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Fase 2, il capo della task force Colao: «È un test per ripartire a ondate». Se fallisce, subito micro-zone rosse

Secondo il manager chiamato dal premier Conte per progettare la ripartenza non ci potrà essere un approccio unico per tutte le regioni, nel caso di un ritorno della crescita dei contagi. Serviranno interventi rapidi, ma senza condivisione delle informazioni tra le istituzioni, sarà tutto inutile

Se la Fase 2 entrerà o meno nel vivo dipenderà tutto dalle prime due settimane di maggio, quando quattro milioni e mezzo di italiani saranno tornati a lavoro. Il capo della task force del governo sull’emergenza Coronavirus, Vittorio Colao, parla ad Aldo Cazzullo Corriere della Sera di un «test importante» al quale si prepara il sistema Italia, con la prospettiva che, senza nuove ondate di contagi, si possa procedere a «una riapertura progressiva e completa».

Il pericolo però che tornino a salire i contagi è dietro l’angolo, a quel punto il consiglio del manager è di evitare gli interventi in ordine sparso tra regioni e governo nazionale, come di fatto è successo finora, ma puntare a piccole e definite “zone rosse”: «L’approccio dovrà essere microgeografico: occorre intervenire il più in fretta possibile. Abbiamo indicato al governo un processo. L’importante è che le misure siano tempestive, nella speranza che non siano necessarie». L’obiettivo è evitare il metodo usato sin dall’inizio della Fase 2, che tratta tutte le regioni allo stesso modo, a prescindere dalla gravita della propria situazione: «Nel lungo termine non li si può gestire allo stesso modo – dice Colao – L’importante è che l’Italia si doti di un sistema per condividere e informazioni». Tra le righe, insomma, un appello a uscire dai singoli interessi territoriali.

Le condizioni per ripartire

Tre sono i punti indicati dalla task force al governo perché le riaperture siano possibili: «La prima – spiega Colao – il controllo giornaliero dell’andamento dell’epidemia. La seconda: la tenuta del sistema ospedaliero, non solo le terapie intensive, anche i posti letto Covid. La terza: la disponibilità di mascherine, gel e altri materiali di protezione». E poi c’è la discussa app Immuni, che potrebbe diventare uno strumento importante per informare in modo capillare gli italiani sui rischi di contagio, quindi servire a renderli più liberi: «Potrà servire se arriva in fretta – chiarisce il manager – e se la scarica la grande maggioranza degli italiani. È importante lanciarla entro la fine di maggio, se quest’estate l’avremo tutti o quasi, bene; altrimenti servirà a poco».

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