Coronavirus, Tajani smonta le proteste della Cina sull’obbligo dei tamponi: «Nulla di offensivo»

Il ministro degli Esteri ricorda «quando si andava a Pechino e ti chiudevano in albergo, mentre fare un tampone è un provvedimento normale»

Il titolare della Farnesina interviene sugli attriti diplomatici tra Pechino e i Paesi europei che hanno introdotto l’obbligo di test ai passeggeri di voli provenienti dalla Cina. L’alta incidenza di contagi da Coronavirus in Estremo Oriente ha portato ad aumentare i controlli, anche con lo scopo di sequenziare eventuali varianti non ancora diffuse nel nostro continente. «Mi sembrano misure normalissime. Lo fanno tanti cinesi ma anche tanti italiani provenienti dalla Cina. È a tutela della salute fare un tampone, non ha nulla di offensivo. È un provvedimento normale per evitare che si diffonda il Covid», sottolinea Antonio Tajani. Parlando ai microfoni di Oggi è un altro giorno, su Rai 1, il ministro degli Esteri spiega che «non c’è nessun intendimento offensivo né limitativo della libertà – nel sottoporre a tampone i viaggiatori che partono dalla Cina. E aggiunge -. Noi italiani siamo stati all’avanguardia. Siamo stati il primo Paese e poi altri hanno seguito».


L’esponente del governo Meloni rimarca come sia un dovere della classe politica quello di «difendere la salute dei cittadini italiani ed europei» per evitare che ci sia una nuova pandemia. Poi dichiara: «Bisogna capire se la prima diffusione è nata oppure no in laboratorio». Tajani ricorda anche «quando si andava in Cina ti chiudevano in albergo», stupendosi della reazione delle autorità di Pechino che non hanno ben visto le misure adottate, durante la scorsa settimana, in Europa. Sempre nel corso della trasmissione televisiva, il ministro degli Esteri commenta le notizie che arrivano da Teheran: «Abbiamo chiesto all’Iran di interrompere le esecuzioni e aprire un dialogo con i manifestanti perché quello che sta accadendo per noi è inaccettabile. La pena di morte è una linea rossa che noi non possiamo tollerare, però possiamo per esempio dialogare sul nucleare».


Infine, spazio anche per la questione ucraina. Il ministro degli Esteri ribadisce che «l’obiettivo finale di tutti è arrivare alla pace, perché nessuno vuole vedere questa carneficina, troppi morti da una parte e dall’altra, ma bisogna arrivare a una pace che sia giusta, quindi bisogna permettere all’Ucraina di difendere la propria indipendenza territoriale per poi sedersi al tavolo con la federazione russa». Rimarcando che il parlamento italiano ha prorogato l’invio di armi fino al 31 dicembre 2023, Tajani annuncia che si sta lavorando sull’invio di «sistemi di difesa aerea chiesti da Zelensky». E conclude: «L’Italia è in prima linea nella ricostruzione dell’Ucraina. Sono state già consegnate a Kiev 50 tonnellate di materiale elettrico per sistemare la rete elettrica», danneggiata dagli attacchi russi.

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