Coronavirus, il premier britannico Boris Johnson in ospedale. Ricoverato «per esami»: febbre e tosse non passano

Il primo ministro britannico aveva parlato di immunità di gregge come strategia per affrontare il diffondersi dell’epidemia

Una giornata di insolito sole e caldo si chiude su un Regno Unito in lockdown a causa dell’epidemia di Coronavirus. Stay in, è l’appello, mentre i negozi restano chiusi e contagi e vittime non si fermano. Stay in, Anche se il tempo è bello come non sempre accade da queste parti. «Ci uniamo a tutti i paesi del mondo in uno sforzo comune»: dal Castello di Windsor la Regina Elisabetta II veste di verde speranza e ha dato appuntamento alla Nazione e al Commonwealth per uno storico discorso, il quarto nei suoi 93 anni di vita. «Uniti, vinceremo», dice la sovrana che nei suoi 68 anni di regno ha visto passare 14 premier. Nel frattempo l’ultimo, in ordine cronologico, di quei primi ministri, Boris Johnson, viene ricoverato in ospedale. Proprio perché malato di Covid-19, con sintomi che non accennano ad attenuarsi. Negli ultimi giorni le voci sulla sua salute si erano susseguite, sulla stampa e sui social. C’è chi dice che sia addirittura pronto un piano B.


Il ricovero

Johnson viene portato in ospedale «per esami» nella serata del 5 aprile, 10 giorni dopo essere risultato positivo al coronavirus. A dare la breaking news è, un’ora dopo la fine del discorso di Elisabetta in tv, la Bbc. Il premier britannico non ha superato in questi giorni i sintomi, continuando a manifestare febbre e tosse. «Su consiglio del suo medico, il primo ministro è entrato stasera in ospedale per sottoporsi a degli esami», spiega una portavoce di Downing Street. Si tratta, assicura, di «una misura precauzionale poiché il primo ministro continua ad avere sintomi persistenti da coronavirus 10 giorni dopo essere stato testato positivo». Johnson «ringrazia il personale dell’Nhs (il servizio sanitario nazionale britannico) per l’incredibile duro lavoro che sta svolgendo e sollecita la popolazione a continuare a seguire la raccomandazione del governo di stare in casa, proteggere l’Nhs e salvare vite».


L’escalation

Il primo ministro britannico è apparso in video su Twitter due giorni fa per chiedere ancora una volta ai suoi concittadini di restare in casa e aggiornarli sulle sue condizioni di salute. «Ho rispettato i miei sette giorni di auto-isolamento ma siccome uno dei sintomi, quello della febbre, non è passato, continuerò a stare in isolamento», diceva il premier, lievemente affaticato.

Sempre via Twitter, e sempre con un video, l’inquilino di Downing Street aveva annunciato, il 27 marzo, di essere risultato positivo al Covid-19: sintomi lievi, assicurava, avrebbe lavorato da casa, saldamente alla guida del governo Tory. Negli ultimi giorni è stata messa in isolamento anche la compagna trentenne: è incinta, è positiva al virus ma le sue condizioni non destano preoccupazione e sarebbe sulla via della guarigione.

L’epidemia in Gran Bretagna

Pensare che la battaglia al coronavirus in Gran Bretagna era cominciata con ben altri toni. Se da due settimane il capo del governo di Sua Maestà, 55 anni, non fa altro che ripetere la necessità di un severo lockdown nel paese e appellarsi ai suoi concittadini chiedendo loro di stare in casa, il tono iniziale del suo approccio a quella che sarebbe diventata una pandemia era stato, solo un mese fa, assai diverso. Boris Johnson aveva fatto infatti discutere con la sua strategia: la prima vittima nel Regno Unito si registra il 28 febbraio, ma Johnson minimizza parlando di immunità di gregge, si rifiuta inizialmente di smettere di stringere mani in giro, figuriamoci di chiudere tutto “all’italiana”.

È metà mese quando “comincia” ad arretrare. Il piano d’azione? Inizialmente prevede che tutti gli ultra 70enni vengano messi in quarantena, fino a quattro mesi, anche in assenza di sintomi. Passa un’altra settimana, aumentano contagi e vittime in un sistema sanitario messo a durissima prova. E il primo ministro di Sua Maestà si arrende: che si chiuda tutto, negozi serrati e tutti “indoor”. “All’italiana”. È il 23 marzo. Quattro giorni dopo l’annuncio: positivo al coronavirus sia Johnson che il suo ministro della Salute, Matt Hancock.

In copertina EPA/NEIL HALL | Il primo ministro inglese Boris Johnson fuori dalla sua residenza al 10 di Downing Street a Londra, Inghilterra, 26 marzo 2020.

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