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Concerti, rave e feste illegali: l’allarme per i focolai Covid-19 nei luoghi del turismo

18 Agosto 2021 - 08:17 Maria Pia Mazza
Non solo Salmo. Le regole anti-contagio saltano anche nelle discoteche, durante i concerti e nei rave e raduni. Gli amministratori locali chiedono l'intervento dell'esercito e temono che questi eventi possano alimentare la diffusione del virus

Doveva essere l’estate della ripartenza per il settore della musica, della cultura e dello spettacolo, seppur con i limiti imposti dai protocolli anti-Covid elaborati dal governo, dal Cts e dalle Regioni. E sebbene la maggior parte dei concerti estivi si sia svolto nel rispetto di tali regole, con distanziamento, uso delle mascherine e, in ultimo, l’obbligo di uso di Green pass per poter accedere ai live, soprattutto negli ultimi giorni sono emersi casi che hanno scompigliato il tutto. Il caso più eclatante è stato quello del concerto improvvisato dal rapper Salmo a Olbia, dove sono venute meno tutte le norme anti-Covid, con centinaia di persone sotto il palco non distanziate e senza mascherine, e su cui la procura di Tempio Pausania ha aperto un’inchiesta. Ma Salmo, malgrado le polemiche, ha ribadito che il concerto è stato contro le «regolette patetiche imposte, perché ai concerti bisogna rispettare le regole, poi fuori dal recinto fai il ca**o che ti pare». E nei giorni successivi si son susseguiti casi simili: basti pensare ai giovani accalcati sotto il palco del Peter Pan di Misiano Adriatico per il concerto del trapper Shiva, così come le persone che, prese dall’entusiasmo del momento, hanno abbandonato i loro posti a sedere distanziati durante il concerto di Manu Chao a Cerveteri e si sono accalcate, anche loro, sotto il palco senza mantenere il distanziamento e senza mascherine.

I timori per i cluster ai rave

E se i concerti riescono comunque a svolgersi perlopiù in sicurezza, salvo alcuni casi come quelli sopracitati, ben diverso è il discorso dei rave e delle feste illegali che per tutta l’estate si son susseguite nel Paese. Solo per citarne alcuni: a fine giugno l’evento non autorizzato nel Lodigiano, a luglio il rave con oltre 6.000 persone nel Pisano, i primi d’agosto il raduno con oltre 1.000 persone nel Bolognese e, in ultimo, il rave party, tuttora in corso, nel Viterbese, con oltre 5.000 persone che festeggiano ininterrottamente da ormai quattro giorni al confine tra Toscana e Lazio, nel comune di Valentano. Raduni spontanei, organizzati mediante il tam tam sui social e sui gruppi di Telegram e Whatsapp, che attirano giovani da tutta Italia e da diversi Paesi europei e che fanno paura agli amministratori locali, che non riescono a tenere a pieno sotto controllo la situazione, e temono che questi eventi possano trasformarsi in cluster e alimentare la diffusione del virus e delle sue varianti non solo tra i partecipanti, ma anche tra la popolazione che vive nei territori dove si svolgono questi eventi. Gli amministratori locali richiedono l’aiuto dello Stato e, in alcuni casi, l’intervento dell’esercito per spegnere questi possibili focolai di Coronavirus. Richieste inviate ma che, al momento, non hanno ricevuto alcuna risposta da Roma. 

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