Piano vaccini, la preoccupazione dei medici di base: «Sui pazienti fragili c’è il rischio di una giungla delle priorità» – L’intervista

Cosa comporterà il dover scegliere il livello di gravità tra un malato oncologico e un altro? Come si procederà per definire una malattia respiratoria più rischiosa per l’infezione rispetto ad un’altra? Il presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, il dottor Roberto Rossi, risponde a Open

Il nuovo piano vaccinale di Mario Draghi proverà a dare una svolta alla difficile lotta del Paese contro il Covid-19. Insieme ai dettagli logistici di hub, personale medico e ritmo di somministrazione, il ministero della Salute ha deciso per una nuova classificazione di priorità nelle vaccinazioni. Dopo over 80, docenti e forze dell’ordine, ora si procederà in ordine anagrafico decrescente. Unica eccezione da dover rispettare sarà quella per i soggetti definiti “estremamente vulnerabili”, distinti secondo il nuovo piano dalla categoria dei “vulnerabili”. Questi ultimi invece perderanno la priorità di cui godevano nel piano vaccinale precedente slittando dopo le fasce 79-70 e 69-60. Open ha già fatto chiarezza sulle patologie prese in considerazione sia per gli “estremamente vulnerabili” che per i soli “vulnerabili”.


Nella maggior parte dei casi a determinare la differenza tra le due categorie sarà il livello di gravità. Un criterio piuttosto complesso dettato per ora da generiche linee guida diffuse dal documento di governo e che di volta in volta dovrà essere determinato dalla figura del medico di base, impegnato nell’assistenza dei singoli pazienti. Cosa comporterà il dover scegliere il livello di gravità tra un malato oncologico e un altro? Come si procederà per definire una malattia respiratoria più rischiosa per l’infezione rispetto ad un’altra? Il presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, il dottor Roberto Rossi, riflette sui possibili rischi della nuova classificazione decisa dal governo.


«Partiamo col dire che la scelta di ragionare secondo un criterio di rischio e quindi prendendo come riferimento il tasso di letalità provocato dal virus su determinati profili di pazienti è dal punto di vista clinico una scelta sensata. A questo proposito l’età non può che essere una discriminante, considerate le alte percentuali di ricoveri e mortalità registrate in questi mesi di pandemia proprio per le fasce d’età più avanzate».

Una scelta che trova parere favorevole anche da parte dei medici oncologici, pur trattandosi di una delle patologie più a rischio. Ma se un malato di tumore, o di diabete, o di una patologia respiratoria arrivasse nel suo studio per chiedere di essere vaccinato oggi cosa dovrebbe rispondere?

«In questo momento non sappiamo esattamente come avverrà il procedimento di comunicazione dei criteri che ci permetteranno di decidere quale paziente avrà la priorità in quanto “estremamente vulnerabili” e quale dovrà attendere perché “vulnerabile”. Il documento del governo presenta delle linee guida generiche ma voglio immaginarmi che il prossimo passo da parte del governo centrale sarà quello di accordare con le Ats un database di casi e criteri specifici che possano giustificare le eventuali esclusioni da dover compiere nell’immediato».

Si dice però che ogni decisione dovrà essere affidata anche all’importante discrezione del medico chiamato a valutare il caso specifico. A cosa si sta andando incontro?

«Qui il rischio da scongiurare è quello di una giungla delle priorità. Ci aspettiamo criteri di riferimento più dettagliati possibili per poter valutare e nel caso escludere dalla vaccinazione immediata alcuni dei pazienti che verranno a chiederci di prenotarsi. Se questo non venisse fatto si aprirebbe una lunga fila di questuanti che verrebbero a convincerci della maggiore gravità del proprio stato di salute rispetto a quello di altri pazienti. Uno scenario da dover evitare nel modo più assoluto, soprattutto in un momento di grande confusione normativa come questo. Chiediamo quindi un approccio tecnico e rigoroso: la categoria dei malati fragili o estremamente fragili è composta da persone che soffrono. La follia collettiva delle priorità a cui si rischia di andare incontro provocherebbe un’inutile lotta tra medico e paziente, oltre che al pericolo da parte nostra di scelte avventate o sbagliate».

La classificazione fatta dal governo comprende 16 macro aree di patologie, più le forme gravi di disabilità. Andando nel pratico, se un paziente lombardo malato di Parkinson da 10 anni e in più cardiopatico, che secondo il piano precedente avrebbe avuto priorità in quanto “fragile”, venisse da lei per chiedere di essere vaccinato, ora dovrebbe rassegnarsi ad attendere ancora?

«Purtroppo sì. A meno che il livello invalidante della sua patologia farà rientrare la condizione nella legge 104 art.3 comma 3. Stabilire criteri implica fare una scelta. Dall’altra parte il nodo non secondario da dover sciogliere, considerata la situazione attuale, sarà la disomogeneità delle campagne vaccinali sul territorio. Se abbiamo intenzione di procedere con la lentezza con cui la maggior parte delle regioni sono andate avanti finora, anche le nuove classificazioni di cui stiamo parlando avranno vita difficile. Prima ancora della suddivisione tra “estremamente fragili” e “fragili”, la categoria dei soggetti con una o più patologie era nelle liste d’attesa di molte Regioni senza ancora aver visto vaccino. La Lombardia è una di queste, qui si lotta ancora per far avere la prima dose agli over 80».

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