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Coronavirus, l’aumento dei casi in Islanda non dimostra l’inefficacia dei vaccini. Ecco perché

07 Agosto 2021 - 16:42 Juanne Pili
Coronavirus. Perché l'aumento dei casi in Islanda non dimostra l'inefficacia dei vaccini
Coronavirus. Perché l'aumento dei casi in Islanda non dimostra l'inefficacia dei vaccini
Non si può sostenere che un vaccino sia inefficace solo dal numero dei casi positivi: bisogna almeno tenere conto delle ospedalizzazioni e se si tratta di persone vaccinate oppure no

Dopo i casi registrati in Israele associati alla variante Delta e ritenuti la “prova” dell’inutilità” dei vaccini contro il nuovo Coronavirus, l’attenzione si è focalizzata sulla situazione pandemica in Islanda. In sintesi, per entrambi i Paesi nulla dimostra che i vaccini non siano generalmente protettivi, nemmeno contro le varianti Covid di preoccupazione (VOC).

Per chi ha fretta:

  • Il numero dei casi di Covid-19 non rappresenta il numero delle ospedalizzazioni.
  • L’incremento dei casi associato alla variante Delta in Islanda come in altri Paesi non dimostra che i vaccini sono inefficaci, perché questi puntano a proteggere dalle ospedalizzazioni.
  • In tutto il mondo emerge l’alta probabilità da parte di chi non è completamente vaccinato di contrarre forme gravi di Covid-19, con conseguente ospedalizzazione.

Analisi

Circolano diversi tweet in cui si parla del ritorno delle restrizioni in Islanda, dopo che a luglio l’82% dei nuovi casi sarebbe risultato completamente vaccinato. C’è chi addirittura sostiene che proprio le campagne vaccinali siano responsabili di questi incrementi.

Con l’aumentare della popolazione vaccinata è statisticamente prevedibile, e del tutto normale, che tra i nuovi casi (non certo paragonabili a quelli pre-vaccini) ci siano anche i vaccinati. Come vedremo, in questo genere di narrazioni si nota proprio la confusione tra «casi» in generale e «ospedalizzati» in particolare. È cosa ormai altrettanto nota che i vaccini anti-Covid devono proteggere sostanzialmente dalle forme gravi della Covid-19, riducendo notevolmente la probabilità di venire ospedalizzati. Fin dall’inizio non è mai stata esclusa la possibilità di ammalarsi, ma con decorsi non gravi.

I vaccini non proteggono al 100% ed è pacifico che vi possano essere anche rari casi di ospedalizzati completamente vaccinati, specialmente tra i soggetti più deboli. In un report britannico da noi analizzato ad aprile, veniva presentato un modello (non una analisi basata su casi reali), con proiezioni su futuri incrementi nei ricoveri, che avrebbero riguardato in buona parte pazienti vaccinati. Lo stesso documento era stato frainteso dai no vax un mese dopo, avviando le prime versioni della narrazione sulla presunta inutilità dei vaccini. 

Tali proiezioni si basavano sulle conseguenze di un totale allentamento delle misure di contenimento a seguito della vaccinazione di massa. Lo riportiamo per completezza, ma ricordiamo che il tweet sui dati islandesi parla di casi, non di ospedalizzazioni. Oggi esiste un’ulteriore variabile: quella costituita da varianti che possono aumentare la capacità di SARS-CoV-2 di diffondersi, come la Delta. Non di meno, i vaccini risultano comunque protettivi contro i casi gravi, anche di fronte alle VOC.

L’effetto paradosso

Non memore di questo – o del tutto ignaro di quanto gli scienziati sapessero già da prima che emergesse la variante Delta – Gianluigi Paragone, ex M5s e attualmente membro del gruppo misto, ha recentemente pubblicato un’immagine decontestualizzata dei casi tra vaccinati in Itali. In realtà i dati confermano quanto già si sapeva e sono in linea col normale funzionamento delle campagne vaccinali:

Nell’immagine viene citata una fonte, ossia il quotidiano La Repubblica dove in un articolo del 3 agosto 2021 leggiamo gli stessi dati: 4.845 i positivi ai test effettuati nelle ultime 24 ore, 27 i decessi in un giorno, 258 pazienti ricoverati in terapia intensiva in Italia (9 in più rispetto al giorno precedente), e 3.615 guariti rispetto al giorno precedente […] Pur risultando corretto che oltre il 50% della popolazione italiana abbia completato il ciclo vaccinale, nell’immagine risultano assenti le seguenti variabili: i casi gravi relativi ai vaccinati o non vaccinati e una variante Delta estremamente più contagiosa.

Un individuo completamente vaccinato può essere infetto, come abbiamo spiegato più volte a Open Fact-checking (quiqui e qui), ma l’obiettivo principale dei vaccini anti Covid19 è quello di impedire le forme gravi della malattia. Di fronte a una variante Delta, che risulta essere più contagiosa di altre, può facilmente risultare che una persona completamente vaccinata risulti positiva al virus proprio a causa della sua elevata circolazione. […] 

L’Istituto Superiore di Sanità ricorda, inoltre, il problema relativo all’effetto paradosso: «Occorre tenere in considerazione che, nel momento in cui le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura, si verifica il cosiddetto effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, per via della progressiva diminuzione nei volumi di questi ultimi».

La situazione islandese

È perfettamente normale che in una situazione in cui il casco è obbligatorio, i casi di incidenti gravi in moto riguarderanno prevalentemente persone che indossano il casco. Non di meno, è pacifico che grazie al casco il numero di incidenti con decorso grave in moto siano sostanzialmente diminuiti. Esempi analoghi possono essere il computer di bordo negli aerei di linea (oggi tutti quelli che precipitano hanno un sistema computerizzato di guida all’avanguardia) o i freni, che se usati a sproposito possono concorrere a causare gravi incidenti automobilistici, eccetera.

Fatta questa premessa, possiamo leggere i dati raccolti in Islanda col giusto contesto. Il 24 luglio nel Paese vennero registrati 87 casi. Di questi, 71 erano completamente vaccinati (fonte: Reuters). Da circa un mese l’Islanda aveva rimosso le principali misure di contenimento. Abbiamo già visto cosa può succedere in situazioni analoghe, come quella del Cile o dell’India, quando si abbassa la guardia, ritenendo erroneamente che i vaccini possano essere sufficienti, quando sappiamo che non garantiscono la limitazione del contagio. Ma il problema non sono certo i casi, quanto le ospedalizzazioni.

La confusione tra casi e ospedalizzazioni

Prendiamo come esempio i dati negli ospedali delle principali città italiane; se spostiamo il focus dai casi e guardiamo alle ospedalizzazioni, ci accorgiamo della situazione reale. I ricoverati con forme gravi di Covid-19 non sono completamente vaccinati. Il 20 luglio al Niguarda si è registrato un lieve incremento negli ultimi giorni:

«Sono soprattutto cinquantenni no-vax — racconta Andrea Bellone, responsabile del Pronto soccorso —. C’è qualche paziente che ha ricevuto una o più raramente due dosi di vaccino. Ma hanno sintomi lievi e vengono mandati a casa dopo la visita».

Lo stesso possiamo vederlo negli Stati Uniti e in Islanda:

«Le prove mostrano che i vaccini utilizzati in Islanda proteggono circa il 60% di quelli completamente vaccinati contro qualsiasi tipo di infezione causata dalla variante delta del virus e oltre il 90% contro malattie gravi – ha affermato a Reuters il ministro della Sanità islandese Ásthildur Knútsdóttir – Attualmente ci sono 1072 persone in isolamento a causa del COVID-19 in Islanda, dieci delle quali sono ricoverate in ospedale. Circa il 97 percento delle persone infette ha sintomi lievi o assenti».

Chi sostiene l’inefficacia dei vaccini dovrebbe dimostrarlo facendo vedere che le ospedalizzazioni riguardano prevalentemente i vaccinati, ma al momento questi dati non risultano.

Esiste anche un altro problema, che potrebbe portare a una sovrastima dei casi. Una delle ipotesi in campo è che i vaccinati tendano più facilmente a farsi sottoporre a tampone ai primi sintomi, rispetto a chi nega la necessità di proteggersi, derubricando lievi sintomi a una normale influenza. Similmente questo potrebbe essere un problema anche quando si vogliono verificare presunti eventi avversi dei vaccini, come nei rari casi di miocardite associati a Pfizer. Anche in questo caso è più facile che vengano segnalati i casi associati al vaccino (visto che le ampie campagne vaccinali coinvolgono ampie fette della popolazione) piuttosto che quelli dei non vaccinati.

Conclusioni

Il dato islandese, così come riportato in maniera superficiale, non conduce ad alcuna conclusione che confermi l’inefficacia dei vaccini anti Covid-19. Le forme gravi e le conseguenti ospedalizzazioni non sono il principale pericolo di chi si vaccina, quanto di chi rifiuta o non può ancora sottoporsi alla vaccinazione. Non è escluso che possano esserci ospedalizzati anche tra chi si vaccina, ma al momento sono casi rari, del tutto previsti, perché i vaccini non proteggono nel 100% dei casi.

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