Coronavirus, la storia di Francesco: «Noi fuorisede abbandonati al Nord con bollette e affitto da pagare» – Il video

23 anni, siciliano, cinque anni fa si è trasferito a Torino per studiare. L’appello al presidente della Regione Musumeci: «Ci aiuti a tornare a casa»

«Non sono un “mammone”, chiedo un rientro organizzato al Sud. Non una fuga, ma la possibilità di tornare a casa per risparmiare su affitto, bollette e spesa». A parlare è Francesco La Spina, 23 anni, siciliano, originario di Caltagirone, ma da cinque anni a Torino per studiare alla scuola di economia e management. L’ennesimo fuorisede, l’ennesimo giovane che lascia la sua terra per trasferirsi altrove. Ora Francesco si trova nel suo appartamento, costretto a stare a casa – così come prevedono i decreti per contenere la diffusione del Coronavirus in Italia – senza poter andare all’università e soprattutto senza poter lavorare.


«Caro presidente Musumeci, ci faccia raggiungere le nostre case»

ragazzo fuorisede

Per mantenersi Francesco fa l’assistente arbitrale, in Promozione, per il Comitato degli arbitri del Piemonte e Valle d’Aosta. Da quando è scoppiata la pandemia nel nostro Paese, tutto è stato sospeso per la tutela della salute pubblica. Il giovane siciliano, però, non sa come pagare l’affitto, a dirla tutta quasi non ha più i soldi per fare la spesa. In queste settimane lo sta aiutando il padre che, però, a causa dell’emergenza sanitaria, «non lavora ed è in cassa integrazione all’80% dello stipendio». Insomma, non può andare avanti.


Ed è per questo che ha deciso di fare un appello al presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci affinché, nel rispetto dei decreti del governo e delle ordinanze regionali, trovi una soluzione. «Ci venga incontro – dice, sapendo di non essere l’unico fuorisede in difficoltà – ci dia la possibilità di raggiungere la nostra residenza, qui abbiamo troppe spese, dall’affitto alle bollette, senza sottovalutare il costo della spesa. Noi come fuorisede ci sentiamo abbandonati».

«Siciliani sani contro siciliani possibili infetti»

«Quello che stiamo vivendo ha alimentato odio e ostilità nei confronti di quei siciliani che, come me, sono scappati dalla nostra “Buttanissima Sicilia”. Mai avrei potuto immaginare di vedere, nell’epoca del coronavirus, siciliano sano vs siciliano possibile infetto» ha scritto su una lettera pubblica indirizzata al governatore della Sicilia e firmata «un siciliano qualunque». Inizialmente, ci spiega, aveva sottovalutato l’emergenza, prendendola quasi come «una vacanza post-sessione invernale» al punto da declinare «la proposta della madre di tornare a casa», quando ancora era consentito. Dopo aver trascorso settimane in casa, in quarantena volontaria, per togliersi ogni dubbio e per non mettere i familiari in pericolo, arriva la decisione di tornare al Sud. Ma è troppo tardi: non si può. Non è più possibile spostarsi in altri comuni se non per motivi di salute o lavoro. Insomma, deve restare a casa, senza soldi, con la spesa, l’affitto e le bollette da pagare, senza poter lavorare né andare all’università.

La sua proposta

«Adesso mi chiedo: come si sente lei, presidente, padre putativo di tutti noi siciliani, sapendo che i suoi figli sono in balia di un’emergenza simile? – dice Francesco – Non si potevano allestire dei campi per la quarantena, qualora non si avesse a disposizione una seconda casa dove passare i 15 giorni di isolamento? Poteva essere, ad esempio, una valida alternativa occupare gli spazi esterni dell’ex Cara di Mineo per allestire un campo? Oppure fare convenzioni con hotel o b&b, anche a spese nostre?».

Insomma, una soluzione concreta e rapida, purché sia, dice. Anche perché il numero di persone nella sua stessa situazione è destinato a crescere.

Foto e video di Open

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