Usa 2020, per Biden ormai è tutta discesa. Il silenzio di Sanders

Dopo la sconfitta di martedì 10 per rimontare il senatore del Vermont deve inventarsi qualcosa. Soprattutto in vista dei prossimi, difficili appuntamenti elettorali

La vittoria di Joe Biden in questo nuovo martedì delle primarie democratiche si riassume con i risultati dello stato del Michigan. Qui, dove quattro anni fa Bernie Sanders aveva sconfitto Hillary Clinton durante le primarie del 2016, adesso regna Joe Biden: l’ex vicepresidente degli Stati Uniti si è aggiudicato 57 delegati su un totale di 125 (Sanders ne ha vinti 40), il bottino più grande dei sei Stati in cui si è votato il 10 marzo. 


Per Sanders si tratta di una sconfitta pesantissima dal punto di vista simbolico, più che numerico. «Ogni Stato è terribilmente importante ma penso che martedì, forse il Michigan sarà lo stato più importante», aveva dichiarato Sanders venerdì scorso a Detroit. Detroit, appunto, città simbolo dell’elettorato bianco e di classe operaia – un nome per tutti: è la città di Marshall Mathers, in arte Eminem – la cui “fuga” dal Partito Democratico aveva sancito la sua sconfitta nelle scorse elezioni e che Sanders ha sempre sostenuto di poter riconquistare, creando così una grande coalizione progressista – con i giovani e latinos  – che tutti i candidati democratici hanno corteggiato, teorizzato e idealizzato nei loro discorsi. 


E invece ha vinto Biden, come anche nel Mississippi, nel Missouri e nell’Idaho. Nel North Dakota ha vinto Sanders (con un pareggio però sul numero di delegati – che poi dovranno nominare il candidato presidenziale alla convention di luglio – con Biden), mentre nello stato di Washington, alle prese con l’epidemia di coronavirus, mancano ancora parecchi voti ma c’è un sostanziale pareggio: 18 a 18. 

Una rimonta impossibile? 

Stando a questi dati Joe Biden avrebbe allargato il suo vantaggio su Sanders a circa 140 delegati: 787 contro i 647 di Sanders. Per ottenere la nomination democratica ne servono 1.991, quindi la strada è ancora lunga. Ma è innegabile che Biden parta avvantaggiato, anche perché i prossimi stati a votare saranno l’Arizona, l’Illinois, l’Ohio e l’importantissima – dal punto di vista dei delegati – Florida. Tutti stati che nel 2016 videro trionfare Clinton e che quindi, almeno in via teorica, dovrebbero favorire Biden. 
I sondaggi sembrano confermarlo: gli ultimi per la Florida danno Biden in netto vantaggio.

Ormai, l’ex-vice di Barack Obama nei suoi discorsi si comporta sempre più in maniera presidenziale, puntando molto sull’unità del partito, anziché sui punti deboli del suo avversario. Biden sembra essere già proiettato verso la sfida con Trump: «È stata una grande serata – grazie per tutto il vostro supporto! Stiamo ricompattando questo partito e ci vorranno tutti noi per continuare […] e sconfiggere Donald Trump», ha twittato dopo la vittoria. L’account Twitter di Sanders invece per il momento resta in silenzio. Adesso servirebbe più che mai un endorsement da parte di Elizabeth Warren, per ricompattare l’ala sinistra del partito, che però stenta ad arrivare.

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