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Coronavirus, che cosa riparte dal 14 aprile: le Regioni del Nord (e Campania) più dure del governo, in Liguria verso la riapertura di alcuni cantieri

13 Aprile 2020 - 09:41 Giulia Marchina
Non tutte le Regioni hanno accettato le riaperture concesse dall'ultimo dpcm del premier Conte. Oggi decidono Piemonte e Veneto

Riaprono librerie, negozi per bambini e altre attività, ma non ovunque e non nello sesso modo. Quel che è stato previsto dall’ultimo Dpcm del presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è scontrato con la frenata dei governatori delle Regioni, ancora una volta in disaccordo sulle decisioni da prendere per contenere i contagi di Coronavirus. L’elenco delle attività pronte a riaprire da domani 14 aprile previsto da palazzo Chigi è corposo, ma di fatto non vale per tutti. Tornano a lavorare gli ottici, le cartolerie, gli alberghi, le lavanderie, così come le industrie tessili, della stampa, del vetro e dell’elettronica, con differenze tra regione e regione su modalità di apertura e tempi.

Il testo del dpcm del 10 aprile

Piemonte

È sempre più concreta la possibilità – il termine scade alla mezzanotte di oggi – che il Piemonte non aderisca alle nuove misure restrittive, prorogando così il lockdown fino al 3 maggio. «L’epidemia in Piemonte è in ritardo di una settimana, dieci giorni rispetto alla Lombardia e al Veneto. Allora è troppo presto per abbassare il livello di attenzione», ha detto il governatore Alberto Cirio a La Stampa. La decisione verrà presa in collaborazione con il Comitato tecnico-scientifico e con l’Unità di crisi e sarà comunicata nelle prossime ore.

Lombardia

Stessa sorte per la Lombardia, che manterrà la linea dura: il governatore Attilio Fontana ha firmato un’ordinanza che confermerebbe le misure di contenimento fino al 3 maggio, e nella sua regione, a differenza di quanto deciso a livello nazionale dal Governo, librerie e cartolerie resteranno chiuse. Così come tutte le altre attività. Gli articoli di cancelleria saranno venduti solo nei supermercati. Dunque nessuna “fase 2”, cosa che Fontana ha giustificato nell’ordinanza, scrivendo che «le misure più restrittive di quelle statali e quindi rigorosamente funzionali alla tutela della salute trovi il suo fondamento negli articoli 32 e 117 della Costituzione».

Sarà consentito, come scritto nell’ordinanza, il commercio al dettaglio di articoli di cartoleria, libri, fiori e piante esclusivamente negli ipermercati e nei supermercati. Sarà invece vietato il commercio al dettaglio effettuato per mezzo di distributori automatici, tranne che per lo smercio di acqua potabile, latte sfuso, generi di monopolio e articoli farmaceutici. Vietata la vendita al dettaglio di articoli elettronici ed elettrodomestici. Sospesi i mercati e le fiere.

Veneto

Le riaperture in Veneto sono sostanzialmente iniziate prima dell’ultimo provvedimento di palazzo Chigi, conseguenza della confusione dovuta al «silenzio assenso» del Governo, secondo il presidente della Regione Luca Zaia . «Il 60% delle aziende è aperto», ha aggiunto Zaia, «lo si vede dal traffico che è aumentato». Non è stato e non sarà il presidente della regione ad autorizzare la riapertura di fabbriche o negozi, una decisione che spetta al Governo o alle prefetture a cui possono rivolgersi le imprese per ottenere una deroga alla chiusura. Lo ha ribadito lo stesso governatore in conferenza stampa ieri: «Non compete alla Regione riaprire le imprese, così come le scuole. E non è uno scaricabarile. Non possiamo permetterci una nuova accelerazione del virus».

Ad ogni modo, la nuova ordinanza veneta di oggi, 13 aprile, accelera la riapertura di alcune attività: via libera ai mercati a cielo aperto, ma con dei limiti. Via libera a picnic per il 25 aprile e il primo maggio «ma solo in proprietà private e con i familiari». Rimarranno però chiusi i supermercati la domenica e i festivi e saranno sempre obbligatorie mascherine e guanti. Rimane anche il divieto di uscire per chi ha una temperatura sopra i 37 gradi. Viene concessa l’attività motoria oltre il raggio dei 200 metri dalla residenza, ma bisognerà stare comunque vicino casa.

Liguria

In Liguria si pensa a un lockdown alleggerito, che non estenda le misure fino al 3 maggio. A dirlo è il presidente di Regione Giovanni Toti che per oggi ha convocato un «vertice con i tecnici e gli assessori competenti per parlare del decreto-ordinanza che colmi alcune lacune del provvedimento governativo». Il governatore ha anche aggiunto: «È imbarazzante che restino bloccati alcuni cantieri come quelli per la fibra ottica», la Liguria consentirà la manutenzione degli stabilimenti balneari e la silvicoltura. «Vorrei prendere alcune aziende pilota che magari sono già pronte in Liguria, d’intesa con i sindacati ed l’Agenzia per la sanità per fare alcune sperimentazioni su come si potrà tornare sul posto di lavoro» mentre l’epidemia di Coronavirus è in corso, ha aggiunto il governatore. «Dobbiamo studiare e preparare le profilassi del domani, se, come e con quali spazi, si può ripartire», ha detto.

Campania

In Campania cartolerie e librerie non riapriranno e resteranno chiuse fino al 3 maggio: la decisione è stata presa dal presidente della Regione Vincenzo De Luca nell’ordinanza del 12 aprile. De Luca ha ricordato che «risultano diffusi sul territorio nuovi e diversi cluster familiari e locali, presumibilmente originati dalla inosservanza delle misure di distanziamento sociale prescritte, che destano notevoli preoccupazioni». Con le nuove misure, sono sospesi tutti i cantieri, eccezion fatta per i lavori di pubblica utilità come quelli nel campo sanitario o che coinvolgano i trasporti. Quanto ai negozi che vendono abbigliamento per bambini e neonati, riaperti dal Dpcm nazionale, De Luca stabilisce che in Campania potranno operare solo due mattine a settimana, il martedì e il venerdì con orario 8,00-14,00. Nella settimana del 1 maggio 2020, l’apertura è consentita nelle mattinate del martedì e del giovedì, sempre dalle 8 alle 14. Tutti gli altri divieti vigenti in Campania fino al 14 aprile vengono prorogati fino al 3 maggio.

La scuola

«Personalmente penso che si possa fare una riflessione per posporre la riapertura delle scuole al prossimo anno». Lo ha affermato il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, intervenuto a Che tempo che fa su Rai2. Ma la decisione, ha precisato, «spetta al governo. Quello che mi preoccupa di più al momento – ha avvertito – è se si abbandonano i comportamenti individuali che ci hanno portato a limitare il numero dei ricoverati e ridurre il numero dei morti. Se chiudere le attività produttive e attuare il distanziamento sociale e la limitazione delle libertà personali è stato doloroso, riaprire senza che il Paese torni nell’emergenza è un’operazione delicata».

Le affermazioni di Locatelli coincidono con una delle due ipotesi messe in campo attraverso il decreto sulla scuola del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, approvato il 6 aprile, in cui, in sostanza, si dice che la scuola potrebbe non riprendere più per quest’anno e ci si darebbe direttamente appuntamento per l’anno scolastico 2020-2021.

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