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Coronavirus, i numeri in chiaro. Tizzoni: «Il Veneto non è fuori controllo ma preoccupa perchè non rallenta»

05 Dicembre 2020 - 21:18 Riccardo Liberatore
Secondo il ricercatore della Fondazione Isi nonostante il trend nazionale sia positivo, non dobbiamo scordarci che in alcune Regioni l’epidemia potrebbe ripartire rapidamente

«Già da qualche giorno abbiamo visto che le ospedalizzazioni e ricoveri iniziano a diminuire e questo è un buon segno. I numeri di oggi consolidano il trend delle ultime settimane». Così Michele Tizzoni, ricercatore in epidemiologia computazionale della Fondazione Isi (Istituto per l’Interscambio Scientifico) di Torino commenta i dati di oggi che registrano un calo nel numero dei ricoverati con sintomi (-1.042) e nel numero di nuovi ingressi in terapia intensiva (oggi 192, –9 rispetto a ieri). Il numero dei decessi per Coronavirus è sceso (662 contro i 814 di ieri e i 993 del giorno prima) anche se rimane piuttosto alto.

Possiamo dire lo stesso per i decessi o si tratta di un’oscillazione?

«Sono oscillazioni intorno a quello che probabilmente è un picco. Nelle ultime settimane i contagi sono diminuiti ma bisogna dire che siamo in una situazione in cui c’è ancora un numero elevato di ospedalizzati, abbiamo ancora 30mila ricoverati e quindi dobbiamo essere cauti e possiamo sperare che il numero dei decessi non cresca più».

Oggi Michele Bocci su La Repubblica scriveva che il numero massimo dei decessi dovrebbe arrivare subito prima di Natale. Le risulta?

«Da qui a Natale abbiamo ancora tre settimane in cui è difficile fare previsioni accurate. Al momento quello che mi sento di dire è che mi aspetto che il picco sia superato entro Natale, ma dipende da un numero di variabili che sono difficili da tenere conto. Sostanzialmente abbiamo osservato un picco dei contagi attorno al 15-17 di novembre, se il trend dei contagi continua a diminuire, come stiamo osservando, il picco dei decessi a Natale dovrebbe essere già superato».

Se guardiamo i dati della Francia vediamo che il numero dei contagi è sceso notevolmente rispetto al picco di qualche settimana fa, ma i decessi rimangono alti. Ieri, per esempio, i nuovi positivi erano circa 11mila e i decessi 627.

«La Francia è un Paese che ha avuto un numero di casi al picco molto più alto dell’Italia, anche in rapporto alla popolazione, parliamo di circa 800 casi ogni milione di abitanti, contro i 600 dell’Italia. I decessi francesi comunque stanno scendendo, anche se lentamente rispetto alla discesa dei casi, ma è sempre con il “ritardo” di qualche settimana a cui siamo abituati. Bisognerà ancora aspettare un po’ di tempo per vedere una discesa consistente e per dire che l’ondata è finita».

In Francia circa la metà dei decessi avviene fuori dagli ospedali. Adesso che nel Bollettino della Protezione Civile sono stati inseriti anche i nuovi ingressi quotidiani in terapia intensiva possiamo fare un calcolo simile?

«Per avere un’idea più concreta bisognerà aspettare i dati Istat sulla mortalità. Abbiamo già queste informazioni per la prima ondata, aggiornata al 30 di settembre e lì possiamo avere una stima che ci permette di calcolare l’eccesso di mortalità, che sarà poi associato a questa seconda ondata. Ma dovremo aspettare ancora qualche mese».

I nuovi positivi sono comunque molti: oggi oltre 21mila. Cosa ci dice il rapporto dei positivi sul numero totale di tamponi?

«Si verissimo, i casi non sono pochi, bisogna dirlo, la curva epidemica sta scendendo, ma siamo ancora a livelli di circolazione del virus molto elevati, circola molto ancora ed è diffuso su tutto il territorio nazionale. Vediamo che nell’ultima settimana, la percentuale dei tamponi positivi è stata intorno al 10-11% in diminuzione rispetto a tutte le settimane precedenti. Questo ci dà sicuramente un segnale positivo, ovvero c’è una vera diminuzione del contagio e non diminuisce soltanto perché si fanno meno tamponi. Certo, bisognerebbe portare la percentuale molto al di sotto del 10%, attorno al 3-5%, per poter sperare di tenere sotto controllo l’epidemia di fronte a una ripresa delle attività sociali e lavorative in vista di gennaio».

Ci sono alcune Regioni dove il numero di nuovi casi diminuisce più lentamente e i pazienti guariti e dimessi aumentano meno velocemente di altre. Come il Veneto, per esempio, che oggi ha registrato l’aumento più grande di nuovi casi.

«In questo momento bisogna tenere conto che la curva a livello nazionale scende perché Regioni molto colpite, come la Lombardia, ma anche il Piemonte, Regioni dove si è diffusa molto l’epidemia in questa seconda ondata, sono riuscite a piegare la curva e quindi fanno da traino in questa discesa. Ma la situazione sul territorio nazionale non è del tutto uniforme e ci sono Regioni che destano più attenzione. Il Veneto sicuramente, che assomiglia molto alla Germania – una situazione in cui non c’è una crescita incontrollata dei contagi, ma non c’è neanche una riduzione forte – ma anche il Friuli dove nelle ultime settimane il numero di contagiati è cresciuto più del numero dei guariti. È importante tenere conto di queste differenze perché se anche a livello nazionale possiamo essere contenti, in queste Regioni l’epidemia può ripartire più rapidamente».

Giusto quindi introdurre restrizioni severe a Natale?

«Naturalmente si tratta di un tentativo di bilanciare il desiderio delle persone di incontrarsi e vedersi sotto le feste e la necessità di tenere sotto controllo il virus. Posso solo auspicare che questo approccio funzioni anche in questo caso e che con l’arrivo delle feste si riesca ad evitare una ripartenza dell’epidemia».

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