Il coprifuoco serve davvero? Per gli esperti mancano le evidenze scientifiche: «Però ha funzionato il lockdown: può farlo anche una semi-chiusura»

di Riccardo Liberatore

Anche in Italia si fa strada l’idea di introdurre un coprifuoco per limitare i contatti e quindi, eventualmente, i contagi. Ma si tratta di una misura che si appella al buon senso, visto che non può contare sulla scienza

Con i casi di Coronavirus in aumento, l’Europa si avvia verso un nuovo, parziale lockdown, tra chiusure, limiti agli assembramenti e coprifuochi. In Francia sono tornate la autocertificazioni per le uscite dalle 21 mentre nel Regno Unito il governo ha predisposto la chiusura dei bar e dei ristoranti dalle 22 nelle zone a rischio. Con l’ultimo dpcm il governo italiano ha permesso ai bar e ai ristoranti di rimanere aperti fino alla mezzanotte, anche se dalle 21 in poi non potranno far sostare i clienti fuori dal locale. In Campania invece, il governatore De Luca ha annunciato di voler introdurre il coprifuoco a partire dalle 22 la notte di Halloween. Ma il coprifuoco e la chiusura anticipata dei locali, valutata per il prossimo Dpcm del governo italiano, è diventata una misura imprescindibile in alcuni Paesi, anche se non sembra poggiare su solidi base scientifiche.


Il coprifuoco divide la comunità scientifica

Non è difficile immaginare che un focolaio possa nascere in un ambiente chiuso come un ristorante o un bar e la cronaca, anche italiana, ha fornito vari esempi. Basti pensare al focolaio esploso tra i dipendenti e i clienti del Billionaire in Sardegna quest’estate, per citare un caso noto. Ci sono anche esempi di studi scientifici che hanno cercato di identificare quanti focolai in in un determinato periodo sono nati in media nei bar e nei ristoranti. Uno studio fatto in Giappone ad aprile di quest’anno ha concluso che su circa 3.184 casi e 61 cluster, circa il 16% erano riconducibili a bar e ristoranti, e l’11% a eventi misucali, mentre la media sui luoghi di lavoro era del 13% e un caso su tre il era legato a una struttura sanitaria.


Insomma, al di là delle misure di precauzione, distanziamento fisico, mascherine, il rischio esiste. Ciò che è meno chiaro è se chiudere i locali un’ora o due prima davvero possa aiutare ad appiattire la curva dei contagi o se semplicemente porterà ad anticiparli o spostarli in altro luogo. Lo stesso ragionamento vale anche per quanto riguarda il coprifuoco generale, come quello introdotto da Macron in Francia. In entrambi casi la comunità scientifica appare divisa tranne su una cosa: non esistono chiare evidenze scientifiche in merito.

Citiamo qualche esempio. Nel Regno Unito, dove la questione ha interessato molto la comunità scientifica visto le misure introdotte dal governo, il dott. Micheal Head, dell’Università di Southampton, citato dal Guardian dichiara di essere rimasto «sconcertato […] dalle motivazioni date per giustificare lo spostamento nell’orario di chiusura [dei locali ndr] un’ora in avanti». Gli fa compagnia un’esperta di salute pubblica all’Università di Edinburgo, la professoressa Linda Bauld secondo cui non c’è «nessuno nella sanità pubblica che sostiene che il coprifuoco sia una buona idea».

Tra gli scienziati in Gran Bretagna che si sono espressi a favore c’è chi, come Dr. Julian Tang, professore di scienze respiratorie all’Università del Leicester sottolinea l’efficacia delle misure per ridurre la frequenza dei contatti e il numero delle interazioni. Ma è anche vero che proprio come la chiusura anticipata dei locali possono indurre le persone a radunarsi altrove, come è successo a Londra qualche giorno fa, anche un coprifuoco generale può aumentare il via vai di persone nelle ore in cui è permesso circolare. In Francia il Consiglio scientifico è favorevole ai coprifuoco e la sanità pubblica sostiene che possa favorire il tracciamento dei contatti che con l’aumento esponenziale nei casi è diventato impraticabile. Tra le voci critiche c’è chi, come il Dr. Jérôme Marty dell’Unione francese per la medicina libera vede nel coprifuoco il simbolo del fallimento dello stato francese, costretto a «rincorrere il virus».

In mancanza di evidenze scientifiche “il paracadute”?

In Italia l’Istituto superiore di sanità, stando a quanto riferisce l’ufficio stampa, non ha pubblicato uno studio o un parere in merito. Interpellato da Open il virologo Fabrizio Pregliasco conferma che «non esistono delle chiare evidenze scientifiche in merito». «Ovviamente non c’è un manuale – continua Pregliasco – è una scelta motivata semplicemente dal fatto che un numero maggiore di contatti all’interno di spazi chiusi può portare a un aumento dei contagi. Ma si tratta di uno strumento di dissuasione e non è detto che non possa avere l’effetto opposto».

Per Stefano Vella, infettivologo e docente di Salute globale alla Cattolica, in assenza di studi si tratta di una misura di buon senso. «Anche sul paracadute non sono state fatte delle ricerche – ironizza -. L’unica cosa che ha funzionato è il lockdown, e qui siamo in presenza di un semi lockdown che impedirebbe alle persone di assembrarsi la notte». Una misura anti-movida insomma, alla stregua di De Luca? «Diciamo di sì, un coprifuoco generalizzato servirebbe anche a ridurre le cene e feste da amici perché diventerebbe complicato tornare a casa. Per evitare di chiudere tutto bisogna chiudere un po’».

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