Primarie Usa 2020, Bloomberg si ritira e appoggia Biden

Si conclude a poche ore dal Super-Martedì la corsa dell’ex sindaco di New York verso la Casa Bianca

Alla fine è durata poco più di un giorno la corsa di Mike Bloomberg verso la Casa Bianca del 2020. A qualche ora dalla comunicazione dei dati del Super-Tuesday, che ha visto il miliardario ex sindaco di New York gareggiare per la prima volta nelle primarie Dem ma vincere solo nelle Isole Samoa Americane, è arrivato l’annuncio del ritiro.


«Sono un sostenitore dell’analisi dei dati per prendere le decisioni», ha dichiarato in una nota Bloomberg. «Dopo i risultati di ieri, la matematica dei delegati è diventata praticamente impossibile – e non esiste più un percorso praticabile per la nomina». A scrutini quasi conclusi, Bloomberg è attualmente al quarto posto, con 6 delegati in meno rispetto alla terza classificata Elizabeth Warren e oltre quattrocento delegati in meno rispetto a Joe Biden.


Ed è proprio sull’ex vicepresidente che Bloomberg ha deciso di fare affidamento, seguendo l’esempio di Pete Buttigieg e di Amy Klobuchar che si sono ritirati prima del Super-Martedì. «Ho sempre creduto che sconfiggere Donald Trump inizi con l’unione dietro il candidato che ha le migliori chances per farlo», ha detto Bloomberg. «Dopo il voto di ieri, è chiaro che il candidato è il mio amico, un grande americano, Joe Biden».

Dopo il Super-Tuesday su Twitter Bloomberg aveva aperto all’ipotesi che la sua gara sarebbe continuata nonostante i risultati deludenti, anche visto i considerevoli investimenti fatti fino ad ora – parliamo di più di $500 milioni investiti nella campagna elettorale – anche in stati, come la Florida, in cui non si è ancora votato. Ma così non è stato. Qualche ora dopo è arrivata la conferma anche sui social, accompagnata da un messaggio di ringraziamento ai suoi sostenitori e al suo staff.

Alla fine la candidatura di Bloomberg non ha retto il peso delle critiche ricevute per il suo atteggiamento nei confronti di due donne – sue ex dipendenti a cui avrebbe fatto commenti sessisti – come anche le perquisizioni (“stop and frisk”) introdotte quando era Sindaco di New York, ritenute discriminatorie nei confronti dei cittadini afroamericani e latinos. Pesa anche la sua debole performance nell’unico dibattito televisivo a cui ha partecipato, prima delle primarie del Nevada, come probabilmente anche il suo tardivo ingresso nella gara elettorale. Alla fine neppure i milioni di dollari investiti nella campagna elettorale lo hanno salvato, dando adito anzi a nuove accuse che Bloomberg volesse “comprare la nomination”, come hanno ripetuto più volte i suoi sfidanti.

Adesso “balla” anche Warren

Per vincere la nomination democratica servono 1.991 delegati, su un totale di 3.979. Nel caso in cui nessuno dei candidati dovesse riuscire ad ottenere una maggioranza prima della Convention di luglio, entrerebbe in gioco anche il voto dei super delegati. Uno scenario su cui punta la quarta candidata (oltre a Tulsi Gabbard che però ha zero delegati ed è fuori dai giochi) alla nomination, Elizabeth Warren, le cui prospettive sono tutt’altro che rosee dopo il voto di ieri.

Secondo l’Ansa, dopo Bloomberg anche Warren starebbe valutando se portare avanti o meno la sua campagna elettorale anche se la senatrice del Massachusetts – rea di una sconfitta umiliante nel suo stato – aveva rassicurato i suoi supporter che avrebbe continuato a lottare per la presidenza. Il suo account Twitter, per il momento, non offre ulteriori indizi.

Sempre su Twitter invece Bloomberg ha voluto rispondere all’ennesima provocazione “dell’altro miliardario” Donald Trump che, come nel 2016, ha tentato più volte nel corso della campagna elettorale di denigrare i suoi avversari tramite una serie di nomignoli, come “Mini Mike”, un riferimento alla bassa statura dell’ex sindaco di New York: «A presto, Donald».

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