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Pfizer ed Ema non sono allineati sulle vaccinazioni Covid agli under 12? Non è così

04 Dicembre 2021 - 10:31 Juanne Pili e David Puente
La campagna No vax contro la vaccinazione degli under 12 si presenta senza tenere conto delle recenti novità

Circola un video, caricato sulla pagina Facebook Politically incurrect e prelevato dal canale YouTube di Barbara Balanzoni (citata qui, qui e qui), dove l’autrice legge un articolo dell’Ansa per sostenere che Ema e Pfizer si starebbero contraddicendo in merito alla concessione del vaccino Comirnaty contro il nuovo Coronavirus dell’azienda Usa ai bambini nella fascia d’età tra i 5 e 11 anni. Leggendo il foglio illustrativo del vaccino Pfizer, presente nel sito dell’Aifa, l’autrice del filmato nota che non è raccomandato sotto i 12 anni. Inoltre, la stessa Agenzia europea avrebbe ammesso che il suo «elisir» (così lo definisce l’autrice del video) causerebbe la miocardite. Si tratta di un episodio dove vengono mescolate notizie vere, ma datate e prive dell’attuale contesto.

Per chi ha fretta:

  • Non c’è una contraddizione tra Pfizer e l’ente regolatore, semplicemente la ricerca va avanti.
  • Nel video viene mostrato un foglietto illustrativo relativo alle vaccinazioni agli over 12, non dimeno è stato pubblicato un recente studio proprio sugli under 12.
  • Per principio di precauzione nei trial clinici si studiano prima gli adulti, solo dopo quando arrivano ulteriori conferme di sicurezza ed efficacia, si può passare gradualmente ai più giovani.

Analisi

Chiariamo subito una cosa. Sostenere che le Agenzie del farmaco hanno associato la miocardite ai vaccini a mRNA è quasi come dire che volare causa incidenti aerei. Come spiegato in un precedente articolo, Comirnaty e Spikevax di Moderna sono stati sottoposti all’esame del Prac. Il Comitato di farmacovigilanza dell’Ema, riconosce un «potenziale collegamento», a seguito di rari casi; quello tra voli e aerei che precipitano è certo, per quanto raro.

«Il Comitato ha concluso che i casi si sono verificati principalmente entro 14 giorni dopo la vaccinazione – spiega l’Ema – più spesso dopo la seconda dose e negli uomini adulti più giovani. In cinque casi verificatisi nel SEE, le persone sono morte. Erano o di età avanzata o avevano malattie concomitanti. I dati disponibili suggeriscono che il decorso della miocardite e della pericardite dopo la vaccinazione è simile al decorso tipico di queste condizioni, generalmente migliorando con il riposo o il trattamento».

«L’EMA conferma che i benefici di tutti i vaccini COVID-19 autorizzati continuano a superare i loro rischi – conclude il comunicato – dato il rischio di malattia COVID-19 e complicanze correlate e poiché le prove scientifiche dimostrano che riducono i decessi e i ricoveri ospedalieri dovuti a COVID-19».

Pensiamo ai bambini

Esaminiamo ora la «contraddizione» tra il foglio illustrativo del vaccino Pfizer e quelle attuali, relative alla vaccinazione dei bambini tra i 5 e 11 anni. Riguardo alle precedenti raccomandazioni sui bambini, queste si spiegano col fatto che i primi trial erano prioritari per gli adulti, specialmente se a maggiore rischio di contrarre forme gravi.

Nel mentre la Ricerca è andata avanti. Da prima l’età limite è passata da 15 a 12 anni. Più recentemente studio di Pfizer, pubblicato il 9 novembre 2021, riconosce nei bambini tra i 5 e 11 anni un’efficacia del 90,7% in tutta sicurezza. Suggeriamo anche la lettura di un articolo dei colleghi di Facta sull’argomento.

L’Agenzia si rifà a una decisione del Comitato Tecnico Scientifico (Cts) del 1° dicembre 2021. Per principio di precauzione i bambini non riceveranno una dose intera, bensì un terzo del dosaggio previsto sopra i 12 anni:

«La Commissione Tecnico Scientifica di Aifa (Cts), nella riunione del 1° dicembre 2021, ha approvato l’estensione di indicazione di utilizzo del vaccino Comirnaty (Pfizer) per la fascia di età 5-11 anni, con una dose ridotta (un terzo del dosaggio autorizzato per adulti e adolescenti) e con formulazione specifica».  

Tra prima e seconda dose passeranno tre settimane. Inoltre, verranno seguite procedure specifiche:

«Al fine di evitare possibili errori di somministrazione la CTS raccomanda, per la fascia di età in oggetto, l’uso esclusivo della formulazione pediatrica ad hoc suggerendo quando possibile l’adozione di percorsi vaccinali adeguati all’età». 

Il Cts motiva anche le ragioni, in luce al rapporto favorevole tra rischi e benefici:

«Sebbene l’infezione da SARS-CoV-2 sia sicuramente più benigna nei bambini, in alcuni casi essa può essere associata a conseguenze gravi, come il rischio di sviluppare la sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-c), che può richiedere anche il ricovero in terapia intensiva […] La vaccinazione comporta benefici quali la possibilità di frequentare la scuola e condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed educativi che sono particolarmente importanti per lo sviluppo psichico e della personalità in questa fascia di età».

Cos’è la MIS-C

La MIS-C (Multisystem inflammatory syndrome in children) è una rara patologia associata alla Covid-19, che colpisce bambini e adolescenti. Nel maggio 2020 lo Stato di New York contava 100 casi, mentre cominciavano ad apparire anche in altri 14 Stati americani. Nello stesso periodo The Lancet pubblicava un articolo su diversi casi sospetti nella provincia di Bergamo. La misteriosa patologia è arrivata anche in Francia. A gennaio si è parlato anche dei primi casi italiani: 16 bambini ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli. Insomma, è molto più probabile esporre un bambino a gravi rischi per la salute senza vaccino.

Fase clinica e distribuzione

Le circostanze in cui le Agenzie del farmaco prendono decisioni sono diverse da quelle in cui operano le Case farmaceutiche. Un conto è quel che si verifica in fase sperimentale, attenendosi esclusivamente a quel che ha potuto verificare. Un altro è quel che emerge a livello epidemiologico quando il vaccino approvato viene distribuito a milioni di persone nel Mondo.

Per esempio, nel maggio scorso aveva fatto discutere il disaccordo tra Aifa e Pfizer sull’estensione dei tempi tra prima e seconda dose. La Casa farmaceutica raccomandava di non andare oltre i 21 giorni, queste infatti erano le condizioni esaminate durante il trial di terza fase. Così la direttrice medica di Pfizer Italia, Valeria Marino, dichiarò ufficialmente che «il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni». Pfizer parlava infatti di «raccomandazioni dovute a principi di salute pubblica». O meglio, seguivano il principio di precauzione.

Marco Cavaleri di Ema aveva affermato invece in conferenza stampa, che «la somministrazione della seconda dose di Pfizer Biontech era prevista fino a 42 giorni. Queste informazioni sono nel bugiardino del vaccino. Quindi non è una deviazione rispetto alla raccomandazione». 

Leggiamo il bugiardino di Comirnaty: negli studi di fase 2/3, su 44 mila volontari, il 3% prese la seconda dose tra 24 e 42 giorni. Un report dell’OMS basato sui dati raccolti fino al 22 dicembre 2020 suggeriva un lasso di tempo tra 19-45 giorni.

Aveva ragione il Cts

Il Comitato Tecnico Scientifico (Cts), motivò il via libera a 42 giorni soppesando le priorità del momento:

«La somministrazione della seconda dose entro i 42 giorni dalla prima non inficia l’efficacia della risposta immunitaria – si precisa nel documento – Il parere potrà in futuro essere supportato da ulteriore approfondimento epidemiologico su: letalità per fascia d’età, infetti per fascia l’età (dati correnti delle nuove infezioni), stima degli infetti modellizzata anche rispetto ai dati dello studio di prevalenza».

In Paesi come Israele – dove ci si è attenuti a tempi più stretti tra prima e seconda dose – la variante Delta ha creato più problemi. Questo era un esempio per capire, che un conto sono le indicazioni emerse dai trial, ai quali le case farmaceutiche devono attenersi; un altro sono le decisioni prese dalle Agenzie del farmaco alla luce delle informazioni raccolte durante la distribuzione di un vaccino.

Aggiornamento ore 11:12

In data 3 novembre 2021, Barbara Balanzoni pubblica un nuovo video commentando il comunicato Aifa sull’approvazione del vaccino Pfizer nella fascia di età dai 5 agli 11 anni con «un terzo del dosaggio utilizzato per adulti e adolescenti». L’autrice del video sostiene che «la letteratura dica che non è il caso» e che non ci sarebbero «dati disponibili», nonostante ci sia uno studio peer review a riguardo (citato anche in questo nostro articolo). L’Aifa, in questo caso, sta seguendo le indicazioni fornite dalla Pfizer, la quale riporta la dose indicata per gli under 12: un terzo rispetto a quella degli adulti e adolescenti.

Conclusioni

Parliamo di contesto mancante. Manca cioè tutta la complessità riguardante le diverse decisioni prese nel tempo dai diversi attori che sono chiamati ad agire durante una pandemia, così come i recenti studi sulle vaccinazioni. Le Case farmaceutiche hanno informazioni relative ai trial clinici, logicamente prima della distribuzione di massa del vaccino. Le Agenzie del farmaco vigilano sulle milioni di persone che vengono inoculate. Prendono quindi decisioni man mano diverse, allentando i limiti, o penendone di nuovi (vedasi le disposizioni per Vaxevria di AstraZeneca), in forza delle nuove informazioni raccolte. Così è normale cogliere contraddizioni, vere o presunte, tra disposizioni pubblicate in tempi differenti e con priorità in evoluzione.

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