Le donne che abbiamo scoperto nel 2019 e che dovremmo tenere d’occhio nel 2020

Dalla prima ministra neozelandese, volto umano della strage di Christchurch, al coraggio di Liliana Segre. Donne che hanno lasciato un segno in questi 12 mesi e che si apprestano a plasmare anche l’anno che verrà

Alcune di loro sono state tra le figure più criticate, lodate, attese del 2019. Donne, ragazze, che con i loro gesti, parole e azioni hanno plasmato il giudizio dei cittadini e dell’opinione pubblica. Se si volge lo sguardo all’indietro, mai come quest’anno vengono in mente i volti di così tante donne che hanno contribuito a scrivere la storia. E forse viene anche da chiedersi se bisognava aspettare il 2019 per avere un’agenda di eventi così piena di nomi femminili. Tra tutte, rimarrà impresso l’esempio delle donne curde che nel nord est della Siria sono diventate il simbolo della resistenza e della lotta all’invasione turca contro il silenzio della comunità internazionale. Ma, oltre la tragedia, oltre la guerra, ci sono anche altre donne che in questo 2019 ci hanno mostrato nuovi modi di fare politica, di parlare e di agire, e che saranno ancora tra le protagoniste (crediamo) dell’anno che verrà.


Ursula von der Leyen

Ansa/Ursula von der Leyen

Nata a Bruxelles, nel cuore dell’Unione europea, di lei si è detto che fosse una predestinata visto che il padre nel 1958 diventò capo di gabinetto proprio della Commissione di cui ora lei è la guida. Successore di Jean Claude Juncker, lo scorso luglio Ursula von der Leyen è diventata la prima donna a capo del ramo esecutivo dell’Ue in un periodo di frammentazione e turbolenza. Finiti gli anni dello spauracchio Grexit, ora von der Leyen è chiamata a guidare un’Unione che vacilla proprio sulla sua unità di intenti. Un’Unione sempre più divisa da sovranismi e nazionalismi, che non riesce a trovare la quadra su un futuro unitario. Il suo ruolo è stato tra quelli più attesi del 2019, dopo i cinque anni di Juncker alla guida di una commissione che è dovuta navigare tra la crisi economica, la Brexit. Ma le sfide che attendono von der Leyen non sono molto diverse nella sostanza.


La tedesca, già ministra della difesa di Angela Merkel, con una lunga esperienza in campo internazionale, ha mostrato un equilibrismo e un pragmatismo che hanno fatto dubitare molti del suo europeismo. Ma, forgiata dalla cancelliera, la sua “lealtà” all’Unione è molto più pragmatica di quanto non sia passionale, e forse, per questo, più funzionale. Sarà dunque una delle figure chiave del prossimo anno non solo per quanto riguarda il destino di un’Europa la cui unità è sempre più in salita, ma anche per trovare la quadra di una politica estera minacciata dal sempre più forte unilateralismo statunitense e l’egemonia cinese che spinge da Est. In mezzo un’Unione europea che per sopravvivere dovrà riappropriarsi di processi decisionali, e fare da equilibrista nelle guerre commerciali, e nei difficili rapporti di politica estera che attendono la leader dell’organo decisionale dell’Ue.

Christine Lagarde

Ansa/Christine Lagarde

Lasciato alle spalle il motto “Whatever It Takes” di Mario Draghi, alla guida della Bce è arrivata Christine Lagarde. «Comunicherò col mio stile», aveva detto nella sua conferenza stampa di presentazione, ricevuto il testimone dall’ex governatore della Banca d’Italia. Con la sua nomina, l’Unione europea si appresta a entrare nel 2020 con al vertice delle sue istituzioni più importanti due donne. Il suo arrivo a Francoforte è stato accettato non senza qualche riserva per le sue presunte mancanze tecniche. La sua preparazione, più politica che economica, aveva fatto dubitare anche chi contestava, otto anni prima, la sua nomina al Fondo monetario internazionale, di cui è stata presidente fino al 2019. Laureata in Diritto del Lavoro e Sociale, eredita da Draghi un’Europa diversa da quella del 2011, quando, con l’arrivo dell’ex professore di Economia, l’Ue si trovava in piena recessione con una Grecia pronta all’uscita e l’Italia sull’orlo del default.

Ora, Lagarde prende in mano un’istituzione che nel prossimo anno dovrà traghettare l’Ue da politiche monetarie a politiche fiscali volte alla crescita, fatte di riforme strutturali, a livello europeo e nazionale, necessarie per far ripartire la locomotiva europea. Già nominata negli anni passati tra le donne più influenti al mondo, la sua capacità, certo indiscussa, di leadership è quello di cui l’Europa ha bisogno per mettere d’accordo pensieri, opinioni e strategie diverse. E con chi le contesta il suo background accademico, Lagarde si è dimostrata tanto inflessibile quanto aperta alla critica: «Quando non so qualcosa vi dirò che non lo so».

Sanna Marin e Jacinda Ardern

Ansa/Sanna Marin

Tra le figure chiave che hanno influenzato il 2019, e su cui gli occhi sono puntati per l’anno che verrà non è possibile sottrarsi dal nominare due prime ministre. L’una, Sanna Marin, fresca di elezioni, è diventata a 34 anni la più giovane premier al mondo. Nata da due madri, porta con sé l’eredità di chi si dice fiera di essere venuta al mondo in una famiglia arcobaleno e, nel 2020, porterà questi temi al centro dell’agenda finlandese. Neomammma, è diventata in pochi giorni il simbolo di chi crede a un’Europa diversa, giovane, preparata e meritocratica.

Dall’altra parte dell’emisfero, c’è un’altra donna che in questi ultimi 12 mesi, in una nazione che ai più suona familiare come la Terra di Mezzo, è diventata il volto di chi ha dimostrato che, forse, un altro modo per rispondere al terrorismo esiste. Jacinda Ardern, 38 anni, premier della Nuova Zelanda, ha mostrato al mondo il volto di un leader umano, ma intransigente allo stesso tempo. Il suo rigore, in tv, nel comunicare alla nazione, in maniera trasparente, i dettagli dell’attacco alla moschea Christchurch, senza nascondersi dietro a una comunicazione aggressiva e giustizialista, ha stupito l’altra parte di un emisfero abituato a toni differenti.

Jacinda Ardern

Il velo in testa e la scelta di leggere passi dal Corano all’apertura della sessione parlamentare – quando il mondo gridava proprio il contrario – hanno scosso tutti. Gentile nel suo abbraccio alla comunità musulmana colpita dal dolore, e risoluta nel condannare la pazzia di un suprematista bianco avvelenato da politiche e messaggi d’odio. Nel 2020 sarà ancora lei a guidare una politica diversa e forse più umana.

Greta Thunberg

Ansa/Greta Thunberg

La Cop25 è stata un fallimento. La conferenza Onu sul cambiamento climatico è stata un buco nell’acqua. Nessun obbligo vincolante è stato concordato tra i paesi partecipanti. Ed è per questo che siamo certi che nel 2020 Greta Thunberg non si fermerà. La giovane attivista ha stravolto nell’ultimo anno la lotta al cambiamento climatico, dando vita, grazie al suo sciopero davanti al parlamento svedese, a un movimento globale. Lei, la leader del Fridays for future, nominata anche al Nobel per la pace, è riuscita a chiamare a raccolta con la sua voce flebile milioni di giovani in tutto il mondo per dar voce alle istanze di generazioni che pagheranno più di altre lo sfruttamento ambientale del nostro pianeta. Eletta anche dalla rivista Nature tra le persone più influenti per la scienza nel 2019, il prossimo sarà un anno chiave per Greta e per la sua battaglia per cui ha deciso di abbandonare, per un po’ di tempo, la scuola. Ed è ormai impossibile pensare alla lotta ambientalista senza pensare alla sedicenne svedese.

Liliana Segre

Liliana Segre

Nell’ultimo anno il suo impegno per mantenere viva la memoria dell’Olocausto è andato di scuola in scuola, è passato da prestigiosi atenei a piccole classi, a teatri e piazze. Ma per la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta all’orrore di Auschwitz, l’ultimo anno ha rappresentato anche una nuova, temuta, consapevolezza sul ritorno di un odio che sembrava essere stato sconfitto. Vittima di attacchi antisemiti, Segre è stata messa sotto scorta. E mentre il dibattito sull’olocausto continua a essere molto acceso, con attacchi etnici e razzisti, la sua memoria continuerà a essere un faro per le nuove generazioni.

Carola Rackete

Ansa/Carola Rackete

I decreti sicurezza «vanno depurati da condizioni che io stesso ritengo inaccettabili». Non c’è dubbio, anche nel 2020 uno degli scontri più accessi in Italia, e nell’Europa, sarà sul tema dell’immigrazione. E le parole del premier Giuseppe Conte durante la tradizionale conferenza stampa di fine anno confermano su quali argomenti l’opposizione e la maggioranza si sfideranno in parlamento. Un tema che nel 2019 è stato legato alla figura di una donna, quella di Carola Rackete. La capitana della Sea Watch ha diviso l’opinione pubblica italiana per aver ignorato il blocco navale ed essere entrata nel porto di Lampedusa. Dovrà risponderne durante l’udienza del prossimo 16 gennaio. Ma a rimanere aperto è anche lo scontro con Matteo Salvini che, dopo gli insulti alla capitana, è stato querelato da Rackete. Toccherà aspettare dunque il prossimo anno per vedere se il dibattito a distanza con l’ex ministro continuerà e se Rackete tornerà, prima o poi, in mare a salvare migranti.

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