Usa 2020, sulla vittoria di Biden l’ombra del riconteggio dei voti. Cosa può succedere adesso

Il presidente in carica si è rifiutato di accettare il risultato elettorale e, tramite il suo avvocato Rudy Giuliani, ha fatto sapere che intende chiedere il riconteggio dei voti in diversi Stati

C’è un filo spesso esattamente 37.469 voti che collega Joe Biden alla Casa Bianca. Sono il numero di persone che in Pennsylvania, dove attualmente sono state scrutinate il 98% delle schede elettorali, lo hanno preferito a Donald Trump, permettendogli di aggiudicarsi lo Stato e con i suoi 20 grandi elettori anche la Casa Bianca. Si tratta di una percentuale risicatissima – 49.64% del voto contro il 49.09% del presidente uscente -, ma sufficiente per chiamarlo Signor Presidente. Almeno per i media americani che per primi hanno annunciato la sua vittoria e per una parte dei leader mondiali (tra cui l’Unione europea) che l’hanno celebrata. Ma non per Trump e la sua squadra elettorale. Infatti, poco dopo l’annuncio della vittoria di Biden, l’ex sindaco di New York nonché avvocato di Trump, Rudy Giuliani, ha tenuto una conferenza stampa in cui ribadiva la linea di Trump che da giorni grida alla truffa. Giuliani ha detto ufficialmente che il presidente non intende ammettere la sconfitta e che invece si prepara a intentare diverse azioni legali per denunciare «la privazione uniforme del diritto di ispezione».


Al suo fianco sul palco c’erano tre persone che sono pronte a giurare di non aver avuto modo di ispezionare lo spoglio dei voti in Pennsylvania, come invece sarebbe stato loro diritto fare. «Mi sembra che qualcuno del Comitato Nazionale Democratico abbia inviato una nota che diceva di non lasciare che i repubblicani ispezionassero quelle schede per posta», ha dichiarato Giuliani, aggiungendo che la campagna di Trump ha raccolto decine di testimonianze a sostegno della propria tesi. A chi gli ha fatto notare – in diretta – che i media avevano assegnato la vittoria a Biden, l’avvocato che nei giorni dell’11 settembre era diventato un eroe per la città New York – oggi in festa dopo l’annuncio della vittoria di Biden – ha risposto: «sono i tribunali non i media a decidere le elezioni».


EPA/JUSTIN LANE | Rudy Giuliani in conferenza stampa in Philadelphia (Pennsylvania) il 7 novembre

Dalla Pennsylvania alla Georgia: come funziona il riconteggio

Ci sono, ovviamente anche i voti e, lasciando da parte le cause già indette da Giuliani & co., il cui esito per il momento (vedi la Georgia e il Michigan) è stato sfavorevole, è anche vero che ci sono diversi Stati in cui i margini di vittoria di Biden sono sufficientemente piccoli da rendere estremamente probabile se non inevitabile un riconteggio dei voti. È il caso proprio della Pennsylvania. Se il margine di vittoria di Biden dovesse essere inferiore o pari allo 0,5% dei voti, scatterà automaticamente il riconteggio entro il 12 novembre, che dovrà concludersi non oltre il giorno 24 dello stesso mese. Attualmente è in bilico: +0,55% secondo il New York Times. Tra gli Stati chiave ad essere stati aggiudicati negli ultimi giorni, anche in Michigan e in Arizona il riconteggio è automatico quando il margine tra i candidati è inferiore, rispettivamente, a 2 mila voti e all’1% del totale. In Michigan Biden è al sicuro (con il 98% dei voti scrutinati è avanti di oltre 147 mila voti), mentre in Arizona attualmente è avanti di meno dell’1%.

Dunque, sia in Arizona sia in Pennsylvania ci sono buone possibilità di un riconteggio automatico, indipendentemente da quello che dice Trump che, in via teorica, ha il diritto di chiedere un riconteggio in tutti gli Stati ad eccezione dell’Arizona (dove può farlo soltanto entro alcuni parametri citati sopra). In Wisconsin lo ha già fatto, anche se dovrà aspettare la fine dello spoglio per ufficializzarlo. Se i margini dovessero rimanere invariati e il vantaggio di Biden rimanesse inferiore all’1%, il presidente potrà farne richiesta. Lo stesso vale per la Georgia, dove il limite massimo è dello 0,5% (e Biden è avanti dello 0,15%) e in Nevada, dove non c’è un limite entro il quale è permesso chiedere il riconteggio e dove Trump ha tempo fino a tre giorni lavorativi dalla fine dello spoglio per farlo.

La (lunga) strada verso l’inaugurazione

Le prossime ore dunque saranno decisive per definire questi margini e capire in quali Stati il presidente intende chiedere un ricalcolo del voto. Qualsiasi sia l’esito, il risultato delle elezioni andrà confermato prima del 20 gennaio 2021, giorno in cui dovrebbe tenersi l’inaugurazione ufficiale. La strada fino all’inaugurazione è ancora lunga per entrambi i candidati. Dal canto suo, Biden dovrà cominciare a definire una squadra di ministri (molti i nomi che circolano, dall’ex sindaco di South Bend Pete Buttigieg, quotato per diventare il nuovo ambasciatore americano alle Nazioni Unite, al senatore del Vermont Bernie Sanders).

Inoltre, a inizio gennaio proprio in Georgia, uno degli Stati chiave in questa elezione, si deciderà la sorte del Senato, attualmente in bilico tra repubblicani e democratici. L’esito sarà decisivo nella formazione del nuovo esecutivo. Difficile immaginare poi che Trump parteciperà all’inaugurazione o all’incontro previsto con il nuovo presidente, come fece con lui Barack Obama quattro anni fa. Le prossime ore e i prossimi giorni saranno decisivi non soltanto per capire quanto ancora dovremo aspettare per avere l’ufficialità della decisione di oggi ma anche per vedere se, al netto di un risultato confermato, Trump accetterà la sconfitta.

Foto di copertina: elaborazione grafica di Vincenzo Monaco

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