La «strada stretta» del governo dopo la fiducia. Effetto Polverini: la tentazione della stampella al Senato dal centrodestra

Proporzionale e nuove realtà elettorali che si richiamano alla grande famiglia del Ppe. Sullo sfondo l’uscita di Renata Polverini, il ruolo di Renato Brunetta e il richiamo ai centristi

Rimpasto sì, ma come? Nella mattinata decisiva, quella in cui, dopo aver ottenuto la fiducia alla Camera, il premier Giuseppe Conte si gioca il tutto per tutto al Senato, dove i conti però non tornano, continuano a susseguirsi ipotesi su quale strada intraprendere, superato lo scoglio di palazzo Madama. Un rimpasto dopo l’uscita delle due ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti dall’esecutivo e di Italia Viva dalla maggioranza per volere di Matteo Renzi.


Secondo quanto ricostruisce La Stampa oggi, in un retroscena a firma di Ilario Lombardo, il nome su cui si ragionava sabato tra Senato e palazzo Chigi, per ribattezzare il gruppo di responsabili (o volenterosi o costruttori, le definizioni si alternano nelle cronache), oscillava tra Popolari europei e Popolari d’Europa. Un brand per sottolineare l’appartenenza alla famiglia europea del Ppe. Qualcuno parla ancora di Insieme, il nome della fantomatica lista di Conte smentita da palazzo Chigi nella stessa nota con cui ne dava notizia. Il punto è: come allargare la coalizione da domani, una volta incassata (e se) la fiducia in Senato?


Gli scenari

L’Udc, si sa, ha fatto un passo indietro. Ma il lavoro sotterraneo punterebbe e farli rientrare. La senatrice Paola Binetti voterà no alla fiducia, ma ha anche mandato dei segnali di apertura. «Io faccio politica da tanti anni, non basta che vieni qui e mi offri un ministero», avrebbe detto il leader Lorenzo Cesa a Riccardo Fraccaro, inviato addetto alla trattativa. Il ragionamento, ricostruito dal retroscena della Stampa, è questo: ok la tentazione del ministero dell’Agricoltura, lasciato vacante dalla dimessa Bellanova, ma poi Cesa vuole garanzie di eleggibilità per la prossima legislatura. Come? Con una lista popolare (vedi sopra) e con una legge elettorale proporzionale.

Il proporzionale, appunto. È quella la sirena di richiamo per il centrodestra. O meglio, per quella parte di centrodestra per cui in un modo o nell’altro i proporzionale è una grande tentazione. Il segnale è la fuoriuscita di Renata Polverini alla Camera, che vota la fiducia ed esce da FI passando al gruppo Misto. E al Senato – mentre tra i senatori a vita Conte non avrà il voto di Rubbia e Piano – potrebbero votare la fiducia anche Andrea Causin, Anna Carmela Minuto e Barbara Masini. E così si potrebbe arrivare a quota 160 a palazzo Madama.

Il fatto è che – lo ricostruisce Carmelo Lopapa oggi su la Repubblica – il proporzionale “tenta” Silvio Berlusconi perché lo libererebbe dalle catene sovraniste, dalla dipendenza dagli assai più forti – in termini elettorali – Matteo Salvini e Giorgia Meloni e sposterebbe la partita al dopo elezioni. Non già quindi uno spostamento sulla fiducia oggi di Forza Italia. Ma nomi in bilico – si fa anche quello dell’ex ministro Renato Brunetta, per cui secondo il Corriere della Sera «una crisi sarebbe ‘un’insopportabile violenza’» – e riflessioni sul dopo sì. Un richiamo colto da Salvini immediatamente, tanto da fargli commentale su Facebook: «Conte dice che deve rimanere al governo per fare le cose che chiedono gli italiani, a partire da una legge elettorale proporzionale, vabbè, è ufficiale, costui vive su Marte».

In copertina ANSA/RICCARDO ANTIMIANI | Giornalisti e tv davanti a Palazzo Chigi durante il voto di fiducia al Governo Conte, Roma, 18 gennaio 2021.

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