Il procuratore di Bergamo: «In Italia tanta improvvisazione nella lotta al Covid. Il piano pandemico? Ci sono state irregolarità»

di Maria Pia Mazza

«Al momento della diffusione del SARS-CoV-2 eravamo impreparati», dice Antonio Chiappani. Che sull’inchiesta promette: «Arriveremo fino in fondo. Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari»

Ricostruire, tassello dopo tassello, quello che è successo all’inizio della pandemia di Coronavirus in Val Seriana e capire perché l’Italia non era pronta per fronteggiare l’emergenza. È il lavoro portato avanti dalla procura di Bergamo, guidata da Antonio Chiappani, che sin dal suo insediamento (lo scorso maggio, ndr) sta cercando di far luce su quanto accaduto e accertare le responsabilità ed eventuali negligenze che potrebbero condurre alle accuse di epidemia colposa, di omicidio colposo e di falso. «Al momento della diffusione del SARS-CoV-2 in Italia ci siamo trovati impreparati. Finora abbiamo rilevato che c’è stata tanta improvvisazione», dice il procuratore Chiappani in un’intervista al Corriere della Sera.


«Il piano del 2017 non contemplava quanto accaduto col Covid»

Il primo punto su cui bisogna far luce è quello relativo all’assenza di un piano pandemico nazionale aggiornato, volto a far fronte all’ondata del SARS-CoV-2. L’ultimo piano risaliva al 2017 e riguardava l’influenza, e in molte parti ricalca il piano del 2006. «Ci sono delle irregolarità – sottolinea il procuratore Chiappani – stiamo ancora verificando. Sicuramente il piano del 2017 non contemplava quanto accaduto con il Covid-19. Solo in seguito, dopo la comunicazione dei casi in Cina, l’Iss ha presentato un piano strategico, che ha però deciso di secretare».


«Guerra gode di immunità diplomatica»

Il procuratore capo di Bergamo ha poi chiarito che sono in corso verifiche per accertare se l’assenza di un piano pandemico possa costituire un’omissione di atti d’ufficio. «In caso affermativo – assicura Chiappani – trasmetteremo questa parte dell’inchiesta ai colleghi della Procura» di competenza, dopo aver stabilito «chi doveva predisporlo e perché non è stato fatto». All’epoca l’incarico di direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute era ricoperto dal dottor Ranieri Guerra, successivamente divenuto direttore aggiunto dell’Oms e membro del Comitato tecnico scientifico. Per via del segreto istruttorio, Chiappani non può pronunciarsi in merito alla sua figura, e si limita a sottolineare che il professor Guerra, in qualità di membro dell’Oms, «gode dell’immunità diplomatica».

Le ulteriori responsabilità da accertare

Anche in assenza di un piano specifico anti-Covid, tuttavia, esistono dei protocolli molto serrati per i ricoverati per influenza, che se rispettati avrebbero probabilmente diminuito la trasmissione del SARS-CoV-2 in ambienti medico-ospedalieri. Per questo sono in corso verifiche, in collaborazione con il professor Andrea Crisanti, per accertare se tali misure sono state rispettate, e per comprendere perché nella zona della Val Seriana si sia registrato «il numero più alto di contagiati, malati, morti – conclude il procuratore Chiappani – lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari. Andremo fino in fondo». 

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