Usa 2020, lo schiaffo della Corte suprema non ferma Trump: «Una disgrazia legale»


Chi temeva che la nomina di un altro giudice conservatore, Amy Coney Barrett, alla Corte suprema potesse servire a Donald Trump per rimanere alla Casa Bianca anche in caso di sconfitta adesso ha un nuovo argomento a proprio sfavore. Per la seconda volta in una settimana la Corte Suprema (a maggioranza conservatrice 6-3) ha dato prova di indipendenza e terzietà rispetto al presidente (che ha nominato un terzo degli attuali membri), respingendo una causa – presentata questa volta dallo stato del Texas – che contestava le procedure elettorali in quattro Stati chiave che hanno portato alla vittoria di Joe Biden nelle presidenziali di novembre: la Georgia, il Michigan, la Pennsylvania e il Wisconsin.
Il verdetto è stato praticamente unanime, con due giudici che hanno dissentito su questioni tecniche (che riguardavano il diritto di uno Stato di contestare come uno altro Stato organizza le elezioni). Di cause per contestare il voto delle elezioni la squadra legale del presidente americano ne ha presentate a decine (il totale si attesta attorno a 60), mettendo in discussione già da prima delle elezioni la regolarità del voto postale. Dopo che la vittoria è stata assegnata a Biden, i legali di Trump si sono concentrati principalmente su alcuni stati chiave – come la Georgia, dove il candidato dem ha vinto per circa 12 mila voti – adducendo varie ragioni per dimostrare la presenza di brogli, dall’interferenza di potenze straniere come l’Iran e la Cina al presunto utilizzo di schede illegali.
Per il momento non hanno avuto successo, ma né Trump né Rudy Giuliani – l’ex sindaco di New York ora avvocato del presidente uscente – sembrano intenzionati a cedere. «Il caso non è stato respinto per il suo merito, ma per la competenza, così la risposta è farlo presentare ad una corte distrettuale dal presidente, da qualcuno dei grandi elettori, denunciando gli stessi fatti in una sede competente», ha dichiarato Giuliani intervistato da Newsmax, mentre su Twitter il presidente sbuffa e si dice deluso dall’atteggiamento della Corte suprema. Ma il tempo stringe. Lunedì si riunirà il Collegio elettorale che ha il compito di votare ufficialmente per il presidente: voto che verrà poi certificato il 6 gennaio. A quel punto l’insediamento di Biden il 20 gennaio sarà una mera formalità.
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