Locatelli (Cts) rassicura sulle terapie intensive: «Lontani dai picchi di aprile. Evitiamo il lockdown»

di Redazione

Una delle personalità più autorevoli della gestione sanitaria della pandemia ha invitato a mantenere la calma e non pensare da subito a misure troppo drastiche

La voce di Franco Locatelli è tra quelle che più hanno rassicurato durante i mesi più difficili della pandemia da Coronavirus. Anche ora, nei giorni di picchi record di contagi (e della crescita dei decessi), il presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del Comitato tecnico scientifico ci va cauto con gli allarmismi: questo ottobre, nonostante tutto, è meglio dello scorso aprile. E per questo deve portare a strategie diverse, che non coincidano con un nuovo lockdown.


D’accordo con il premier Giuseppe Conte, Locatelli ha spiegato in un’intervista al Fatto Quotidiano che una nuova chiusura porterebbe a conseguenze economiche e sociali «inaccettabili». Con il ministro Roberto Speranza sono a lavoro per evitare che si arrivi a quella cifra limite, risultato di «combinazioni di numeri tra contagiati rispetto ai tamponi, terapie intensive, ricoveri ordinari e morti». Sindaci e regioni, intanto, fanno bene a valutare misure mirate se necessario (Milano e Napoli sono due città in difficoltà, ad esempio), ma al momento l’Italia è ancora in una situazione «di privilegio» rispetto al resto d’Europa.


A dare fiducia in un epilogo diverso dal lockdown è, spiega, anche il dato sulle terapie intensive (attualmente 1.049, +57). «Sono ancora significativamente inferiori agli oltre 4 mila malati di inizio aprile, siamo al 25% di quel picco», ha sottolineato, ricordando che lo Stato «ha attivato e attiverà» nuovi posti letto e il commissario Domenico Arcuri «ha distribuito» già ventilatori alle Regioni (anche se su questo punto le due parti litigano, ndr). «Quando si arriverà a una soglia del 30% di occupazione dei posti letto a disposizione salirà l’allerta», ha aggiunto. «Adesso siamo al 10-15% e comunque l’attenzione è alta».

Secondo Locatelli, è importante anche fare attenzione al linguaggio che si usa per comunicare le restrizioni. “Coprifuoco”, ad esempio, è una parola che «evoca scenari tristi di limitazione della libertà con la forza». Quel che serve, dice, è promuovere il rispetto delle regole anti contagio attraverso la sensibilizzazione dei giovani, creando un «patto generazionale»: le nuove generazioni leggano la tutela delle più anziane come «un modo di restituire qualcosa, per la fortuna di vivere un’epoca senza conflitti bellici, con sistemi sanitari e solidaristici avanzati».

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Foto di copertina: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI | Il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli