Scuola, Bianchi tiene il punto sulle bocciature dopo l’anno in Dad. L’educatore: «Farlo certifica le disparità. Si parli dei recuperi»

Nonostante gli aiuti statali in termini di device, alcuni studenti hanno subito più di altri la perdita dell’apprendimento. «Per questo oggi ha più senso parlare di recuperi che di bocciature», dice l’educatore Andrea Morniroli

Il ministro Bianchi ne è certo: quest’anno scolastico non è stato come quello passato. Stavolta la didattica a distanza ci ha colti meno impreparati grazie alla distribuzione di tablet e pc a tutti gli studenti che ne hanno fatto richiesta (o quasi). Ci sono state addirittura delle settimane in autunno in cui le scuole sono state aperte e durante le quali gli alunni e gli insegnanti hanno potuto fare lezioni in presenza. Nessun motivo, quindi, per togliere la bocciatura come accaduto lo scorso anno: anche sotto Covid, essere valutati è «un diritto degli studenti e un dovere degli insegnanti». Eppure, nonostante le premesse, se si considerano le aperture a macchia di leopardo e le chiusure a singhiozzo che hanno costellato l’anno, la situazione non sembra essere stata poi così facile.


«Sono stati entrambi anni tragici per l’educazione. Non si può dire semplicemente che quest’anno è andata bene perché siamo stati più collegati». A parlare a Open è Andrea Morniroli, educatore membro del coordinamento del Forum disuguaglianze e diversità. Morniroli si occupa da trent’anni di povertà educativa e da molti anni lavora per ridurre le disuguaglianze con la sua cooperativa di Napoli, la Dedalus. È anche membro della task force che Bianchi ha creato per stilare un programma di recupero post-Dad. Nella questione delle bocciature, però – assicura il coordinatore del gruppo, Giovanni Biondi – i membri non hanno avuto voce in capitolo, né sono stati coinvolti per discuterne.


«Noi non siamo stati chiamati al ministero per prendere decisioni di questo tipo, ma per dare suggerimenti sul lungo periodo», spiega Biondi. E infatti, assicura Morniroli, le sue opinioni sulla bocciatura sono personali e relative alla sua esperienza quotidiana fuori dal ministero. Proprio a Napoli, dove ha sede la Dedalus, ha potuto fare esperienza di come il Coronavirus abbia creato ulteriori difficoltà: la Campania di Vincenzo De Luca è stata infatti la Regione che più di tutte ha mantenuto chiusi gli istituti in ottica anti-contagio. Da settembre a oggi, gli studenti sono andati a scuola in presenza per appena 42 giorni.

Le disparità

Dal punto di vista delle differenze territoriali, economiche e sociali, secondo Morniroli reinserire le bocciature rischia di «certificare le disparità». «È vero che ci siamo arrivati più preparati. Ma non è che un bambino che l’anno scorso non aveva una stanza tutta per sé per fare la Dad quest’anno ce l’aveva». Inoltre, un conto sono le bocciature alle superiori, un conto quelle alle elementari e alle medie. «Bocciare alle scuole primarie e secondarie di primo grado in una situazione del genere è criminale», sottolinea l’educatore, visti anche gli effetti che ha avuto la Dad sulla psicologia e sulla socialità dei bambini. «Per quanto riguarda le superiori, se non vogliamo fare in modo che siano tutti promossi, allora teniamo conto di quanto è successo senza sottovalutarlo e interveniamo il prima possibile».

Il vero punto della questione: «Il recupero»

Intervenire, ma in che modo? «Invece di discutere se bocciare sì o no, bisognerebbe discutere di come si può dare a tutti la possibilità di recuperare gli apprendimenti mancati», sottolinea Morniroli. Soprattutto perché già lo scorso anno si è perso tempo muovendosi solo con la promozione universale, senza lavorare al contempo a un piano per riempire gli inevitabili buchi didattici. «Ci stiamo trascinando dietro le lacune di questo anno e di quello passato: se non pensiamo a come colmarle non ci metteremo mai in pari».

Per tutti questi motivi parlare di bocciatura potrebbe sembrare poco utile allo scopo educativo, rischiando al contrario di risultare un approccio punitivo che parte dal presupposto che molti ragazzi abbiano approfittato della Dad per non fare nulla. «Forse qualcuno ci avrà pure marciato», dice Morniroli, «ma la maggior parte dei ragazzi la Dad l’ha subita. E la stessa cosa si può dire degli insegnanti: la maggioranza di loro si è impegnata fino all’inverosimile per farla funzionare, mentre alcuni, che già prima facevano una cattiva scuola, hanno semplicemente trasportato la lezione frontale nella Dad. Il tutto con risultati insopportabili per gli alunni».

Riproporre i corsi di recupero in questo stile, dunque, «servirebbe a poco»: per l’educatore bisognerebbe cogliere l’occasione per ripensare gli insegnamenti, abbandonando la didattica frontale e proponendo laboratori anche all’aperto e corsi più partecipativi. Secondo il ministro Bianchi, che ha parlato il 31 marzo al question time della Camera, entro l’estate arriverà un piano «per permettere a tutti, in particolare i più fragili, nelle zone più fragili, di fare esperienza di scuole estive».

Immagine di copertina: ANSA / PAOLO SLAMOIRAGO

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