La storia segreta del missile in Polonia: la furia di Biden contro Zelensky e l’attesa dell’inverno per i negoziati

L’escalation evitata sul razzo della contraerea ucraina. Le critiche a Kiev. E il cessate-il-fuoco auspicato nelle prossime settimane

La storia segreta del missile che ha colpito la sede di un’azienda a Przewodów in Polonia comincia alle 12 di martedì 15 novembre. Mentre i missili russi bombardano l’Ucraina i giornali locali cominciano a raccontare dell’esplosione alla fattoria e della morte di due lavoratori. Le radio polacche collegano la notizia al bombardamento. E una fonte anonima dell’intelligence americana dice all’agenzia di stampa Associated press che il missile potrebbe essere russo. È così che è scattata l’allerta che poteva portare a un’escalation e all’intervento della Nato. Perché con un attacco a un membro dell’Alleanza Atlantica scatterebbe l’articolo 5 del Trattato. E le prime dichiarazioni del presidente Duda – che ha convocato il Consiglio di Sicurezza Nazionale – e di Volodymyr Zelensky andavano proprio in quella direzione.


L’intervento degli Usa

È stato Joe Biden a raffreddare gli animi. Mentre le risultanze delle prime indagini puntavano sul Sistema S-300, di fabbricazione russa ma in dotazione anche agli ucraini, il presidente degli Stati Uniti da Bali dichiarava pubblicamente che era «improbabile» che il missile fosse partito dalla Russia. Subito dopo altri tre funzionari naturalmente anonimi facevano sapere all’Ap che il missile proveniva dalla contraerea ucraina. Poi proprio Duda ha parlato di «spiacevole incidente». E Mosca si è complimentata con gli Usa per la «reazione misurata» avuta, «a differenza di altri paesi». Il segretario della Nato Jens Stoltenberg ha comunque ricordato che la responsabilità rimane russa (perché Mosca sta bombardando l’Ucraina). Mentre Zelensky ha continuato a negare che il razzo fosse di Kiev. Anche se nel frattempo la Lituania ha alzato il livello di allerta dell’Aeronautica.


Biden e Zelensky

Ma la storia segreta racconta anche altro. Un retroscena di Repubblica dipinge il presidente americano Biden come «furioso» proprio con l’alleato Zelensky. Perché ha subito denunciato il «terrorismo missilistico» della Russia. Anche quando il Pentagono invitava alla prudenza perché le circostanze dell’attacco non erano chiare. Per questo quando scatta l’indagine sul missile agli ucraini viene negato l’accesso a Przewodòw. Intanto il capo di Stato Maggiore Usa Mark Milley prova a chiamare Viktor Gerasimov, al comando delle operazioni in Ucraina. Non ci riesce. Anche secondo il Corriere della Sera a Washington non è piaciuta l’uscita di Zelensky sulla Nato pronta a intervenire. L’indicazione agli alleati è sempre la stessa: bisogna contenere l’escalation, non provocarla. Ed è necessario puntare su una svolta negoziale. Possibilmente con l’aiuto del generale Inverno. Con l’arrivo della stagione fredda infatti i combattimenti tenderanno a diminuire. Un «cessate-il-fuoco» fisiologico, come viene definito. E quindi si potrebbe aprire una finestra per una soluzione politica del conflitto. Mentre La Stampa racconta che gli Usa e anche i leader Ue non gradiscono che gli ucraini conducano operazioni militari senza avvertire gli alleati. E che non condividano alcune informazioni di intelligence. Così come la rigidità nel rifiutare il negoziato è ritenuta controproducente all’apertura di scenari di pace. Per questo Zelensky ha parlato di “dieci punti” per la pace al G20. Ovvero per dimostrare agli alleati che un’apertura da questo punto di vista è possibile.

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