Coronavirus, la comunità scientifica al lavoro sul sospetto collegamento con la malattia di Kawasaki nei bambini

«Per rassicurare i genitori là fuori: questa è una rara complicazione», spiega Mike Ryan dall’Oms

L’allarme lanciato dai medici in Italia e nel Regno Unito (ma anche in Francia) su un piccolo ma crescente numero di bambini che manifestano sintomi di una rara malattia dei vasi sanguigni, la malattia di Kawasaki – e sul sospetto che possa essere collegato alla pandemia di Coronavirus – arriva sul Wall Street Journal. Si tratta di un’infiammazione acuta dei vasi di piccolo e medio calibro di tutti i distretti dell’organismo la cui causa è attualmente sconosciuta, e colpisce in generale i bambini piccoli più piccoli, con sintomi come mal di stomaco, eruzioni cutanee e febbre alta. Una malattia la cui gravità è limitata – raramente si arriva al pericolo di vita – ma che può portare, se non curata, a problemi di cuore.


«Negli ultimi cinque anni, in media, ho affrontato 4 casi all’anno di bambini con la malattia di Kawasaki, quest’anno siamo già a 16. E sa quanti ne sono arrivati solo da domenica ad oggi? Ben 4. Com’è possibile? Mai così tanti, peraltro tutti “complicati” e tutti con sierologia positiva al Covid-19», si chiedeva pochi giorni fa Lucio Verdoni, reumatologo pediatra dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «Sia chiaro, noi non abbiamo ancora la conferma ufficiale che la malattia sia legata al Coronavirus ma se 1+1 fa 2, faccia lei…».


C’è un collegamento?

I casi noti tra Italia e Regno Unito, ricostruisce ancora il WSJ, sono diverse decine, e non c’è per fortuna nessuna vittima. In Italia, la sindrome è stata registrata in bambini mediamente di poco più grandi rispetto al “target” usuale della malattia. Nella stragrande maggioranza dei casi si è registrata una pronta guarigione, ma alcuni bambini si sono aggravati tanto da richiedere il ricorso alla terapia intensiva. Alcuni sono risultati Covid positivi o comunque mostravano gli anticorpi, segno di un’infezione passata. Ma altri no. Nel nord Italia, che resta una delle aree più colpite al mondo dalla malattia, i medici affermano che il virus è la spiegazione più probabile del numero anomalo di casi. «Questa malattia, Kawasaki, sta comparendo più frequentemente che mai», dice al WSJ Lucio Verdoni. «E il legame più forte è epidemiologico: in un momento in cui stiamo assistendo a un picco nelle infezioni da coronavirus, stiamo anche assistendo a un picco a Kawasaki», conferma.

Il nodo della malattia di Kawasaki è un ulteriore tassello in una fase in cui – a cinque mesi dai primi casi noti e registrati di Covid-19 – la comunità scientifica sta ancora mettendo insieme dati e analisi sulla malattia. Devasta i polmoni, ricostruisce il Wall Street Journal. Ma «può anche ferire il cuore e influenzare il cervello» in modalità che non sono ancora del tutto chiare alla comunità scientifica. E c’è un altro “mistero”, si legge ancora: la malattia di Kawasaki è più comune nelle popolazioni asiatiche che in quelle europee. Quindi l’interrogativo è anche come mai la sindrome, finora, apparentemente non era comparsa.

L’Oms

L’allarme è all’attenzione dell’Organizzazione mondiale della sanità, che nei giorni scorsi ha discusso in videoconferenza della complicazione con gli operatori sanitari clinici che hanno incrociato queste situazioni. L’Oms era a conoscenza solo dell’infiammazione simile alla sindrome di Kawasaki in uno o due paesi, ha affermato. La condizione «sembra essere molto, molto rara», dice dall’Oms Maria Van Kerkhove. «Per rassicurare i genitori là fuori: questa è una rara complicazione», spiega Mike Ryan, direttore esecutivo del programma di emergenza dell’Oms.

I bambini sono meno colpiti da Covid-19

Gli esperti di malattie, ricorda ancora il quotidiano, affermano che i casi di grave malattia causata da Coronavirus nei bambini sono estremamente rari. Adilia Warris, specialista in malattie infettive pediatriche presso l’Università di Exeter, in Inghilterra, afferma che i bambini rappresentano tra l’1% e il 5% dei casi diagnosticati di Covid-19. Quasi tutti mostrano sintomi lievi o nessuno. I registri cinesi suggeriscono che meno dell’1% dei bambini infetti si ammala abbastanza da aver bisogno di cure intensive, si legge ancora sul WSJ. Un “fenomeno” che la comunità scientifica non ha ancora spiegato. Le teorie includono differenze tra le risposte immunitarie dell’infanzia e dell’adulto e la mancanza dei bambini del tipo di condizioni croniche acquisite dagli adulti che possono peggiorare i sintomi, come danni ai polmoni o obesità.

In copertina EPA/Andreu Dalmau | Due bambini camminano per strada a Barcellona, Spagna, 28 aprile 2020.

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