Il politico che boicotta la Nazionale e i ‘buu’ dagli spalti: l’inginocchiamento divide anche gli inglesi

Il deputato conservatore Anderson ha annunciato che non guarderà la finale con l’Italia (ma seguirà il risultato sul cellulare). Nel Regno Unito in molti hanno contestato il “taking the knee” contro il razzismo. Ma i giocatori sono uniti. E anche il ct Southgate è con loro

Il deputato conservatore Lee Anderson sarà coerente. Anche se l’Inghilterra è in finale di Euro 2020 contro l’Italia continuerà a boicottare i Tre Leoni perché si inginocchiano e non guarderà la partita. Anche se, ha aggiunto, controllerà il risultato dal suo telefono e farà il tifo per la squadra. Anderson ha spiegato in un video pubblicato su Facebook di aver ricevuto insulti e minacce dopo aver annunciato il suo boicottaggio parlando di “taking the knee business” e dell’associazione con il Black Lives Matter. E poi ha aggiunto il proverbiale “I hope it comes home” che oggi lega tutti i fans inglesi nel tifo per la Nazionale.


Quando ha annunciato il suo boicottaggio all’inizio di giugno Anderson è stato preso in giro da molti nel Regno Unito. Lat but not least, anche dal capo dell’opposizione laburista Keir Starmer, che durante il Question Time di mercoledì scorso ha detto che tutti avrebbero guardato la semifinale contro la Danimarca e subito dopo ha aggiunto: «Tutti tranne Anderson, naturalmente». La decisione di inginocchiarsi da parte dei giocatori è stata sostenuta a più ripresa dal coach Gareth Southgate («Non è vero che alcuni di noi non sono d’accordo con il gesto. Ci sosteniamo tutti a vicenda»). Ma anche criticata da molti politici conservatori. Con in prima fila l’artefice della Brexit, ovvero Nigel Farage: «Inginocchiarsi a Black Lives Matter non ha nulla a che fare con l’uguaglianza di opportunità o la giustizia razziale. Significa piuttosto solidarizzare con una organizzazione marxista che vuole eliminare le forze politiche, vuole distruggere il capitalismo occidentale, cancellare il nostro modo di vivere e sostituirlo con un nuovo ordine comunista».


Non solo. L’inginocchiamento prima del fischio d’inizio, che è diventato un gesto abituale contro il razzismo in Premier League dopo l’uccisione di George Floyd, è stato accolto da fischi dei tifosi inglesi in occasione delle amichevoli contro Austria e Romania. E gli ululati di Middlesbrough sono finiti su tutti i giornali inglesi, tanto da rendere necessario un appello da parte di Kick It Out, l’organizzazione inglese per l’uguaglianza e l’inclusione nel calcio, e dalla Football Supporters’ Association: «Gareth Southgate e i suoi hanno dichiarato che mettersi in ginocchio è un simbolo della battaglia che continua contro la diseguaglianza razziale. Urlare contro i giocatori significa urlare contro ciò che quel gesto rappresenta. Kick It Out e la FSA chiedono ai tifosi di mostrare a loro e alla squadra che tutti li supportiamo». Alla fine per i ‘buu’ è arrivata anche la condanna di Boris Johnson, anche se i retroscena dei giornali inglesi raccontano che il premier ha timidamente ceduto soltanto dopo aver ricevuto una serie di non meglio precisate pressioni perché prendesse una posizione più netta. Di certo i giocatori più rappresentativi dell’Inghilterra hanno le idee chiare: Raheem Sterling si è meritato una copertina del New York Times per aver difeso la causa dell’inclusione, come Marcus Rashford, mentre Harry Kane ha indossato una fascia arcobaleno da capitano per esprimere il suo sostegno alla causa Lgbtq+.

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