Coronavirus, cosa abbiamo da perdere e quanto potremmo guadagnare usando le mascherine?

Un nuovo studio teorico inglese esplora i potenziali vantaggi di avere una popolazione che continua a indossarle

Le varie frange complottiste si sono impegnate tanto, soprattutto in questo periodo, nell’inventare dibattiti scientifici inesistenti, al solo scopo di far sembrare la propria convinzione una campana tra tante. Quando invece sussistono i veri dibattiti in seno alla Comunità scientifica in tanti ci rimangono male, come dei bimbi che non sopportano vedere mamma e papà litigare.


Sono tanti ancora gli aspetti da chiarire, mentre gli studi vengono pubblicati a tempo di record. Il Covid-19 si trasmette così velocemente anche grazie agli asintomatici? Gli interventi non farmaceutici, come il distanziamento sociale e l’uso di mascherine, servono o no?  


Spiegare come tutto dipenda da modi e tempi, e che in Fase 2 le priorità cambiano, significa proporre un discorso complesso, là dove alcuni privilegiano le soluzioni facili, magari a base di farmaci miracolosi, finendo per cercare inevitabilmente un colpevole: dal business dei vaccini attribuito a Bill Gates; all’Oms che smentirebbe sé stessa, ce n’è per tutti.

Intanto i team di ricerca delle Università inglesi di Cambridge e Greenwich pubblicano un nuovo studio su Proceadings of the Royal society, che suggerisce come l’uso delle mascherine potrebbe rivelarsi decisivo proprio in Fase 2. 

Cosa mostra lo studio inglese

In sostanza i ricercatori riscontrano che le misure di lockdown non basterebbero, se non integrate da interventi non farmaceutici, come l’uso delle mascherine, che si rivelerebbe decisivo. Il meccanismo, semplificando, è molto simile a quello dell’immunità di gregge (o meglio, di comunità). Più ampia è la fascia di popolazione che le indossa – non dimenticando altre misure importanti, come la distanza minima di un metro – maggiore sarà la protezione anche per gli altri.

La ricerca prevede due approcci di modellazione complementare, per testare l’efficacia nell’indossare le mascherine nella popolazione. Ovviamente si basa sul modello SIR (Susceptible infected removed), tenendo conto delle dinamiche tra individui suscettibili, infetti e rimossi. 

Lo studio prende in considerazione necessariamente anche la presenza degli asintomatici, quindi persone che pur non sapendo di essere positivi, evitano di contagiare il prossimo indossando la mascherina.

Così, anche se all’inizio della pandemia i dati su asintomatici e mascherine erano scarsi, oggi abbiamo maggiori evidenze per considerare il rischio costituito da un virus capace di diffondersi attraverso gli asintomatici, e non possiamo affidarci all’arrivo del caldo o alla possibilità che si indebolisca progressivamente. 

Nei modelli analizzati i ricercatori hanno riscontrato che più del 50% della popolazione indossa le mascherine, questo sarebbe sufficiente a continuare a ridurre il valore R0, che sta a indicare quante persone può contagiare mediamente il singolo individuo. Questo consentirebbe un lockdown sempre meno rigido, secondo gli autori, riducendo anche la criticità di eventuali ondate future.

Anche in questo caso, come riporta Reuters, gli esperti non coinvolti direttamente nello studio si dividono. C’è chi ritiene che le mascherine si riveleranno meno efficaci del previsto, altri che guardano con entusiasmo ai risultati, ritenendo le mascherine una misura pienamente efficace. Ma il punto non è capire chi ha fatto la previsione giusta, quanto mettere a disposizione delle Istituzioni un quadro di possibilità che sia il più vasto possibile, bilanciando costi, benefici e rischi, come evidenziato in una recente analisi pubblicata su Science Magazine, che faceva proprio dell’incertezza – e della diversità di approcci – una forza.

Foto di copertina: ANSA | Mahmoud Ghuniem Lutfi, (2S) rider per ‘Just Eat’ , nominato Cavaliere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella per aver donato durante l’emergenza Coronavirus oltre mille mascherine alla Croce Rossa di Torino, 3 giugno 2020.

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