogamer? Quel che dovrebbero davvero sapere Nuzzi, Fornero e Calenda sugli influencer di YouTube

Quello degli influencer non è un mondo di soli ragazzi che fanno selfie o giocano coi videogame

Non è la prima volta che lo youtuber Mirko Alessandrini – meglio noto come CiccioGamer 89 – finisce per fungere da capro espiatorio di una visione piuttosto distorta degli influencer, da parte del mondo dei vecchi media. Le polemiche si sono riaccese durante la trasmissione televisiva Di Martedì il 15 ottobre scorso, quando Gianluigi Nuzzi ha provocato l’ex ministra Elsa Fornero chiedendole se per caso conoscesse CiccioGamer. Poteva finire tutto qui, se non fosse per il tweet di Carlo Calenda dove afferma di essersi vergognato di se stesso andando a vedere chi fosse lo Youtuber.


«Confesso che con Cicciogamer abbiamo raggiunto nuove vette. Stamattina sono andato a vedere chi è questo tipo…e poi mi sono vergognato di me stesso».


Intanto Elsa Fornero “si vendica”, andando a chiedere ai suoi studenti chi fosse CiccioGamer, riscontrando che lo conoscevano in pochi. «Devo vergognarmi di non conoscerlo?», chiede infine l’ex ministra. A chiudere in bellezza ci pensa Striscia la notizia, con un servizio dove si canzonano gli organizzatori di un corso universitario per influencer, mostrando come esempi le solite figure stereotipate: ragazze succinte che fanno selfie. Come succede anche in televisione, possiamo trovare su YouTube tanto l’intrattenimento frivolo quanto l’approfondimento culturale; questo aspetto però non viene mai a galla. Eppure molti youtuber riempiono i teatri, partecipano a convegni e vendono saggi per importanti case editrici.

Nicola Palmieri, Alessandro Masala e Fiorella Atzori raccontano a Open le loro esperienze di successo su YouTube, tutte nel campo della divulgazione e dell’intrattenimento. Precisiamo che sono solo la punta di un iceberg. Nella prossima puntata intervisteremo invece degli influencer molto particolari, che avrebbero potuto portare avanti le loro attività a prescindere dal mondo dei Social network, ma hanno deciso comunque di mettersi in gioco su YouTube, ottenendo risultati importanti: Dario Bressanini, Michele Boldrin, Riccardo Dal Ferro (Rick DuFer) e Giovanni Pizzigoni (GioPizzi).

Nicola Palmieri – Qdss

Proprio due amici di CiccioGamer possono essere presi più di tutti come esempio di come si possa sviluppare un’attività da influencer che parte da YouTube e sfocia anche in altre iniziative culturali. Nicola Palmieri (Redez) e Mario Palladino (Synergo) sono cresciuti su YouTube col canale Quei due sul server (Qdss), non solo attraverso i gameplay, arrivando a promuovere la creazione di una piattaforma dedicata alla formazione professionale – Docety – lanciando influencer emergenti, ai quali viene data la possibilità di insegnare ai follower le loro professioni, facendo del mestiere dell’influencer una attività seria e sostenibile.

«È successo un macello – racconta Redez a proposito dell’ultima polemica su CiccioGamer – questa visione distorta è condivisa ancora da tanti». È l’immagine del ragazzo disadattato che fa video dalla cameretta. Forse c’è un fondo di verità? Insomma, fare lo youtuber non è ancora un lavoro sostenibile. «Attualmente il guadagno su YouTube è calato parecchio – continua Palmieri – soprattutto per tutto quel che riguarda gli influencer professionisti che cercano di fare cultura. È così ch’è nata l’idea di Docety, pensando a tutti i nostri colleghi influencer che portano avanti la loro professione in rete: penso ai fumettisti, video-maker, designer, eccetera.

L’idea torna utile soprattutto a quegli youtuber che anche se facessero mezzo milione di visualizzazioni, non riuscirebbero comunque a rendere sostenibile la loro attività. Noi sulla base dei nostri canali abbiamo potuto raccogliere alcune cifre interessanti. Parliamo di un lordo che per un milione di visualizzazioni non va a superare i 500 euro. Poi ci devi pagare le tasse e tutto quel che c’è dietro la realizzazione di un video di qualità. Pensiamo a tutti quei creatori che si trovano a dover caricare i loro video a orari assurdi, la notte o nei weekend, per una cosa con la quale non è possibile sostenersi. 

Con Docety abbiamo dei casi di successo in cui youtuber con una fanbase piccola, che magari non superano le 100/200mila visualizzazioni al mese, riescono comunque ad avere quasi uno stipendio mensile, superiore a quel che riuscirebbero a guadagnare in un anno su YouTube». Quindi parliamo di una piattaforma esterna a YouTube dove però non può caricare video chiunque, si tratta di influencer specializzati in determinate competenze con dei follower interessati a imparare piuttosto che al mero intrattenimento. «In breve – continua Redez – Docety fa lezioni “uno a uno” e “uno a molti” con seminari online e video-corsi. Questi ultimi li distinguiamo dai seminari perché spesso e volentieri sono quelli che lasciano più domande agli utenti, i quali possono colmare le lacune consultando i coach singolarmente o in gruppo, l’approfondimento coi seminari chiude quindi il cerchio.

Non ci sono solo influencer noti. Anche un coach con buona esperienza e privo di una comunity riesce ad avere un discreto successo. Oggi contiamo oltre 21mila iscritti con circa 250 coach. Ci sono arrivate tantissime richieste, però Docety è un mercato orizzontale dove trovi di tutto: dal commercialista allo psicologo, fino allo specializzato in design, programmi di video-making, ecc». Il punto focale è quello di creare un’attività qualitativamente accurata. Tutti i corsi sono verificati in metodologia e contenuti da un centro di ricerca europeo che collabora attivamente con noi. Collegare il mondo di YouTube alla professionalizzazione e l’approfondimento culturale – compreso quello video-ludico – è qualcosa che prima non esisteva minimamente».

Siamo ben lontani dall’immagine dello youtuber che bestemmia mentre gioca a Minecraft. Voi ad esempio come altri youtuber avete pubblicato da poco un nuovo libro: “Errori Motrali”. «Sì, è un fumetto molto particolare – continua Redez – dove c’era proprio la voglia di fare qualcosa di diverso. Mario è un fumettista, ma lui ha fatto i testi e io i disegni, infatti fanno schifo. La cosa è talmente folle che abbiamo avuto già un discreto successo pubblicando la prima parte. Così ci ha contattati la Mondadori per fare una pubblicazione più in grande». Un po’ come i “fumetti disegnati male” di Davide La Rosa. Siete mossi dalla stessa follia? «No, questi sono disegnati molto male, infatti l’idea è piaciuta e attualmente siamo tra i libri più venduti in Italia, ma lo siamo stati anche prima con un editore quasi totalmente sconosciuto».

Synergo & Redez del canale QDSS.

Prima ancora hai pubblicato un libro con un taglio totalmente diverso, lo stesso molto lontano dall’immagine dello youtuber affermato che pubblica libri privi di spessore con crandi editori: “Ho sbagliato più di te”. «Ormai non sono proprio un ragazzino – continua Palmieri – Ho 35 anni con un passato di divorzio, con tutte le varie rivalutazioni personali che ne conseguono. Arrivi a un punto in cui scegli: o cadi in depressione, oppure rifletti sulla tua vita per chiederti “che cazzo ho sbagliato?”.  

Questo è il tema del libro, con cui ho aiutato un sacco di adolescenti. Perché sono partito da quando ero un ragazzo timido e introverso, con difficoltà a socializzare. Così son finito per essere quell’amico più grande che dà consigli utili e che a certi ragazzi manca. Tante persone mi scrivono anche su temi che uno non si immaginerebbe di trovare nel nostro ambiente. Una parte del libro parla ad esempio del tema del suicidio, perché un ragazzo mi aveva scritto una lettera pazzesca, col quale mi sento ancora oggi, visto che per fortuna è riuscito a superare questa fase, non grazie a me, però lui mi ha ringraziato. In un momento in cui non gli era vicino nessuno lui si sentiva vicino a me, perché gli riempivo le giornate coi video e tutto il resto».

Cosa diresti a un ragazzo che a un certo punto decide di passare dall’essere un semplice follower a diventare un creatore di contenuti su YouTube? «Gli direi “divertiti con la tua passione”, poi il resto arriva se ci si impegna. Prima di tutto però bisogna divertirsi perché da sola non è una attività sostenibile, sia a livello economico che sociale. Oggi stare dietro ai social è un casino. Si sta dietro ai numeri e ai like, che fanno più danni che altro, non rispecchiano la realtà». 

Alessandro Masala – Breaking Italy

Alessandro Masala – noto anche come Shy (Shooter hates you) – con lo show di infotainment Breaking Italy è riuscito a portare l’approfondimento giornalistico ai massimi livelli nella community italiana di YouTube. Come ti è venuto in mente di fare lo youtuber? «Ho iniziato a farlo perché non avevo altro da fare – continua Masala – terminata la mia esperienza a Roma e Milano, dove facevo lavori che non mi piacevano, son tornato in Sardegna. Non trovavo niente attorno a me, non sapevo che fare. Tra le varie opzioni c’era quella di riprendere l’Università, oppure tornare a cercarmi un lavoro di qualche tipo. Così mi sono detto: “perché non proviamo per un periodo a fare video su YouTube?”.

Nella mia testa c’era già un’idea economica. Non ci sono cascato dentro come capita ad altri. Mi sono posto l’obiettivo di far diventare questa attività sostenibile entro tre anni. Ci sono riuscito nel doppio del tempo. Mi sono immediatamente reso conto di quanto lavoro sarebbe servito, inizialmente sottostimavo le difficoltà. Sapevo che avrei dovuto spendere tutto il mio tempo per il progetto, senza potermi dedicare ad altro. Se allo scadere del tempo non fosse divenuto sostenibile avrei smesso. Ho tenuto duro sinché non sono riuscito a viverci».

Come sei riuscito infine a far diventare la tua attività sostenibile? «Ci sono vari modelli di business – continua Masala – Siamo sempre meno dipendenti dalle pubblicità di YouTube: credo che il mio Patreon sia tutt’ora il più grande d’Italia. Quello è tutto un sistema comunitario che gestisco, coinvolgendo le persone il più possibile, attraverso i vari benefit ai quali gli iscritti possono accedere a seconda delle loro donazioni.

Dal Patreon ricaviamo così molte risorse che possiamo investire anche per attività che altrimenti non sarebbero sostenibili, come per esempio i podcast, che possiamo usare anche come piattaforma per sperimentare cose nuove. Infine, abbiamo tutto un sistema di indotto attraverso il mio brand di abbigliamento Heya, facciamo accordi con le aziende. Non faccio tutto da solo. Attualmente ho un dipendente fisso che mi aiuta a gestire il Patreon e montare i video. Per Heya, che non è del tutto collegato col canale, abbiamo una tirocinante».

Breaking Italy è un esempio virtuoso, e contrariamente a quanto si possa pensare non è nemmeno l’unico. Pensiamo ai tanti influencer che riescono a riempire i teatri in giro per l’Italia, e pubblicano libri, tutto questo portando avanti una attività di divulgazione culturale. «Credo che il problema sia principalmente nel trasferire l’idea che chi opera su Internet non è un solo tipo di figura – spiega Masala – Ci sono molte figure diverse. Da un po’ si stanno usando le parole “influencer” e “youtuber” come sinonimi, mentre sono due concetti diversi. Se uno dicesse “io sono un televisivo” questo potrebbe significare tutto e niente. 

Puoi essere uno che fa programmi di varietà, oppure approfondimento politico, cucina. Ci sono vari tipi di realtà. Prendiamo per esempio Chef Rubio: se parla di qualcosa che sarebbe più attinente per altre figure e lo si attacca dicendogli “tu sei uno Chef, cosa ne sai?”, non è che contemporaneamente stiamo attaccando tutte le altre figure che troviamo in Tv. Su YouTube invece questa cosa succede. Per il solo fatto di essere su YouTube diventi automaticamente non-autorevole. Quando quelli che preferisco definire “operatori del Web”, iniziano a uscire e a presentarsi come figure diverse secondo me è molto positivo, proprio per migliorare l’immagine di queste figure».

Eppure Calenda ha fatto sapere recentemente su Twitter che si sarebbe vergognato di se stesso andando a vedere chi è CiccioGamer. «Non ha fatto del male a nessuno – ribatte Masala – non capisco di cosa ci si dovrebbe vergognare. È un ragazzo che intrattiene i ragazzini giocando coi videogame. Non mi sembra un problema. Non credo che si direbbe altrettanto di Paolo Bonolis. Sono cose che lasciano il tempo che trovano. Tutte queste figure non hanno la minima idea di tutto quel che c’è nel Web, lo ignorano proprio. Fanno subito il collegamento “persona che intrattiene online” quindi “tonta”. Bisogna assolutamente emanciparsi da questo aspetto».

Alessandro Masala durante il suo show Breaking Italy.

Fiorella Atzori – Sgrammaticando

Non c’è niente di più lontano dalla figura dell’influencer frivolo di Fiorella Atzori, che da anni col canale Sgrammaticando si occupa di una missione che si pensava relegata alle aule scolastiche o ai seminari accademici: la difesa di un uso corretto della lingua italiana. Come ti è venuto in mente a un certo punto di aprire un canale dedicato alla grammatica italiana? «Ho cominciato quasi otto anni fa – spiega Atzori – L’idea è nata per gioco, in una YouTube semi-deserta. C’erano già Clio Make Up, Frank Matano e altri creatori del genere. Mi divertivo seguendo i video di intrattenimento e i tutorial, così mi sono chiesta cosa avrei potuto fare io. 

Fu il mio ragazzo a suggerirmi di parlare di grammatica visto che ne ero appassionata. Ho cominciato così con video dove trattavo quella grammatica che viene insegnata alle Medie. Sono partita da un testo che usavo al Ginnasio della Zanichelli, e così ho cominciato. I primi video erano bruttissimi, avevano dieci visualizzazioni. Dopo un po’ la cosa ha cominciato a prendere piede ed è arrivato tanto pubblico dall’estero: studenti che studiavano l’italiano.

Constatando che il pubblico era in maggioranza di provenienza straniera, ho cominciato a fare video sulla lingua italiana a 360 gradi: espressioni ideomatiche, modi di dire, le parolacce, eccetera. Dopo un po’ ho voluto ampliare. Visto che l’attenzione sul corretto uso della lingua è andato man mano scemando, persino nelle testate giornalistiche, ho iniziato ad affrontare temi che potevano interessare anche a un pubblico più adulto, impostati in maniera divulgativa, non limitandomi alle sole video-lezioni. Per esempio tratto anche degli errori più comuni che vengono compiuti e come evitarli».

Fiorella Atzori del canale Sgrammaticando

Tra follower e influencer chi è messo peggio con la grammatica? Forse quella stessa superficialità che porta a creare contenuti scadenti o commenti deliranti, è la stessa che poi ti porta a non avere il controllo della tua scrittura. «Beh, i commentatori di YouTube non sono proprio come quelli di Facebook, dove si trova davvero il peggio del peggio – precisa Atzori – Una cosa che mi preme dire a ogni conferenza che tengo è che il punto non è nell’avere un lessico super-forbito, ma nel soffermarsi un attimo nel modo in cui si scrive e in caso di dubbio andare a cercare un chiarimento. 

L’influencer che comunica bene mette sempre in dubbio il modo in cui si esprime. Questo è un genere di comportamento che si può estendere a tutto il resto, penso al problema della diffusione delle bufale in rete. Durante un seminario all’Università di Cagliari ho chiesto agli studenti di scrivermi su un foglietto perché secondo loro si fanno così tanti errori di grammatica. Una risposta faceva riferimento agli errori che assimiliamo dalla televisione e dai giornali online. Abbiamo talmente tanta fiducia in certe figure che non mettiamo in dubbio il modo in cui si esprimono. Chi si occupa di comunicazione e giornalismo dovrebbe rendersi conto che molte persone hanno tanta fiducia in loro, e “chi se ne frega della Crusca e della Treccani; l’ha detto un tizio durante il Tg, quindi è corretto”».

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