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«Altro che violenti, noi ristoratori siamo disperati. Salvini? Non crediamo più ai politici» – La lettera

07 Aprile 2021 - 17:01 Fabio Giuffrida
Dopo gli scontri a Roma, Umberto Carriera, ristoratore presente alla manifestazione, prova a spiegare il punto di vista delle categorie che protestano

Open ospita la lettera scritta da Umberto Carriera, giovane ristoratore di Pesaro e promotore di #IoApro, stremato dalla pandemia e presente ieri, 6 aprile, alla manifestazione di Roma in cui sono stati registrati alcuni scontri con le forze dell’ordine.

Caro direttore,

ieri, in piazza a Roma, non c’erano violenti e facinorosi ma migliaia di partite Iva a un passo dal fallimento. Siamo disperati, non abbiamo vergogna, né timore a dirlo. Da oltre un anno non riusciamo più a lavorare a causa delle restrizioni anti-Covid. Siamo gli italiani non garantiti, siamo disposti a tutto pur di sopravvivere. La nostra è una lotta alla sopravvivenza. Prenda me come esempio: Ho 18 mila euro di affitti arretrati, provo a pagare le bollette, pur non guadagnando più niente, e non so più dove sbattere la testa. Intanto i politici vivono su Marte, pensano al bonus vacanze, al bonus monopattino o al cashback. E a noi chi ci pensa? Alla nostra disperazione che rischia di portarci davvero a una guerra civile?

ANSA/LORENZO ATTIANESE | Lorena, 62 anni, titolare di un bar a Bologna, piange in ginocchio davanti al cordone della polizia alla manifestazione dei commercianti

Ieri in piazza c’erano non solo le partita iva, i ristoratori o i proprietari di palestre, c’erano anche le famiglie. Non identificateci con quei 20-30 scalmanati che hanno provocato scontri con le forze dell’ordine da cui prendiamo le distanze. Noi non siamo loro. «Fermatevi, fermatevi, fermatevi», ho detto più volte al megafono durante gli scontri. La cosa che mi ha fatto più male, però, è l’esserci ritrovati improvvisamente con un manganello a un centimetro dai nostri volti, stremati. Noi che chiediamo soltanto di lavorare e di non morire di fame. Chiediamo solo questo. Ma, attenzione, ho il timore che quello di ieri sia un campanello d’allarme che non può essere sottovalutato. La disperazione è tanta.

ANSA/GIUSEPPE LAMI | La protesta dei ristoratori in piazza Montecitorio a Roma

I politici? Beh, gli aiuti non arrivano e quei pochi ristori che abbiamo avuto non ci permettono di sopravvivere. Quando ci ascoltano sembra di parlare con gente che vive su Marte, che non conosce i veri problemi del Paese. Abbiamo chiesto una road map, ci dicano quando possiamo riaprire e come. Vogliamo rispettare i protocolli di sicurezza, saranno poi i cittadini a venire, o meno, da noi. Saranno loro a dirci se si sentono sicuri nei nostri locali. Ma fateci riaprire a pranzo e cena. Non solo a pranzo, vi prego. Siamo la categoria più falcidiata da questa pandemia.

ANSA/GIUSEPPE LAMI | La protesta di ieri, 6 aprile, a Roma

Draghi è riuscito a fare peggio di Conte. Alcune spese non possiamo nemmeno più detrarle. Io ho preso 3.000 euro per coprire le spese di un anno. Che me ne faccio? Intanto ho i conti dei miei locali in rosso. Uno a meno 10 mila, l’altro a meno 3 mila, senza considerare gli affitti che non ho più pagato. Come devo fare? Di certo non me lo diranno i tanti politici che hanno cavalcato la nostra disperazione, penso prima di tutto a Matteo Salvini che prima ci ascoltava, poi è stato messo a tacere da Draghi e Speranza. La gente, adesso, non crede più a nessuna fazione politica. Poi, dopo l’accozzaglia di partiti del governo Draghi, è ancora peggio. Parole, parole, parole. La cosa che non potrò dimenticare è stato il racconto di una donna, un’imprenditrice che gestiva un agriturismo. Al piano terra ha il ristorante, in quello superiore la casa in cui vive con marito e figli. Ora le hanno staccato l’acqua. Non ho parole. Siamo davvero alla disperazione.

Foto in copertina di repertorio: ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

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