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No a Renzi e al M5s, sì a Sala e Di Maio: così Letta vuole portare il Partito Democratico alle elezioni (con Calenda)

enrico letta alleanze pd
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Il segretario vuole un'alleanza larga ma senza grillini e Italia Viva. E ha chiesto ai suoi «gli occhi della tigre»

Niente alleanza con il Movimento 5 Stelle perché dopo la caduta di Draghi sarebbe sbagliato. Ma nessun accordo nemmeno con Matteo Renzi, perché toglie più voti di quelli che ne porta. Sì invece a un accordo con la nuova creatura politica di Giuseppe Sala (che però deve ancora vedere ufficialmente la luce). E, se lo vorrà, con Luigi Di Maio e il suo Insieme per il Futuro. Questa è l’idea di Enrico Letta per le alleanze del Partito Democratico alle elezioni fissate ieri per il 25 settembre. Sarà una campagna elettorale d’agosto, un inedito nella storia repubblicana. Ma il segretario del Pd non vuole schiacciarsi su un’alleanza con il Centro. Il campo deve restare «largo». E senza M5s sarà almeno più omogeneo e credibile. Apertura anche a Carlo Calenda. Che però potrebbe decidere di portare Azione da sola alle elezioni.

Un campo largo un po’ più stretto

La chiusura a Renzi porterà qualcuno a storcere la bocca nel partito, fa sapere oggi un retroscena di Repubblica a firma di Stefano Cappellini. Che spiega come la decisione sui grillini sia obbligata: non ci si può presentare come forza responsabile andando a braccetto con chi si è dimostrato irresponsabile. E inaffidabile, visto che fino all’ultimo Letta ha provato a mediare per il governo Draghi con Conte. Senza successo. Letta però non vuole nemmeno disperdere voti a sinistra schiacciandosi al centro. E questo perché nel paese c’è un clima tale che in pochi capirebbero una scelta del genere. Anche perché attualmente Renzi fa perdere più voti di quanti ne porti. La presenza di Renzi è una ragione sufficiente per cambiare voto: a dirlo sono anche i sondaggisti.

Su Calenda il discorso è un altro. Letta sarebbe pronto a imbarcarlo, in teoria. Nella pratica dipenderà dall’ex ministro. Che potrebbe insistere su una corsa solitaria. Anche se una rottura sarebbe dolorosa. Perché i sondaggi gli attribuiscono una quota di voti che potrebbe essere decisiva nei collegi uninominali del Rosatellum. In campagna elettorale dovrebbe anche fare il suo esordio la forza ecologista e liberale di Sala. Che potrebbe alla fine presentarsi con Di Maio. Con loro l’alleanza è possibile. Il cartello elettorale è quindi presto fatto: a sinistra Liberi e Uguali con i Verdi, a destra Azione e +Europa. Al centro il Pd. Un campo largo un po’ più stretto ma comunque funzionale, è il ragionamento di Letta.

Il problema M5s

I dubbi dei centristi sull’addio del Pd ai 5 stelle si basano sui numeri. E infatti, anche nel partito di Letta c’è chi invoca la massima cautela, facendo notare le difficoltà, senza il Movimento, di essere competitivi in gran parte dei collegi uninominali al sud. Il tema della campagna elettorale sarà: il Pd «dalla parte giusta della storia» contro chi ha fatto cadere il governo «con una decisione sciagurata per il Paese». Il segretario dem ha chiesto ai suoi «gli occhi della tigre» – una citazione dai film di Rocky – per comunicare «la volontà di vincere le elezioni». Martedì riunirà di nuovo i gruppi parlamentari, per discutere lo schema. Mentre Renzi chiederà a chi vuole sostenere l’area Draghi di dare un segnale: «Se non lo fanno, noi abbiamo già pronti i 200 candidati sui 200 seggi. Anche il simbolo è pronto».

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