Coronavirus, il monitoraggio dell’Iss. Rezza: «Nessun rilassamento. L’incidenza contagi ancora troppo alta»

di Giada Giorgi

Il valore medio dell’indice calcolato sui casi sintomatici è al di sotto dell’1 in 20 Regioni ma la soglia di occupazione dei reparti è ancora oltre il limite

La bozza del monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità sui dati Covid-19 in Italia conferma ancora un indice Rt al di sotto dell’1. Il valore medio calcolato sui casi sintomatici, nel periodo che va dal 18 novembre al 1 dicembre si registra intorno allo 0,82. Un numero al di sotto della soglia dell’1 che il report osserva in 20 Regioni.


Ricoveri in diminuzione ma alto impatto su strutture sanitarie

Buone notizie anche sul fronte dei ricoveri. Il numero di persone in terapia intensiva è in calo, passato da quota 3.663 il primo di dicembre a quota 3.345 l’8 dello stesso mese. Situazione analoga anche per i ricoveri ordinari: l’1 dicembre erano 32.811 contro i 30.081 dell’8 dicembre. Il report registra per 16 Regioni un dato non incoraggiante per la capacità di assistenza delle strutture sanitarie a disposizione. Il sovraccarico delle terapie intensive e dei reparti di area medica è purtroppo ancora una realtà con cui dover fare i conti, anche e soprattutto per la nascita di nuovi focolai.


Incidenza contagi ancora elevata

La bozza dell’Iss non registra invece numeri incoraggianti sul tasso di incidenza dei contagi. Anche in questo caso negli ultimi 14 giorni è stato possibile riscontrare una diminuzione (454,70 casi per 100 mila abitanti al 30 di novembre contro i 590.65 per 100 mila al 23 di novembre) ma i valori rimangono ancora troppo alti. «L’incidenza» spiega l’Iss, «rimane cioè ancora elevata per permettere una gestione sostenibile». Per queste ragioni secondo l’Iss si mostra ancora più urgente riuscire a mantenere il livello dell’indice Rt sotto l’1 su tutto il territorio nazionale, «consentendo una ulteriore diminuzione nel numero di nuovi casi di infezione e, di conseguenza, una riduzione della pressione sui servizi sanitari territoriali ed ospedalieri», così come si legge nella bozza.

Alto rischio in 5 Regioni, da domenica Basilicata in zona gialla

Nella classificazione dei livelli di rischio, sono 5 le Regioni che attualmente vengono considerate in un alto livello di allerta: Emilia-Romagna, Provincia Autonoma di Trento, Puglia, Sardegna e Veneto. 14 invece quelle considerate a “rischio moderato”: Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia – Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Bolzano, Sicilia, Toscana, Umbria e Valle D’Aosta. Basilicata e Molise invece le uniche due Regioni ad essere considerati a basso rischio di trasmissione.

E a questo proposito, proprio dalla Basilicata arriva la notizia del passaggio ufficiale in zona gialla a partire da domenica 13 dicembre. Sulla base dei dati epidemiologici riscontrati negli ultimi giorni, il confronto tra il presidente di Giunta, Vito Bardi, e il ministro Speranza, si è concluso con la decisione di far uscire la Regione dalla zona arancione, classificazione che era avvenuta lo scorso 11 novembre.

«L’allerta non può scendere»

Il professore Giovanni Rezza dell’Iss ha ribadito quanto, nonostante il rischio moderato riconosciuto ormai in gran parte delle Regioni, «l’elevata incidenza e l’attuale forte impatto sui servizi ospedalieri» devono essere ancora monito per mantenere un’altrettanto «elevata attenzione nei comportamenti». Un rilassamento che, alla luce dei dati, lo scienziato definisce «prematuro», anche in vista di un vero e proprio aumento del tasso di incidenza riscontrato in alcuni territori. Non solo. La soglia di occupazione delle aree mediche e delle terapie intensive «rimane comunque superata nei suoi valori limite», motivo per cui secondo Rezza, «la vigilanza anche delle amministrazioni ora si mostra fondamentale per mantenere alto il livello di allerta».

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