Coronavirus, in Veneto tasso di positività record (36%) e contagi in aumento: cosa sta succedendo?

di Fabio Giuffrida

Il Veneto è la prima regione per contagi nelle ultime 24 ore. Com’è possibile? Come si è potuta trasformare da regione modello a territorio a rischio con migliaia di casi al giorno?

Da regione modello, nella lotta al Covid, a prima regione italiana per incremento di casi giornalieri. Cosa sta succedendo in Veneto? Partiamo dai dati. Ieri, 26 dicembre, i nuovi positivi sono stati 2.523 con 33 morti contro i 1.756 in Emilia-Romagna e i 1.606 in Lombardia. Il Veneto, dunque, è stato la prima regione italiana per contagi nelle ultime 24 ore. Gli unici dati positivi riguardano i ricoveri di pazienti Covid nei reparti non critici che calano di 22 unità mentre salgono di 5 i pazienti nelle terapie intensive. Gli attualmente positivi sono 88.842 (+1.457). Il giorno prima, il 25 dicembre, si è registrato un boom di contagi: i positivi erano stati 5.010 con un tasso di positività salito al 36%, vale a dire tre volte il dato nazionale.


Perché aumentano i contagi

Secondo il governatore del Veneto Luca Zaia, l’aumento dei positivi è inevitabile quando aumenta anche il numero dei tamponi rapidi e di quelli molecolari. Ma il numero di decessi, in appena 24 ore, è ancora impressionante. Per la direttrice dell’Istituto zooprofillatico delle Tre Venezie, Antonia Ricci, in Veneto ci sarebbero almeno tre casi di variante inglese e altre due mutazioni probabilmente locali. Questa, dunque, potrebbe essere la causa principale dei contagi e dei decessi crescenti, insieme alla permanenza della regione, per troppo tempo, in zona gialla.


In Veneto – secondo quanto scrive il Corriere della Sera che ha intervistato Antonia Ricci – «c’è un’elevata circolazione del virus. Una prima spiegazione potrebbe essere nel fatto che il Veneto sia stato meno colpito durante la prima ondata. E dunque, oggi sono in circolazione meno persone con gli anticorpi. E poi, appunto, dobbiamo capire se tra le varianti che circolano in Veneto ce ne siano alcune a maggiore contagiosità».

La zona gialla non ha funzionato?

Non è d’accordo l’immunologa Antonella Viola secondo cui «non abbiamo dati per valutare se le varianti sono tanto diffuse da aver inciso sul contagio. A oggi no, non mi convince questa spiegazione – sostiene -. Ciò che, per contro, abbiamo imparato in questi mesi è che le zone arancione e rossa hanno funzionato e la gialla no». In altre parole, le mezze misure si sono rivelate un fallimento.

Per Fabio Ciciliano, esperto di medicina nelle catastrofi, segretario del Cts, l’alta incidenza di casi positivi e l’aumento dei contagi potrebbe essere dovuta all’efficacia della macchina sanitaria veneta: «In parte si spiega con il gran numero di tamponi effettuati, che si abbina a un tracciamento molto efficiente e a un grandissimo ricorso ai test rapidi antigenici e tutto ciò fa sì che i tamponi molecolari in particolare siano mirati su persone con elevate possibilità di risultare positive».

«Questa precisazione tecnica non basta, però, e se risultano così tanti positivi e perché c’è comunque una forte circolazione del virus. E ciò dipende in parte, in maniera paradossale, dalla grande capacità di resilienza del sistema sanitario, che ha permesso al Veneto di restare classificato come zona gialla. In questa maniera il virus ha potuto diffondersi più velocemente rispetto alle regioni arancioni o rosse». La zona gialla, secondo l’esperto, è dunque un’arma a doppio taglio.

Perché il Veneto è rimasto in zona gialla

Sono stati proprio i 21 parametri, quelli che in queste settimane hanno determinato l’ingresso delle regioni nelle fasce colorate, a imporre la permanenza del Veneto in fascia gialla. A influire sono stati senza dubbio i 1.000 posti letto di terapia intensiva attivabili, dunque una sanità pronta a rispondere tempestivamente a eventuali criticità. E proprio su questo punto iniziano a sorgere i primi dubbi anche dall’Iss. Il metodo adottato dal governo, e basato sui 21 parametri, è davvero efficace? Restituisce una fotografia veritiera dell’emergenza sanitaria nelle singole regioni? A fronte di posti letto di terapia intensiva attivabili, ci sono anche medici e infermieri pronti ad occuparsene? O forse c’è ancora carenza di personale sanitario?

Per Domenico Crisarà, segretario Fimmg Veneto, ai 21 parametri bisognerebbe aggiungerne un altro: «La responsabilità dei cittadini che in Veneto è mancata […] In questi giorni penso alle piste da fondo sull’Altopiano di Asiago, nel Vicentino. Uno sport universalmente considerato “da sfigati”, mi si passi il termine. Ebbene, nelle scorse settimane erano piene, strapiene, pare il nuovo sport nazionale dei veneti. E già le cose andavano male», dice al Corriere.

Foto in copertina: ANSA/CLAUDIO MARTINELLI

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