Coronavirus, la fabbrica dell’ossigeno alle porte di Milano: «Qui nessuno si è tirato indietro, non possiamo fermarci ora»

L’azienda – con i suoi 2000 dipendenti – ha avuto un sovraccarico del 200% delle domande: riforniscono 300 ospedali italiani. «Tutti sanno del pericolo ma nessuno si è tirato indietro»

«Se si ammala anche solo uno, qui siamo finiti». Maurizio Colombo è l’amministratore delegato della Sapio Life, un’azienda nata nel 1922 alle porte di Milano, per la produzione di gas tecnici, tra cui l’ossigeno. Fino agli anni 90 lo stabilimento si è occupato del comparto ospedaliero, rifornendo dunque le strutture sanitarie. Poi ha fatto il salto creando una divisione medicale che tuttora si occupa di portare le bombole d’ossigeno a casa di pazienti con insufficienze respiratorie. Oggi, la fabbrica lavora in prima linea per produrre le bombole di ossigeno dirette ai reparti di terapia intensiva e per i malati di Coronavirus.


Con lo scoppio della pandemia, l’azienda con i suoi 2000 dipendenti ha avuto un aumento del 200% delle domande. La produzione cerca di coprire le richieste di 300 ospedali su tutto il territorio nazionale, ma non solo: sono anche Francia, Germania, Slovenia, Turchia e Spagna a chiedere ossigeno alla Sapio. «Quando è stata dichiarata l’emergenza, abbiamo dovuto prendere decisioni drastiche», racconta Colombo. «Quella più pesante è stata segregare – e non esagero – la task force dei venti ragazzi che si occupano della produzione primaria, cioè di quegli operai che si occupano di estrarre l’ossigeno dall’aria. Per farlo, visto il ruolo delicato che ricoprono, li abbiamo compartimentati: vivono in disparte, parcheggiano le auto in un’area diversa da quella dei colleghi, abbiamo studiato un percorso alternativo per farli entrare in fabbrica. Stanno solo tra di loro, mangiano in isolamento. Non possiamo permettere che si ammalino, altrimenti siamo gambe all’aria».


La mancanza di bombole

Mancano le bombole, non esistono proprio fisicamente. Ne restano pochissime unità e di fornitori, al mondo, ce ne sono ancora meno. «Il carico che abbiamo ordinato noi, ad esempio, arriverà per fine aprile». Per Colombo questo sarà il prossimo grosso ostacolo dell’emergenza sanitaria, e la faccenda pare preoccupante.

«Prima il problema era sui posti in terapia intensiva. A breve riguarderà tutti coloro che vengono mandati a casa ancora malati, per liberare posti in ospedale, ma che devono comunque respirare con l’aiuto delle bombole inviate a domicilio. Un normale paziente consuma tra i 2 e i 3 litri di gas al minuto, dice. Un paziente Covid ha bisogno di 15-16 litri al minuto. E’ piuttosto chiaro che serva una quantitativo non indifferente di bombole per persona. Noi non ne abbiamo, le stiamo terminando. Il punto è che bisogna riattivare strutture sanitarie dismesse che abbiano impianti per distribuzione gas, altrimenti non ce la facciamo. Se questo problema dovesse amplificarsi su tutta Italia, sarà una tragedia. Stiamo lanciando una campagna per chiedere aiuto: con la collaborazione dei carabinieri ci attiveremo per raccogliere bombole vuote. Chiunque ne abbia in casa, lo dica, perché noi possiamo riutilizzarle per nuovi pazienti».

Gli operai

Si lavora, sommersi dalle richieste, alla Sapio Life. Nessuno si ferma, si produce instancabilmente a ciclo continuo. Dal 24 febbraio, chi poteva, perché magari destinato a compiti di tipo amministrativo, è stato messo in sicurezza, lasciato a casa a fare smartworking. Tutti gli altri invece, ogni mattina, si presentano puntuali davanti ai cancelli. «Immagino che questo derivi dal rapporto che abbiamo coi nostri dipendenti. Siamo tanti, è vero, ma è come fosse una famiglia».

«Tutti sapevano del pericolo eppure nessuno si è tirato indietro. Zero defezioni in un mese: ognuno di loro lavora con grande senso di solidarietà e responsabilità nei confronti di chi, là fuori, combatte col proprio stato di salute. Non abbiamo avuto neanche un singolo problema. Per ringraziarli dell’impegno che stanno dimostrando e della dedizione, abbiamo stipulato una particolare polizza per questa emergenza, perché dovesse succedere qualcosa, sarebbero risarciti in ogni caso».

Anche oggi, dopo un mese dai primi casi di coronavirus, decine di migliaia di bombole di ossigeno sono partite dallo stabilimento e nella fabbrica ci si prepara a una nuova giornata di lavoro.

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